COMMERCIO ELETTRONICO E GIUSTIZIA ALTERNATIVA

COMMERCIO ELETTRONICO E GIUSTIZIA ALTERNATIVA

Nel riflettere sulle utilità dei modelli di risoluzione delle liti interamente telematizzati, sembra di poterne escludere l’equivalenza funzionale rispetto alla giustizia statale o arbitrale. Per altro verso, le ODR aprono alla possibilità di creare la suggestione di un mercato sicuro e fugare la strisciante sfiducia nell’adeguata gestione dei rapporti sorti online nella loro eventuale fase patologica.

Le Arbitration Rules for the Olympic Games subordinano l’ammissione degli atleti ai Giochi Olimpici all’adesione a una clausola arbitrale che rimette tutte le controversie occorse nell’occasione alla Court of Arbitration for Sport, una Corte (para)arbitrale istituita ad hoc.

Il collegio giudicante è chiamato a pronunciarsi sulla questione nel termine estremamente ristretto (e prorogabile soltanto in via d’eccezione) di ventiquattro ore dalla presentazione del reclamo. La procedura è così spedita da rendere impensabile mantenere adeguato il livello degli standard del giusto processo necessari per la ricostruzione della verità. Sommaria è qualunque eventuale audizione delle parti coinvolte. Difficile è acquisire ed esaminare il materiale probatorio.

Ciò nonostante la scelta di giustizia si rivela ragionevole alla luce della peculiare natura del contenzioso e, soprattutto, del tipo di interesse da proteggere. Se l’organo di giudizio fosse tenuto al rispetto di tempi adeguati a istruire un processo massimamente garantista, la durata si dilaterebbe e la decisione sulla riammissione dell’atleta giungerebbe a giochi conclusi.

Per natura, anche le procedure di giustizia telematica a tutela dell’utente della Rete (c.dd. ODR), sia pure diversamente declinate, scontano lo stesso sacrificio delle istanze del giusto processo.

Sono fisiologicamente parametrate sulle esigenze di un consumatore frettoloso, in media più ‘povero’ di quello del mercato reale e comunque intimorito dalle lungaggini e dai costi della giustizia ordinaria.

A economicità e rapidità delle procedure risolutive alternative, del resto, assegna priorità anche il legislatore domestico (in linea con quello europeo) con l’ultima novella del Codice del consumo.

Il pregiudizio per la mancata consegna o il difetto di qualità di beni acquistati online si traduce, di solito, in perdite di lieve entità. Il mercato virtuale presenta barriere economiche all’accesso relativamente basse e di facile superamento e consente la partecipazione anche a categorie di operatori che non potrebbero permettersi di accedere al mercato reale. Segue il proliferare di negoziazioni dal ridotto valore economico.

Nella fase patologica di rapporti di questo tipo, a una semplice valutazione costi-benefici, finisce sempre per rivelarsi più conveniente sopportare il danno che tentare di rimuoverlo per le vie lunghe e tortuose. I costi eccessivi del processo ordinario, le note lungaggini processuali, i dubbi sul buon esito del reclamo scoraggiano dall’intentare azione risarcitoria.

Per la composizione del contenzioso bagatellare degli acquisti economici di libri, DVD, software, musica, abiti, su eBay o Amazon, possono spiegare utilità procedure meramente sommarie. La correttezza della procedura, la ricerca della verità e il ristoro integrale dei danni possono cedere, in qualche misura, a fronte dell’esigenza di minimizzare costi e tempi di risoluzione. Non perché è preferibile evitare di utilizzare il «cannone» dei parametri dei diritti umani e dei principi dell’ordine pubblico per eliminare la «mosca» di dispute di contenuto valore economico. Ma perché si tratta di problematiche che, senza alternative alla giustizia ordinaria, resterebbero comunque insolute.

Quando il pregiudizio da ristorare ha carattere esclusivamente economico ed è di lieve entità, insomma, le ODR, conciliative, aggiudicatorie o automatizzate che siano, conservano margini di ragionevolezza. E funzionano.

Per converso, costringere la risoluzione di questioni più delicate (quando l’entità del pregiudizio è significativa e il danno ha natura non patrimoniale) in tempi troppo ristretti comporterebbe un sacrificio eccessivo rispetto alle istanze di garanzia del giusto processo.

Se è vero che una giustizia troppo lenta non può definirsi giustizia, vale chiedersi fino a quale
punto lo sia una troppo veloce.

In questa direzione, convince ancor meno l’idea di sperimentare meccanismi telematici per la risoluzione extragiudiziale di controversie non originate da rapporti di tipo commerciale (liti familiari, danni ambientali, etc.).

Il punto è che l’impossibilità di riprodurre nel virtuale esattamente le dinamiche del mondo fisico – al quale si sta tentando di sopperire mediante l’inquietante implementazione di tecniche di computer affecting –, fa dubitare dell’appiattimento normativo e dell’equiparazione delle discipline di ADR e ODR. Se non altro perché cambia la funzione.

Le ODR non mirano a replicare le (presunte) utilità delle ADR già sperimentate offline. Nonostante la comune esigenza di reagire al fallimento della giustizia ordinaria, le ODR non si propongono di alimentare la comunque vana speranza di correggerne le imperfezioni defatigando il carico giudiziario. Chi accede ai meccanismi risolutivi online di solito è chi al giudice non si rivolgerebbe comunque.

L’intento è piuttosto quello di procurare la suggestione di un mercato sicuro, nel quale la tutela dei diritti è promessa che può essere mantenuta, e fugare la strisciante sfiducia nella possibilità di gestire adeguatamente i rapporti nella loro eventuale fase patologica. Non nella prospettiva della miglior tutela dei consumatori, ma a tutto vantaggio ma dello sviluppo dell’e-commerce e della crescita di varietà e dimensione dei settori economici.
Di A.F.



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