«ABBIAMO DECISO DI ANDARE SULLA LUNA» – 06.02.22

«ABBIAMO DECISO DI ANDARE SULLA LUNA» – 06.02.22

Si avverte ancora l’amarezza per lo spettacolo al quale si è assistito in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica.
Si continua a puntare sull’autorevolezza di singole figure. Si continua a puntare sui nomi e non sui programmi. E si dimentica che il successo è nella coesione e nel gioco di squadra.

Nel lontano settembre del 1962, il Presidente John Kennedy annunciò, in un noto discorso presso la Rice University, che il governo statunitense avrebbe affrontato una sfida nuova, la più ambiziosa di ogni tempo, nell’importanza della quale credeva fermamente: «abbiamo deciso di andare sulla luna». Il Programma Apollo costò 28 milioni di dollari, circa 283 milioni d’oggi. Coinvolgeva 400 mila persone. Un’impresa apparentemente impossibile, ma certamente affascinante. Alla base, la prospettiva dei vantaggi che la buona riuscita avrebbe portato sul piano della crescita tecnologica, scientifica e imprenditoriale per l’intero Paese.

L’Uomo vive di scoperte.

È l’ambizione, la tensione verso ciò che appare irrealizzabile che porta al trionfo del vero progresso.
La strada giusta non è mai quella più corta. Il treno giusto non è mai quello più comodo.
La svolta oggi può essere solo nell’abbandono delle logiche di stretta emergenza, per la riorganizzazione stabile del sistema sociale. Secondo strategie di prevenzione.
È essenziale recuperare la visione. E tornare a investire nell’impossibile per la vera Rivoluzione delle cose.
Nelle previsioni iniziali, il progetto di conquista della luna avrebbe dovuto coprire un arco temporale di dieci anni. Ma, oltre ogni migliore auspicio, l’atterraggio avvenne dopo sette dall’annuncio di Kennedy. Alle 22.17 del 20 luglio 1969 gli Stati uniti piantarono la loro bandiera sul suolo lunare.
Da quel momento cambiarono gli equilibri mondiali. Si diede realmente impulso all’innovazione.
Non un approdo, dunque, ma un punto di partenza.

La modernità ha perso il coraggio. Si pensi a quello che hanno vissuto i cittadini italiani negli ultimi due anni. Resta incisa, indelebile, nella memoria l’immagine dei carri militari in partenza da Bergamo, simbolo di una tragedia condivisa. Abbiamo cantato dai balconi, cercando ristoro nella spensieratezza comune. Abbiamo vissuto in maniera nuova le mura domestiche. E poi abbiamo perso le emozioni, e la voglia di guardarci negli occhi.
Questa è una poesia ormai da tutti declamata, poco originale. Eppure così piena di verità.

Non è tutto passato.

L’aver spento l’interruttore dei contatti sociali e della coesione è una scelta che si pagherà negli anni a venire.
Tante cose sono cambiate negli ultimi anni. Quello che è rimasto immutato è l’approccio ai problemi. Immutate le logiche di potere. Le recenti elezioni del Capo dello Stato ne hanno dato la misura; un gioco senza vincitori nel quale invece tutti hanno voluto mostrarsi sul carro del trionfo, perché l’obiettivo è soltanto quello di seminare in vista delle prossime elezioni. Tutto questo mentre le famiglie italiane faticano a far fronte alle spese quotidiane e il costo dell’energia sale vertiginosamente. Tutto questo mentre diventano irrimediabilmente precari gli equilibri sociali per scarsa inclusione lavorativa, insufficienza salariale e inadeguatezza degli strumenti di sussidio.
Le preoccupazioni per la reazione popolare crescono. La corda è tesa, e alto è il rischio che si spezzi.

Questa delicatissima fase storica deve essere vissuta con maggiore sensibilità. Movimenti come Meritocrazia Italia possono dare un contributo significativo nella diffusione della cultura della responsabilità e dell’umiltà. Soltanto grazie a un’osservazione disincantata e alla riconquista della fiducia nel futuro è possibile ritornare a indignarsi nel modo giusto, nel modo costruttivo di chi sa che la rotta può essere invertita.
Se non si punta al vero cambiamento, attraverso il gioco di squadra e la valorizzazione delle competenze, ogni riflessione sull’organizzazione statale, sulla varietà dei partiti, sarà inutile.
L’acqua è preziosa per la vita dell’Uomo, ma, se non è potabile, è come non averla.



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