Il segreto è non mollare mai

Il segreto è non mollare mai

In questi giorni, per puro caso, mi sono imbattuto in un progetto sociale molto interessante.
‘Scarp de’ tenis’ è un giornale che si propone di dare voce agli invisibili, a persone che vivono situazioni di grave disagio di vita, per motivi diversi. Senza dimora, immigrati, persone con un carico forte di emarginazione ed esclusione sociale. Ne racconta i problemi e le storie, per illustrare anche i fenomeni di impoverimento e marginalizzazione che li vedono, loro malgrado, protagonisti.
Di bello, però, c’è che il giornale non si limita a osservare e riferire, ma provvede anche a trovare un’occupazione a chi ne ha bisogno, per accompagnare nella riconquista dell’autostima e di un’effettiva dignità da cittadini.
Mi è parso un bel principio di riscatto sociale. O quantomeno un buon tentativo.
Sfogliandone le pagine, ho trovato un passaggio molto toccante sul concetto di povertà: «Povero è una parola triste, che ha perso dignità nel tempo. Povero non è più il contrario di ricco ma l’opposto di vincente. Chi è povero ha perso e quindi sta fuori dal gioco, nessuna o pochissime possibilità di rifarsi, sempre meno. L’ascensore sociale si è bloccato da anni e ormai funziona solo in discesa, dai piani bassi ai sotterranei».
Una verità, che sa, però, molto di pessimismo, perché porta con sé una specie di ineluttabilità del destino avverso.
E mi ha ricordato il modo in cui, nel 1848, facendo un salto indietro nel tempo, Marx ed Engels, nel celebre Manifesto del Partito comunista, spiegavano il divario sociale tra borghesi e proletari. Nella società capitalistica, dicevano, i proletari, pur avendone talvolta la possibilità formale, non si potrebbero mai emancipare veramente, proprio per le loro condizioni economiche e materiali e per l’organizzazione del loro tempo di vita. È vero che tanto i borghesi quanto i proletari possono iscriversi a scuola e che, almeno sulla carta, hanno gli stessi diritti, ma il proletariato ha la necessità di mantenersi, di procurarsi di che vivere. Quindi, è costretto a lavorare invece di studiare e crescere nelle competenze e nelle capacità, e dunque anche nella posizione lavorativa e sociale.
Un ragionamento logicamente ineccepibile, ma smentito, nei fatti, da storie di rivalsa tanto numerose da non poter essere soltanto eccezioni a una regola diversa.
Ci sono sacrifici silenziosi, come studiare di notte dopo una giornata di lavoro, o rinunciare a tutto pur di garantirsi un’istruzione, che consentono di sottrarsi a un destino che sembra già scritto di fatica nei campi o in fabbrica.
Ci sono tante storie di personaggi noti, partiti dal nulla e diventati celebrità osannate a livello mondiale, che hanno saputo ribaltare la propria condizione economica con l’impegno e la costanza. Non ho bisogno di raccontare delle origini di Cristiano Ronaldo o i tanti campioni provenienti dalle favelas brasiliane o da condizioni di grave indigenza, J.K. Rowling, Steve Jobs. Soltanto per ripescare dal mucchio.
Ma ci sono anche infinte storie di chi non appare sulle copertine ma incarna la forza e il coraggio di chi vuole, semplicemente, un futuro migliore. E conquista la propria libertà centimetro per centimetro, investendo in energie, tempo, speranze, inerpicandosi in salita verso la vetta delle proprie ambizioni. Spesso saltando gli ostacoli della sfiducia collettiva, e di quanti credono, e vogliono convincere gli altri, che nulla può cambiare e che tanto il mondo è di chi riesce a imboccare scorciatoie o ha già la strada spianata da privilegi di famiglia o conoscenze.
Il segreto è ‘non mollare mai’, come si diceva nel film di qualche anno fa ‘Alla ricerca della felicità’. La storia vera di un aspirante broker in cerca di una sistemazione fissa e di una nuova dignità personale che, alla fine ce la fa, ma dimostrando che il segreto per il successo è sempre il duro lavoro, anche se in condizioni disagiate. Che, partendo dalle difficoltà più estreme, la forza di volontà può emergere e fare la differenza in un mondo molto competitivo.
Insomma, i sogni costano. Per alcuni costano più che per altri. Ma tutti abbiamo la moneta per realizzarli, o quantomeno per entrare in partita.
Questo per dire che nulla è segnato mai. Perché tutto è possibile per chi ci crede ed è pronto al sacrificio.
Reagire al pessimismo, che è sempre deleterio e che spesso si fa alibi per l’ignavia nella quale ci è comodo rifugiarci, non vuol dire, però, chiudere gli occhi alla realtà. Che, è vero, è fatta anche di ingiustizie, immeritati privilegi e soprattutto di iniqua distribuzione delle opportunità di realizzare le proprie aspirazioni.
Negli ultimi anni l’Italia è cambiata profondamente. Forse il processo ha subito un’accelerata con l’emergenza pandemica, ma nei fatti era già avviato. Ed è molto peggiorata la situazione di chi vive ai margini. È un fatto che, rispetto al passato, i senzatetto oggi sono più giovani, più istruiti, potenzialmente più capaci di contribuire alla società, e nonostante ciò restano tagliati fuori.
Anzi, oggi si può essere poveri pur avendo un lavoro.
C’è una povertà che cresce esponenzialmente intorno a noi ma non ce ne accorgiamo, perché affligge persone che mai avevamo associato all’indigenza, non abituate a chiedere aiuto e per questo ancora più smarrite.
La povertà è una bomba sociale che deve essere disinnescata.
Servirebbe una diversa presa di coscienza da parte delle Istituzioni, centrali e locali.
È compito dello Stato mettere tutti nella migliore condizione possibile per partecipare alla partita e mettere a frutto le proprie potenzialità, per realizzare i propri sogni, trovare il posto giusto (che è sempre quello desiderato) in società, e quindi stare bene. L’impegno dello Stato non può essere soltanto quello di provvedere all’essenziale.
È vero che il modello di welfare state ha dei limiti perché funziona bene in momenti di chiara crescita economica e s’inceppa di fronte alla crisi fiscale dello Stato, però quello a cui mi sembra di assistere oggi è quella che Rodotà definiva una decostituzionalizzazione con ricostituzionalizzazione in termini economici. Cioè, se, di fronte alla difficoltà economica, è più difficile garantire i diritti sociali, allora, siccome la copertina è sempre troppo corta, si sceglie di tirarla un po’ lasciando scoperti (ridimensionando o riducendo) i diritti sociali. I diritti sociali diventano diritti di serie B e si consente all’economico di prevalere. E questa è una logica lontana dalla legalità costituzionale, perché ribalta quel rapporto gerarchico tra persona e mercato che è imposto dalla nostra Carta costituzionale in rivoluzione dell’impostazione produttivistica e mercatocentrica dell’epoca precedente.
Tutte le libertà inviolabili necessitano di organizzazioni e strutture garantite dallo Stato, per non restare sulla carta, vuoti proclami.
Serve intervenire sull’effettività dei diritti sociali, «che mirano a rendere meno grande la diseguaglianza tra chi ha e chi non ha, a mettere un numero di individui sempre maggiori ni condizione di essere meno diseguali rispetto a individui più fortunati per nascita e per condizione sociale» [N. Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Roma, 1994].
Categorie sempre più ampie di persone incontrano difficoltà a reperire servizi che soddisfano bisogni sociali fondamentali. I diritti fondamentali diventano una merce. Sono garantiti, di fatto, a condizione che (e nei limiti in cui) siano disponibili risorse finanziarie e organizzative adeguate. E lo smantellamento dei servizi (e dei diritti) sociali finisce, come sempre, per accrescere il divario tra le aree più ricche del Paese e le Regioni meridionali – come la Puglia e la Campania – dove la spesa pubblica aggregata pro capite è la più bassa a livello nazionale.
Tutto questo per dire che quel riscatto sociale, che è possibile ma nel quale ormai in molti non credono più, dovrebbe avere come protagonista lo Stato e le Istituzioni, che dovrebbero favorire la ripartenza di ciascuno dalla propria condizione personale, che da svantaggiata nelle condizioni iniziali di partenza; grazie sempre all’impegno, può riportare a emergere nella società, conquistando uno status sociale stabile e sicuro.
Penso alla profonda disparità di opportunità riservata ai giovani che hanno la sfortuna di nascere in quartieri disagiati o nelle periferie delle grandi città.
Penso, ma è soltanto un esempio, a quanto pesi lo stereotipo su Scampia, a Napoli, all’esterno ma anche nello stesso quartiere. I giovani possono percepire la differenza di vivibilità rispetto ai quartieri centrali della città in senso negativo, covando un rancore inconscio che poi si può anche trasformare in violenza nei riguardi di chi vive nei luoghi del benessere, reale oppure no che sia. La diseguaglianza di condizioni di vita è spesso percepita come una colpa da vendicare. Un circolo vizioso che dal disagio porta ad altro, maggiore, disagio.
Il problema delle periferie degradate deve essere una questione nazionale. Come è stato fatto, in maniera però del tutto simbolica, per il Parco Verde di Caivano.
Nulla si fa, ma è solo un altro esempio fra i tanti possibili, per il recupero e la riabilitazione sociale degli ex carcerati. Si contano iniziative isolate, sempre di carattere privato, riconducibili ad associazioni, ma non basta.
Mi è capitato di raccogliere la confidenza di un noto detenuto del carcere di Secondigliano vicino alla fine della pena, che raccontava che, per lui, quello di laurearsi era un sogno grandissimo, per poter far scolorire in qualche modo quell’etichetta di carcerato che certamente si sarebbe portato dietro. Senza supporto, seri programmi di reinserimento, non so se davvero tutto quello studio abbia poi portato a qualche risultato. Non lo so, ma, dicevo, restiamo ottimisti, o almeno possibilisti.
Nel nome di questo pensiero positivo, Meritocrazia sceglie tutti i giorni di schierarsi con chi non ha voce, con chi vive difficoltà nascoste, con chi salta ostacoli per altri invisibili. Per riportare a galla le storture e smuovere le coscienze di una politica indifferente, e, in quanto tale, complice di un disfattismo che spesso, dolosamente, contribuisce ad alimentare.



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