Immagina

Immagina

Passa spesso per radio, in questi giorni di festa, una vecchia canzone di John Lennon, ‘Imagine’.
Il testo fece tanto rumore, per la sua intensità, nel 1971. Oltre un milione e mezzo di copie vendute soltanto in Gran Bretagna.
Era un modo diverso per raccontare il mondo, per invocare l’unità tra i Popoli.

“Immaginate che non ci sia alcun paradiso.
Se ci provate è facile.
Nessun inferno sotto di noi.
Sopra di noi solo il cielo.
Immaginate tutta le persone,
che vivono solo per l’oggi.
Immaginate che non ci siano patrie.
Non è difficile farlo.
Nulla per cui uccidere o morire,
ed anche alcuna religione.
Immaginate tutte le persone,
che vivono la vita in pace.
Si potrebbe dire che io sia un sognatore,
ma io non sono l’unico.
Spero che un giorno vi unirete a noi,
e il mondo sarà come un’unica entità.
Immaginate che non ci siano proprietà.
Mi domando se si possa.
Nessuna necessità di cupidigia o brama.
Una fratellanza di uomini.
Immaginate tutta la gente
Condividere tutto il mondo.
Si potrebbe dire che io sia un sognatore,
ma non sono l’unico.
Spero che un giorno vi unirete a noi
e il mondo sarà come un’unica entità”.

Tutto questo per dire che ideologie e sovrastrutture dividono e non uniscono. E vale ancora l’invocazione di un mondo di pace, non più diviso tra ricchi e poveri, potenti e deboli, ma fatto di pari opportunità di vita per tutti. Di buoni sentimenti.
Odio e rivalità sono generati dal benessere, dalla voglia, indotta da una società consumistica, di avere più degli altri.

Sembrano ovvietà. Più complesso sembra invece parlare di pil, decreto milleproroghe, legge finanziaria, strategie di ripresa economica, argomenti all’apparenza più concreti. Quando si predica il verbo della razionalità culturale, non si dà troppo seguito, perché l’etica oggi ha poco appeal.
Però è proprio promuovendo una nuova etica delle relazioni che si crea un pensiero realmente differente. Così si costruisce. Il ripristino dell’equità sociale, per la valorizzazione delle competenze e delle aspirazioni, non è una questione soltanto economica.

Qualche anno fa, il sindaco di New York, peraltro di origini italiane, Rudolph Giuliani lavorò molto per il recupero del quartiere più malfamato della città, il Bronx. Facendo varie perlustrazioni, non poté non notare che erano tantissime le abitazioni con i vetri delle finestre rotte. Sosteneva che, quando un cittadino vive nel degrado, non può che sentirsi legittimato all’incuria. Tentato a ‘rompere il vetro ancora intatto’. Il cittadino che invece vive in una città ben tenuta sarà sollecitato a maggiore cura.

È il disagio che genera nuovo disagio.
È dove non arriva la luce della legalità e della giustizia che emerge più netta la differenza tra chi ha e chi non ha. Tra chi ha la fortuna di appartenere a famiglie che possono permettersi di garantire ai figli i migliori studi, e chi è costretto a delinquere per sopravvivere. E chi sceglie di delinquere, pur di potersi permettere lussi e agi.

Uno Stato incapace di puntare sulle capacità dei singoli, esaltandole e consentendo a tutti di allenare le proprie abilità, basato sul potere delle lobby, sulla logica della raccomandazione, non è uno Stato sociale di diritto.
Meritocrazia ha il coraggio di immaginare una realtà diversa, e di metterla in pratica, creando uno spazio di pensiero condiviso, senza nessuna distinzione, ma con grande solidarietà e altruismo. Il palco è di tutti, e tutti contribuiscono ad allestirlo, ogni giorno.
Rispolveriamo i doveri e la voglia di sacrificio, accanto alla rivendicazione dei diritti.
E allora davvero non ci sarà più ‘nessuna necessità di cupidigia o brama, [ma] una fratellanza di uomini’.

Siamo dei sognatori. Ma siamo tanti. E saremo sempre di più.



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