LA CULTURA E’ RESILIENZA – 25 OTTOBRE 2020

LA CULTURA E’ RESILIENZA – 25 OTTOBRE 2020

«Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano», ma è certo che l’equilibrio sociale e culturale dipende dall’impegno profuso da ciascuno nella semplicità del quotidiano. L’attenzione per gli effetti di ogni scelta personale, di ogni gesto, e per l’impatto nella sfera di serenità altrui purifica le relazioni umane dalla contaminazione dell’egoismo.

Eppure alle volte sembra non calibrare adeguatamente le decisioni neppure chi dovrebbe aver maggiore cura dei bisogni altrui.

I provvedimenti normativi privi di reale utilità e, piuttosto, controfunzionali rispetto alle intenzioni dichiarate sono tanti.

Fra i molti, la legge sulla “Buona Scuola” del 2015, sull’annuncio di una trasformazione epocale in grado di riconsegnare centralità alla conoscenza e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, prometteva la realizzazione di una Scuola «laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva» (art. 1). Nei fatti, ha finito per appiattire l’istituzione scolastica sulla struttura dell’azienda produttiva. La concentrazione di compiti di controllo, direzione, organizzazione, coordinamento e gestione delle risorse strumentali e finanziarie affida al dirigente scolastico competenze auto-imprenditoriali. La freddezza dell’architettura strutturale distrae dalla centralità dello scopo formativo, e della necessità d’esaltazione delle capacità critico-cognitive dei giovani.

Ridotto l’impegno nella valorizzazione delle sensibilità, si dimentica che la cultura è nella storia e nella diversità. Si compone del contributo dell’esperienza di tutti. Senza esclusioni.

La riconquista della cultura non passa (sol)tanto per l’indottrinamento nozionistico, ma postula l’educazione all’osservazione dell’invisibile e alla riflessione critica. Perché la cultura è capacità di prospettiva. È resilienza. È consapevolezza nella lotta  alle ineludibili avversità, individuali e collettive.

Sulla debolezza delle conoscenze e sul precariato emotivo del Popolo si è costruito il potere prevaricatorio delle classi politiche nei secoli. L’accaparramento del potere è retto da sempre dall’ignoranza delle verità da parte dei più.

Ma vale chiedersi quale soddisfazione possa procurare l’esercizio egoistico della forza individuale in un contesto di disagio e incertezza ideologica diffusa, quando la ‘gratificante’ esposizione personale non riesce ad accompagnarsi al racconto del trionfo dei valori e della felicità comune.

Meritocrazia Italia inverte la prospettiva e parte dalla rilevazione delle debolezze, con il desiderio di ripristinare il giusto quadro valoriale e restituire al Popolo la stabilità di una cultura comune e non d’élite, in disparte ogni ambizione di realizzazione personale dei singoli.

Per gettare le basi di una costruzione stabile, le fondamenta devono essere fatte di conoscenza e curiosità, di confronto e apertura alle diversità. Serve prospettiva. Serve il coraggio di decisioni impopolari, ma necessarie e di giustizia. Inutili sono scelte solutorie di breve periodo.

Su queste premesse, Meritocrazia Italia sceglie di parlare la lingua del disagio, con umiltà, altruismo e spirito di collaborazione, con la pazienza di chi sa che costruire è l’unica possibile reazione di lungimiranza. Perché ogni provvedimento sia retto da un impianto culturale coerente con l’identità di un Popolo da ripristinare e non dimenticare, quella della Rivoluzione delle coscienze è la via da percorrere.



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