
La Rivoluzione
Oggi vorrei tentare di illustrare da un punto di vista storico e scientifico la vicenda di Meritocrazia Italia e quello che può significare non solo per il nostro Paese ma per tutta la politica e persino per la scienza che la studia, la scienza della politica, la politologia.
Faccio una premessa e cerco di spiegare da cosa deriva il termine “politica”.
Questa parola nasce quando Aristotele, avendo messo insieme in un libro i suoi corsi sulla polis, e dovendoli intitolare, scelse l’espressione Tà politikà (“Le cose della polis”). Del termine polis qualcosa sappiamo. Varie indagini hanno messo in luce che esso indica un insediamento chiuso da mura, dunque fortificato. Contemporaneamente appare con una medesima radice il termine pòlemos, che in greco indica la guerra, per cui i linguisti suppongono l’esistenza di un radicale che starebbe a monte. Se questi due vocaboli – polis e polemos – hanno un ignoto radicale in comune è perché nella concezione dei greci primitivi il nesso tra struttura politica e operazione bellica (difesa od offesa) era strettissimo, erano le due facce di una medesima entità.
Tutta la politologia moderna, non solo europea ma anche americana, parte da questa constatazione, dal nesso profondo tra politica e guerra. Respinge la tesi secondo cui la politica, proprio in quanto legata alla polis, sarebbe una continua ricerca del bene comune. La respinge proprio perché la polis greca non aveva nulla da spartire con la città moderna, e tradurla sic et simpliciter con “città” è un errore. Le polis non erano le città di oggi, non erano luoghi di produzione e scambio di beni e servizi, bensì aggregati bellici.
Data questa premessa, faccio un salto di millenni per planare al 1933, anno in cui Carl Schmitt, filosofo e giurista, professore all’Università Humboldt di Berlino, scoprì la cosa che fece nascere formalmente la politologia come disciplina universitaria (fino a quel momento esisteva solo la Storia delle dottrine politiche): scoprì cioè le “categorie della politica”.
Cosa sono le categorie? Sono lo scriminante fondamentale di una disciplina, il punto di vista che cataloga un fenomeno nell’ottica della materia che lo studia. Per dire, buono-cattivo sono le categorie dell’etica, bello-brutto dell’estetica, giusto-sbagliato del diritto, ricco-povero dell’economia.
E le categorie della politica? Quali sono?
La scoperta di Schmitt derivò dalla condizione in cui si trovò la Germania per effetto del trattato di pace del 1919. La Germania era stata vinta anche sul piano psicologico, non solo sul piano militare, in quanto le potenze alleate e associate nella condotta delle trattative per il trattato di Versailles tirarono fuori le unghie. Era in gioco il primato della potenza industriale dell’Inghilterra e della Francia sulla potenza industriale della Germania guglielmina, e infatti le sanzioni ebbero la finalità di piegare la Germania sotto il punto di vista economico-industriale. Ecco che si rivelò ai tedeschi, e soprattutto alla classe colta tedesca, quella che è la logica della reversibilità delle parti: la scoperta, che fu di Tucidide, per cui il vincitore non fa che replicare gli atti del vinto. E la Germania si ritrovò con le spalle al muro come colpevole di violazione di un ordine che venne immediatamente violato dagli stessi vincitori. Da qui la reazione, una reazione che prese la forma di una ribellione nei riguardi del pagamento dei danni di guerra.
È su questo sfondo che Schmitt concepì il suo capolavoro, il saggio Il concetto di politico, nel quale esprime la tesi secondo cui ovunque c’è politica non solo c’è conflittualità ma questa conflittualità si traduce nella contrapposizione amicus-hostis. Ecco le categorie della politica: amicus-hostis. Attenzione, devo usare il latino, non posso dirlo in italiano, come Schmitt non usò il tedesco ma il latino anche lui. Questo perché nelle lingue moderne abbiamo perduto la distinzione fra nemico pubblico e nemico privato, usiamo lo stesso termine per entrambi malgrado siano cose completamente diverse. Quando si afferma che gli aggregati politici si possono fondare essenzialmente in quanto esteriorizzano tutti i possibili conflitti verso un nemico esterno, si parla di “hostis”, cioè di “nemico pubblico”, e non di “inimicus”, che è invece il “nemico privato”.
È ben più che una sfumatura questa. Pensiamo alle conseguenze che ha in campo etico-cristiano, laddove la traduzione latina del nuovo testamento riferisce che Gesù disse “Dilìgite inimicos vestros”, non “hostes vestros”. Esortò ad amare i nemici privati e solo quelli. Da qui i Papi che armarono gli eserciti e benedissero le crociate, da qui la dottrina della guerra giusta e così via.
Ricapitoliamo: nesso determinante fra politica e guerra da un lato, e amicus-hostis, ossia contrapposizione bellica (effettiva o potenziale) come categoria fondamentale della politica dall’altro.
Veniamo a noi. A Meritocrazia Italia oggi.
Una lontana domenica, per la precisione l’8 dicembre 2021, il messaggio domenicale era intitolato “Mai contro qualcuno”.
Queste le parole conclusive: «Una goccia dopo l’altra, Meritocrazia vuole scavare la roccia, senza cedere alle polemiche, all’emotività e all’impulsività, ragionando. (…) Gli ingredienti del successo duraturo di un percorso sono altruismo, voglia di condivisione, gioco di squadra, desiderio costruttivo».
Queste frasi fissavano un metodo, una linea-guida identitaria ben prima che tattico-strategica, che escludeva ed esclude ogni richiamo alla conflittualità. È lo stesso concetto che ritroviamo alla voce “Mission” del nostro sito, ove si legge «contro nessuno e per il bene comune».
Ovvio, i partiti e i movimenti politici non esplicitano mai il richiamo all’ostilità nei loro elementi statutari o d’indirizzo. Però lo fanno emergere cristallino dalla loro attività, che – fateci caso – implica sempre l’identificazione di un nemico. Di qualcuno contro cui andare.
Noi invece promettiamo e manteniamo. Mai contro qualcuno abbiamo detto, e mai contro qualcuno siamo stati. Nonostante questo, o forse proprio per questo, abbiamo superato la boa dei 15mila iscritti, risultato impressionante se raffrontato ai partiti più o meno tradizionali.
Cosa significa ciò? Significa una cosa enorme. Significa che l’idea di Meritocrazia Italia mina dalle fondamenta tutte le teorie scientifiche sull’azione politica, esattamente come il sistema copernicano travolse e distrusse quello tolemaico mezzo millennio orsono, cambiando per sempre lo studio e la percezione del cosmo. Di rivoluzione copernicana si parla ancora oggi per illustrare cosa la scienza sostanzialmente è: nient’altro che una forma di conoscenza, la forma di conoscenza per antonomasia, cioè consapevole del suo metodo, e dunque non infallibile. A uno scienziato le certezze sono proibite. Era Karl Popper che, magari esagerando, diceva che una teoria scientifica vale nella misura in cui è falsificabile.
Io per la verità penso che una teoria valga in quanto l’azzecchi. Ma è senz’altro vero che nell’eterna e impossibile approssimazione alla verità assoluta, non esiste teoria che non possa essere falsificata, e la storia della scienza altro non è se non storia di falsificazioni successive, tesi vecchie che crollano e lasciano spazio a pensieri, metodi e scoperte nuove.
Col suo marciare lento ma inesorabile verso numeri sempre più grandi e un’influenza sempre più significativa, col suo crescere e il suo graduale imporsi come referente presso le istituzioni, il nostro Movimento si pone come potenziale falsificatore di tutto ciò che sino a oggi si è creduto che politica fosse. Una rivoluzione copernicana all’insegna del “contro qualcuno mai” che, se confermata empiricamente, ribalterebbe il concetto stesso di potere oltre che, ovviamente, le metodologie per conquistarlo e mantenerlo.
Si dice che il futuro è come vogliamo che sia. Di sicuro il prezzo che si paga all’essere uomini e donne degni di questo nome è il combattere per la propria affermazione, la propria libertà, e un mondo migliore da consegnare a chi ci sopravvivrà. In tanti ci hanno provato con metodi pacifici, fallendo sempre, forse per non aver saputo eliminare la violenza dalle parole. Adesso ci siamo noi, e da sette anni non facciamo che procedere, ingrandirci, aumentare il nostro ruolo e il nostro peso.
Guardiamo a questi sette anni, riempiamoci di orgoglio più che legittimo e continuiamo nella costruzione di una politica senza nemici. Siamo gli unici a poter realizzare il sogno che trasformerebbe il mondo nel più bel giardino dell’universo.