LA SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE
Mondo scientifico e mondo giuridico continuano ad interrogarsi sull’esistenza della Sindrome da Alienazione Parentale: negli occhi dei figli ‘contesi’ mille risposte silenziose che culminano in una assordante richiesta di aiuto.
Vorrei porre l’attenzione su un tema sul quale psicologi e giuristi sono chiamati, purtroppo sempre più spesso, a confrontarsi: la sindrome da Alienazione Genitoriale o da Alienazione Parentale.
Questo concetto venne introdotto per la prima volta dallo psichiatra forense Richard Gardner, il quale, esaminando diversi casi, individuò una dinamica psicologica disfunzionale che si attiva nei figli minori coinvolti in separazioni conflittuali. In sostanza, l’atteggiamento denigratorio del genitore alienante nei confronti dell’altro, genitore alienato, farebbe nascere nei figli sentimenti di astio e di rifiuto nei confronti di quest’ultimo.
Il mondo scientifico contestò tale teoria, poiché priva di evidenze cliniche di validità ed affidabilità ed ancora oggi non è riconosciuta come disturbo mentale. Se il mondo scientifico, però, ne sconfessa la validità, il mondo giuridico non può negarne l’esistenza.
In modo sempre più frequente, infatti, nelle aule di Tribunale, vengono in evidenza forme di ‘violenza invisibile’ ai danni dei figli da parte di padri e madri che, non riuscendo a discernere la dimensione di coppia da quella genitoriale, si colpevolizzano a vicenda, coinvolgendo i figli in una guerra che non vedrà mai vincitori.
I giudici hanno dovuto, caso per caso, confrontarsi con questa dolorosa realtà ed è recente la sentenza del Tribunale di Brescia che ha stilato un elenco di sintomi per riconoscere la sindrome da alienazione genitoriale.
Non è sufficiente, infatti, che un disturbo comportamentale non sia codificato nel vocabolario delle malattie mentali per negarne l’esistenza o ignorarne gli effetti.
I figli, vittime di tali violenze psicologiche, spesso sviluppano, anche a lungo termine, disturbi d’identità di genere, personalità psicotiche; sono bambini tristi ed infelici che potrebbero diventare adulti insicuri ed instabili.
La questione è, oggi, diventata una vera e propria emergenza nazionale, visto il numero di separazioni in crescita esponenziale.
Da ciò la necessità, a mio avviso, di un’opera di sensibilizzazione della società civile. È certo auspicabile un intervento normativo che possa disciplinare in modo puntuale la materia. È indispensabile utilizzare lo strumento della mediazione familiare che può essere di ausilio nella composizione dei conflitti genitoriali. È fondamentale, per un corretto esercizio dell’affido condiviso, che vada assicurata una condizione di parità sociale ed economica ai genitori.
Ma, ancor prima, bisogna sensibilizzare le coscienze di tutti alla maturità, alla responsabilità, all’affetto, al buon senso, affinché ai figli non venga negato il diritto alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena.
Il rapporto parentale è e deve essere riconosciuto come un valore sociale.
Concludo, sottolineando che la mia riflessione non sottende, ovviamente, competenze scientifiche né giuridiche. Mi spoglio della veste di avvocato, e da comune cittadina posso affermare di aver visto troppe volte negli occhi di bambini lo smarrimento e la disperazione per atteggiamenti sbagliati e destabilizzanti.
Ecco, quindi, la necessità di confrontarsi sul tema: ai bimbi va ridato il sorriso e va restituita, come si è detto, non la figura del genitore affidatario, ma più semplicemente mamma e papà.
Di MANUELA FERRI
[Immagine da Pixabay]