LE DECISIONI PUBBLICHE TRA SANITÀ E TERRITORIO: UN CASO CONTROVERSO

LE DECISIONI PUBBLICHE TRA SANITÀ E TERRITORIO: UN CASO CONTROVERSO

L’analisi empirica di alcuni processi decisionali riguardanti la localizzazione degli ospedali, richiede la conciliazione di criteri di razionalità multipli, ambigui e spesso contraddittori. Efficienza nell’allocazione delle risorse e programmazione tecnica da un lato, ricerca del consenso ed equità distributiva dall’altro. Emergono problemi che per la difficoltà di bilanciamento tra complessità tecnica e valori simbolici evocati cadono nell’alveo delle questioni considerate ‘intrattabili’. Quali strategie adottare allora? E’ preferibile decidere in pochi utilizzando criteri tecnico-economici, oppure estendere il consenso garantendo a tutti gli interessati la partecipazione alla scelta?

Le decisioni pubbliche in merito all’allocazione ospedaliera, rappresentano una branca di studi del policy making particolarmente interessante. Nella sfera dei modelli di cambiamento, specie di tipo advocacy coalition framework, evidenziano i caratteri emblematici di alcune dinamiche controverse in processi controintuitivi e diacronici.

I focolai di protesta dei cittadini, in opposizione alla delocalizzazione dei nosocomi sono molto frequenti. In tale congiuntura si colloca il caso dell’ospedale San Camillo di Comacchio, risalente agli anni tra il Novanta e il Duemila, preso come parametro generale poiché, pur se in vesti particolarmente eclatanti a causa dell’irruenza delle proteste, non rappresenta, comunque, un’eccezione deviante o parossistica, ma di comune riscontro. E’ importante capire che, il principio messo in discussione in tale caso, come in numerosi altri, non è l’efficienza, ma il valore dell’identità.

Il caso in esame è rappresentativo per lo scollamento evidente tra istituzioni politiche e cittadinanza. Si riscontra da parte delle istituzioni, una carenza di gestione nel riuscire ad incanalare in maniera pacifica il dissenso. A causa dei caratteri degenerativi della protesta è stato necessario l’intervento della Regione, la quale ha ammesso, come non si trattasse più di un problema di politica sanitaria, ma di legittimità delle istituzioni.

Le dichiarazioni del Sindaco di Comacchio chiariscono il quadro della situazione:
«Mi fa piacere che l’ospedale rimanga aperto e che siano stati stanziati fondi per migliorarne attrezzature, reparti e servizi. Però stiamo parlando di una deroga che la programmazione regionale non prevedeva assolutamente. Adesso rimangono due ospedali quando si erano fatti i conti per uno. È un caso eclatante di malasanità. È una decisione per molti versi aberrante. È vero che le scelte vanno fatte con il consenso della popolazione, ma le soluzioni devono essere serie».

In termini empirici, possiamo affermare che le politiche pubbliche posseggono una doppia anima: la razionalità di un fine e di un mezzo.

Max Weber definirebbe un’azione intenzionale orientata allo scopo, come un’azione zweckmäßig, razionale. Sotto tale profilo, appunto, si tratta di strumenti per raggiungere degli scopi, soggetti nel corso del processo, ad una fenomenologia spontanea. Nel caso di Comacchio, è abbastanza evidente.

Secondo la spiegazione scientifica, basata sull’analisi dei comportamenti e delle logiche in un dato caso, va compreso quali siano state le dinamiche che hanno dato luogo alla costruzione di irrazionalità locali, che hanno permesso ad un processo lineare, la trasformazione in un processo turbolento.

Determinante ai fini di una analisi ponderata, è assumere una posizione cognitiva di secondo grado, definita da Georg Simmel, di ‘straniamento’. Disporre di costrutti analitici, frutto del lavoro ‘di uno straniero’ che osserva in ottica esterna. Un rapporto freddo in cui non c’è contaminazione emotiva, in cui si cerca di ricostruire quelle che sono state le logiche comportamentali.

Una politica pubblica è la trasformazione di un input in un output. La razionalità dell’input racchiude il momento progettuale. Nel caso in esame, abbiamo un input iniziale, rappresentato dalla decisione di costruire il nuovo ospedale e un output atteso: la costruzione effettiva del nuovo ospedale a Lagosanto.

In questo frangente, si ottiene un atto finale che non è quello desiderato, ma vi è una deviazione distorsiva.

La linea immaginaria conduce non più verso l’output atteso, ma verso un output indesiderato.

L’output indesiderato è avere due ospedali al posto di uno, ingenerando quindi, effetti collaterali di tipo perverso: aumento della spesa, raddoppio del personale, un ospedale vetusto ed uno moderno a pochi chilometri di distanza.

Nella fase di decisione, si è ottenuto un consenso deliberato. La situazione degenera nel corso della dinamica. La coalizione decisionale, nella fase iniziale, è stata tutto sommato d’accordo, e questo accade con frequenza. Il conflitto emerge nella successiva fase implementativa.

Ebbene, ci si trova dinanzi ad una fase stabile e ad una fase turbolenta. Da una parte una situazione in cui vi è uno strumento per raggiungere un fine: si progetta la costruzione del nuovo ospedale, si immagina di realizzare una certa opera, lo si fa per soddisfare un mandato elettorale, o comunque un requisito di valore da parte dei cittadini, contemporaneamente, però, intercorrono razionalità locali, degli attori che hanno le loro ragioni.

Non esistono ragioni superiori, non esiste un bene assoluto o un principio superiore. La politica è la conciliazione delle razionalità coinvolte che possono avere scopi, interessi, percezioni dei rischi, paure, senso del futuro molto differenti tra loro. Le azioni di policy rappresentano il tentativo di comporre un ordine politico, in qualche misura armonico, attraverso le disarmonie che, sono presenti in un determinato contesto.

Dunque, il momento progettuale dell’input è dato dalle norme, dalla volontà politica, dal mandato elettorale, dai bisogni e dai valori dominanti.

All’interno della razionalità del processo emergono fattori diversi e contrastanti tra di loro: valori, bisogni, percezioni. Gli abitanti di Comacchio non accettano la possibilità di chiudere un vetusto ospedale, in nome della loro identità, dell’attaccamento al valore simbolico di ciò che viene considerato patrimonio e prestigio della comunità.

Le ragioni si attestano nel timore, di avere un costo collettivo troppo forte, relativo alla possibilità che Comacchio venga svalorizzata in futuro. Quindi, la visione di un depauperamento della comunità già in corso. Dalla letteratura scientifica viene considerata una percezione infondata.

È dunque possibile notare, da una parte un ragionamento sull’efficienza; una coalizione che sostiene ospedali nuovi, migliori, tecnologicamente avanzati, anche con un risparmio della spesa pubblica della regione di riferimento. Dall’altra, invece, vi è la bandiera dell’identità.

Come ha sostenuto un importante studioso italiano, Alessandro Pizzorno, il conflitto può essere più o meno componibile. La tipologia di conflitto più complesso in assoluto è il conflitto d’identità, poiché il contrasto viene spostato sul piano meno negoziabile in assoluto. Il movente è lo stesso della guerra di religione. O si appartiene ad una data città, ad un territorio, oppure no.

È evidente che questo processo di coalizione, che ha generato tale tipo di composizione, rappresenta un errore nella capacità progettuale.

Infine, il Prefetto riconduce il conflitto al secondo livello, sul più negoziabile tavolo politico, cercando margini di trattativa, in modo da riuscire a cavalcare questa ‘tigre’.

Le considerazioni conclusive inducono ad una riflessione generale.

Anche se l’impianto di analisi delle politiche pubbliche risale solo al secolo scorso, la descrizione della formazione oppositiva, nel passaggio da politics a policy making viene già magistralmente illustrata ne Il Principe di Niccolò Machiavelli.

Nel momento della competizione per il potere, il Principe incontra ampio consenso, appoggi e disponibilità. Una volta ottenuto il potere, però, il Principe deve governare. Ciò significa porre in campo azioni anche scomode, azioni definite: di natura coercitiva. Nascono così gli oppositori.

Dunque, la capacità di coercire, di possedere una autorità tale da esercitare quel potere fino in fondo, è messa in discussione. Questa è la complessità del caso di Comacchio.

L’incursione di fattori rappresentativi delle politiche simboliche, assume un aspetto contestualmente rilevante. È infatti un tipo di politica pubblica che Wilson definisce di tipologia imprenditoriale, e meglio conosciuta con la classificazione di Lowi, come redistributiva.

Tutte le politiche territoriali di questo tipo, tipicizzano modelli che portano con sé il conflitto.

E’ dunque necessario abbandonare la concezione secondo la quale governare sia la meccanica esecuzione di una volontà politica espressa. Chi governa è in una situazione di incertezza e di relativa ignoranza.

Chi ha progettato quell’ospedale, chi ha pensato di poter razionalizzare il bilancio, lo ha fatto, probabilmente, in buona fede, rispondendo ai propri elettori, ma con un enorme errore di sottovalutazione di quali potessero essere le capacità di accoglienza della decisione.

Questo non significa dover rinunciare, ma che la strategia è stata errata.

Dunque, gli attori sono soli nella misura in cui, come il Principe di Machiavelli, mantenere il potere, riuscire ad esercitare quella autorità, essere autorizzato fino in fondo, richiede un qualcosa in più.

Non basta il mandato elettorale, non basta un buon progetto tecnico, è necessario anche, studiare la situazione, capire il modo migliore per decidere e solo successivamente implementare la dinamica senza mai sottovalutare le volontà degli attori coinvolti.

Emerge l’importanza di preoccuparsi di trasparenza e regolarità, mantenendo aperto un canale comunicativo di informazione sullo stato dei lavori con la cittadinanza. Tutto ciò per prevenire ed arginare, il più possibile, criticità che inficino principalmente la fase implementativa.

Le opposizioni, dunque, vanno incanalate ed affrontate nella fase decisionale, molto più plastica della fase implementativa. Bloccare la costruzione di un’opera nella fase d’implementazione, infatti, significa concretizzare il rischio dell’incompletezza, dando luogo ad un ‘mostro’ amministrativo.

Ecco perché le politiche pubbliche non sono delle meccaniche rappresentazioni, ma dinamiche complesse in cui è necessario comprendere il processo di negoziazione del potere al fine di adottare una strategia ad hoc che prevenga per tempo il conflitto. Incertezza e complessità rappresentano due variabili contestuali. Vanno analizzate, scomposte e, poi, ricomprese.

Di VALERIA MARINUK

 

[Immagine da Pixabay]



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