Metterci il cuore, sempre

Metterci il cuore, sempre

Nel 1886 Edmondo De Amicis scriveva ‘Cuore’, un’opera preceduta da un lungo periodo di gestazione.
Raccoglie le pagine del diario di Enrico, un alunno della terza elementare capace di confrontarsi con le complicazioni di un presente difficile, caratterizzato da profonde differenze sociali e dal dramma della guerra. Enrico racconta di sé, dei rapporti con i propri compagni di classe, dei rapporti con i maestri, chiamati a dare vigore agli insegnamenti già impartiti dalle famiglie.
Un viaggio meraviglioso nelle vite dei tanti personaggi. Enrico incrocia il destino dei suoi amici, l’incorreggibile Franti, il povero Grossi, figliuolo dell’erbivendola, Garoffi, figlio del droghiere, già dotato di senso degli affari e con un certo futuro da commerciante, Nobis e Votini, provenienti da una classe sociale più agiata, Stardi, portatore di una volontà ferrea, che gli consente di ottenere una seconda medaglia.
Enrico è un bambino di terza elementare che guarda al futuro con realismo, affronando le sfide interna a un microcosmo nel quale sono racchiusi i problemi dell’intera Nazione, degli insegnanti, delle famiglie, di politica sociale. Avverte il peso della necessità di trovare un ruolo nella società, e di essere utile alla patria.
L’amore per il Paese è un sentimento che emerge con particolare forza. Del resto, a servire il Paese serviva anche l’istruzione.

Le varie componenti del racconto sono così ben amalgamante, e rese con uno stile così efficace e persuasivo, che restano nella memoria e trasmettono forte il messaggio che la storia intende veicolare.
L’impegno, il sacrificio, per la costruzione.

Questi stessi valori vuole promuovere Meritocrazia, per farne la colonna portante di una nuova cittadinanza attiva. Lavorare a una vita di successi individuali non porta utilità alla comunità alla quale si appartiene.
Nello scrivere il proprio capolavoro, De Amicis dava espressione soprattutto alla voglia di unire le forze per raggiungere l’obiettivo racchiuso nell’amore per la propria terra, e vincere il degrado, anche sociale, progressivo.

Cosa avrebbe potuto scrivere Enrico oggi?
La visione sarebbe per certo diversa.
Difficile sarebbe per lui avvertire la forza della volontà di raggiungere obiettivi comuni indipendentemente dall’estrazione sociale, dalla provenienza.
Stereotipi sociali imposti da sconosciuti che influenzano le tendenze sui social. Invece della forza educativa della scuola e della famiglia. Sogno di un successo nel quale non c’è cuore, non c’è passione.
Da questa realtà vogliamo riemergere, riconquistando determinazione e costanza, desiderio di migliorarsi e dare una parte di sé agli altri. Con la più alta delle ambizioni.

Se qualcosa di diverso da ciò che è occorre fare, è mettere il cuore nelle cose, oltre il rigore della logica, oltre il desiderio di apparire, oltre interessi individuali e sterili egoismi.
Insieme.



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