Nella possibilità di essere diversi, la vera libertà

Nella possibilità di essere diversi, la vera libertà

Il concetto di ‘libertà di pensiero’ si accompagna spesso a stereotipi inidonei a esprimerne la vera essenza.

Si pensa alla libertà di scegliere i propri amici, il percorso formativo che meglio si adatta alle proprie inclinazioni, il mestiere più giusto. Ma si pensa anche alla libertà di esprimere giudizi, di sindacare sulle decisioni e sui comportamenti altrui, non importa se mossi soltanto da emozioni irrazionali, insoddisfazioni personali o punti di vista non corretti.
È piuttosto voglia di espressione anarchica del proprio io.

Sentirsi liberi, però, non vuol dire necessariamente esserlo.

Ritorno sulla storia di George Orwell, scrittore di estrazione britannica ma nato in India. Una vita intera a inseguire il concetto di libertà, specie quello di libertà di pensiero. Arriva all’obiettivo, ma per una strada impervia. Avverte a lungo il sentimento dell’esclusione, dell’emarginazione. Avverte il disagio rispetto al formalismo borghese, che dà importanza soltanto a chi si veste e si atteggia in un certo modo.
Sente fin da giovane di avere un’anima anticonformista, e ha la fortuna, trasferendosi in una nuova Università, di incontrare un insegnante che, per la prima volta, lo lascia esprimersi alla sua maniera. Apre la mente e riusce a capire quale dovrà essere il suo percorso. Struttura meglio la sua passione per la lettura e per la scrittura, senza mai mettere fine alla sua inquietudine. Si arruola nelle forze di polizia in India, ma la sua indole antimperialista lo porta presto ad allontanarsi. Si arruola in Spagna per combattere contro il regno aragonese. Si trasferisce poi a Parigi, e da Parigi di nuovo a Londra, vivendo di frugalità e frequentando gli emarginati, i dimenticati dalla società. Queste esperienze fanno di lui quello che oggi conosciamo. Uno degli autori più letti e studiati. Uno degli scrittori che meglio hanno saputo mettere in parole il concetto di libertà. ‘1984’ è forse la sua opera più iconica; Winston Smith vive in un mondo di finta libertà, sotto l’occhio vigile di un grande fratello onnipresente. Emozioni, azioni, tutto sotto costante controllo. Un capolavoro dalla forza sconvolgente, che racconta di un personaggio incapace di omologarsi, e tanto coraggioso da voler combattere una battaglia per la salvezza dell’umanità, insieme a una donna con la quale instaura, ancora una volta eversivamente, una relazione sentimentale.

Mi piace ricordare questa storia perché ci succede di credere di fare tanto per gli altri, non rendendoci conto di vivere soltanto per noi stessi, vinti dal nostro inconsapevole egoismo. Anche chi è convinto di operare per il bene comune spesso è solo vittima del fascino del potere. E mi riferisco soprattutto a chi riveste importanti ruoli istituzionali.

In Meritocrazia diciamo di voler essere differenti. Lo ripetiamo in ogni occasione. È il nostro modo per sfuggire all’omologazione dilagante. A questo scopo dobbiamo saper conservare lucidità in ogni scelta, in ogni riflessione.
La vita è unica per ciascuno di noi. La vita degna di essere vissuta non è soltanto quella del più bello, del più bravo, del più intelligente, o di quello con più follower. Ogni sensibilità deve poter essere coltivata, con la stessa cura.
La ricerca spasmodica dell’omologazione sociale, l’uguaglianza della forma a tutti i costi, crea divisioni e iniquità. È nella diversità il senso vero dell’esistenza. È nella immensa complessità dell’essere che va ricercata la felicità comune.

Nella possibilità di essere diversi è la vera libertà.



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