OSSERVAZIONE E LUNGIMIRANZA

OSSERVAZIONE E LUNGIMIRANZA

“Le risorse umane sono qualcosa al di sopra di ogni misurazione. Le capacità di queste risorse possono estendersi illimitatamente quando ogni persona inizia a pensare” (Taiichi Ohno).

L’ingegno di Henry Ford diede avvio a quel processo di industrializzazione dei sistemi produttivi nel settore automobilistico che ha portato al toyotismo di Taiichi Ohno. Il processo evolutivo non si è ancora arrestato e non è dato sapere quale sarà la reale incidenza della robotizzazione sulle aspirazioni di affermazione personale e sociale dei lavoratori.
L’immediata utilità dell’introduzione della macchina nei processi di produzione trovò espressione nella capacità di dare risposta alle domande di un mercato sempre più esigente. All’insufficienza delle energie umane Ford contrappose strutture industriali sempre più imponenti e un’attenzione maniacale nel controllo di tutte le fasi degli articolati sistemi di realizzazione dei prodotti.
Da qui alla filosofia industriale dello ‘just in time’, che, invertendo il modello tradizionale secondo il quale la vendita non poteva che avere a oggetto beni già realizzati e giacenti in magazzino, riportava la produzione soltanto a quanto effettivamente richiesto dal mercato (perché già venduto o di imminente vendita secondo le previsioni).
Oggi, la digitalizzazione è realtà imperante. Cervelli elettronici, magazzini tecnologici e relazioni commerciali di Rete contribuiscono alla progressiva marginalizzazione della manodopera, pure ancora essenziale.
Dovrebbe essere compito della politica preoccuparsi della valorizzazione delle risorse tecnologiche nella direzione della miglior tutela possibile dell’attività lavorativa umana.
Il giusto approccio alla soluzione di nuovi problemi a elevata complessità si trae (una volta di più) dall’esempio dei grandi del passato.
Ad appena trenta anni, una mirevole capacità di valutazione e una lungimiranza non propria della sua età misero Aldo Moro al centro della scena politica del suo tempo. Facendo della semplicità la sua arma più potente, Moro riuscì a spiegare che, per far passare l’idea di una Democrazia Cristiana tendente al centro sinistra, fosse prima necessario far passare quella che l’Italia non avrebbe mutato la propria posizione a livello internazionale. Sapeva che convincere la totalità dei possibili interlocutori non sarebbe stato semplice, ma puntava comunque all’obiettivo, con enorme pragmatismo. Sapeva anche che, per il buon fine dell’operazione, sarebbe stato indispensabile non perdere l’elettorato meridionale.
Così Moro insegna che, prima di assumere qualunque decisione di carattere politico o economico, occorre guardarsi intorno e comprendere in quale contesto si muove.
Ora, applicando questo metodo, preso atto di essere al centro di un vortice fatto d’evoluzione tecnologica e involuzione sociale, serve indagarne le ragioni, trovare nuovi punti di riferimento e sopperire alle evidenti lacune organizzative e ordinamentali.
In un noto confronto tra Moro e Dossetti, il primo attribuiva a diritto e politica la funzione di regolare i processi storici; il secondo si spingeva oltre, riconoscendo a diritto e politica il compito di anticipare gli eventi. Visioni diverse e forse entrambe corrette. Ma la lettura di Moro tracciava comunque una prospettiva più ampia perché metteva in luce i limiti delle utilità dell’ideologia nella costruzione geometrica di soluzioni adeguate e congrue alla realtà presente e futura.
Ci sono state eccellenze in grado di costruire la storia del Paese. Certo, però, l’eccellenza non sta nella superiorità culturale, ma nella capacità di anticipare il futuro per costruirlo secondo desiderio e necessità. Non esistono limiti d’età, sesso o colore della pelle al pensiero umano.
Il laboratorio di Meritocrazia Italia si nutre della lungimiranza e della consapevolezza di chi sceglie di donare se stesso alla realizzazione di un futuro migliore del presente, con la partecipazione quotidiana al dialogo e al confronto.



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