Quo vadis Europa?
“L’Europa non potrà farsi in una sola volta,
né sarà costruita tutta insieme;
essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino
anzitutto una solidarietà di fatto.”
Da “Libro bianco sul futuro dell’Europa: le strade per l’unità nell’UE a 27”
A cura di Maryna Vahabava
Tante domande all’indomani della questione “Brexit”. Tante riflessioni e pensieri sul futuro dell’Europa moderna, anche all’esito delle quotidiane istanze centripete e centrifughe sull’esistenza stessa dell’aggregazione ultranazionale.
Sarà come è stata pensata dai padri fondatori? È opportuno valutare l’eventuale uscita dall’Europa? Come deve posizionarsi strategicamente l’Italia all’interno tra gli stati membri? Il perché attuale euroscetticismo? La crisi risiede nelle politiche sbilanciate dell’Unione Europea verso alcuni stati a scapito degli altri?
Noi, cittadini europei, prima ancora che italiani, francesi, spagnoli, tedeschi, lituani o altri cosa ci aspettiamo in futuro dall’Europa?
Rispondere a tutte queste domande è molto difficile. Tuttavia, all’indomani di una missione in Lussemburgo presso le istituzioni europee presenti in loco, è possibile provare a fare alcune considerazioni e ragionamenti insieme.
In primo luogo il piano di programmazione Europa 2017-2020 sta per scadere ed allora ci si deve chiedere quali saranno le nuove sfide e quale direzione sarà presa dai vertici di potere sovranazionali, tenuto conto che oramai un pò tutti viviamo quotidianamente le incertezze del quadro politico ed economico dell’area territoriale di appartenenza, segnato costantemente da contrapposti aneliti di ottimismo e pessimismo, anche rispetto alle istanze provenienti da altre comunità. Si pensi alle frizioni insorte con la Gran Bretagna per l’uscita dalla Comunità, alle provocazioni americane sui dazi, alle pressioni extracomunitarie sull’immigrazione.
Spesso si ha la sensazione che l’Unione Europea è qualcosa di distante da noi tutti, eppure siamo anche cittadini europei, oltre che dei singoli Stati, con uno status ben determinato in grado di fornire sia prerogative che determinate responsabilità. Capita di non prestarvi molta attenzione, soffermandoci superficialmente sulle notizie relative alle politiche europee fornite dai mass media. In fondo l’Europa siamo noi tutti con le nostre tasse, con il voto che diamo per eleggere i politici europei, con le leggi a cui devono conformarsi gli stati membri, ivi inclusa l’Italia, il programma Erasmus, così caro agli studenti e altro ancora.
Ed allora (ri)pensiamo insieme, attraverso il racconto della mia personale esperienza in Lussemburgo, all’Europa oggi, provando anche ad immaginare l’Europa di domani.
La prima visita ufficiale si è svolta presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: oltre alla sontuosità ed imponenza della sala delle udienze, è balzato subito agli occhi come gli avvocati presenti difendessero gli stati membri dell’Unione, inducendomi a riflettere su quale delicato ruolo hanno i suddetti professionisti nella società moderna, rappresentando tanto interessi del piccolo condomino, tanto interessi molto maggiori, fino al punto da rappresentare sin’anche Stati presso le opportune sedi.
La riflessione può indurre a ripensare ampiamente il ruolo degli avvocati in una visione più dinamica e meno casalinga, aperta alla legislazione transnazionale e alle relazioni comunitarie.
Subito dopo, la visita alla Corte dei Conti europea, palazzo importante ma sobrio, in cui si fanno i calcoli con la massima serietà perché ogni centesimo speso nei progetti e programmi finanziati dalla Commissione Europea sono soldi nostri, dei cittadini europei. Questa cosa mi ha colpito molto perché spesso ho sentito da più parti come gli imprenditori/beneficiari di aiuti europei si lamentassero dei controlli da parte degli ispettori. In realtà, se da una parte gli adempimenti burocratici sono tanti ed anche complicati, specie per le piccole medie imprese, dall’altra si comprende come ogni ispettore europeo cerchi, prima di tutto, di dare suggerimenti ai beneficiari al fine di gestire meglio i contributi, anche in ragione della maggior efficacia ed efficienza nella gestione del denaro “pubblico” e, come ha raccontato la guida, per la soddisfazione di aver portato a termine un percorso iniziato, senza infrazioni o segnalazioni.
Il lato umano, oltreché la grande competenza, in questo tipo di attività è fondamentale.
Vorrei anche sfatare un mito: non è vero che gli italiani sono quelli che non utilizzano i fondi europei. Nella Corte dei Conti e presso l’Eurostat, dove le statistiche sono raggruppate per grandi aggregati, è chiaramente emerso come l’Italia è la nazione che ha presentato più degli altri stati membri progetti alla Commissione Europea. Statisticamente è la nazione che ottiene più approvazioni nella progettazione europea e porta a termine, in proporzione rispetto agli altri paesi comparabili, più attività finanziate dall’Unione Europea.
Tuttavia, in quella sede si è fatto notare come in alcune regioni del sud Italia molto denaro messo a disposizione dalla Commissione in favore degli enti pubblici non viene speso, verosimilmente in ragione della scarsa preparazione nel presentare progetti validi o in grado di assorbire pienamente le risorse.
Occorre essere solidali anche in questo, mettere a disposizione di tutto il territorio nazionale professionalità, come gli Euro Project manager, che aiutino gli interessati con buone idee a strutturare i progetti validi al fine di utilizzare appieno le risorse messe a disposizione da parte dell’Europa.
Come emerso nella visita presso Eurostat, la consistenza dei numeri ha peso e valore determinante nelle scelte comunitarie ed occorrono professionalità elevate per ottenere adeguati bilanciamenti di interessi.
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In definitiva, in quei luoghi, dove l’Europa moderna sembra più vicina e reale, ho avuto la sensazione che non si può rimanere indifferenti verso le sue futuri sorti.
In fondo l’Europa siamo noi, con i nostri spostamenti, scambi economici, tasse, Erasmus e tanto altro ancora. Non possiamo restare indifferenti rispetto a cose che ci interessano in prima persona.
Alle prossime elezioni Europee andrò di certo a votare, scegliendo con cura i futuri rappresentanti italiani. Perché vorrei che all’agenda Europa 2020 in poi ci sia anche un po’ del mio modesto contributo.
Forse allora potrò rispondere meglio alla domanda iniziale: quo vadis Europa?