Scienza e democrazia

Scienza e democrazia

Sono tanti i fenomeni della modernità che mettono a dura prova il rapporto tra scienza e democrazia, concetti fondamentali per il benessere e il progresso della civiltà: pandemie, riscaldamento globale, incedere incontrollato dell’intelligenza artificiale, solo per fare gli esempi più eclatanti.

L’enfasi sulla potenziale conflittualità tra scienza e democrazia è posta, tra gli altri, da movimenti ecologisti radicali e no vax e fondamentalismi religiosi.
Ricorderemo tutti la posizione di un illustre professore in medicina che si spese sulle affermazioni di una antidemocraticità della scienza sull’argomento che «la velocità della luce non si decide per alzata di mano».
In nome di una oggettività e una neutralità che da secoli alimentano la dicotomia che la contrapporrebbe all’umanesimo, la scienza prende strade autonome, elitarie, non partecipative; la democrazia, dal suo, si svincola dal metodo scientifico e sperimentale e prende la via delle ‘opinioni’ e della demagogia.
Questi due fondamenti della civiltà e del progresso iniziano a produrre, già con la rivoluzione industriale e oggi con la egemonica tecnologia dei centri di interesse, quello che un noto premio nobel per l’economia, ha definito le «promesse infrante» dell’era moderna: la risorsa più preziosa, la conoscenza, viene a generare la maggiore quantità di ricchezza materiale e nello stesso tempo la maggiore quantità di ingiustizia e di solitudine mai prodotta dall’uomo.

Torna in mente un fatto di cronaca tristemente noto.

Il 9 ottobre del 1963 una frana di dimensioni gigantesche si staccò dal Monte Toc, cadendo nel lago artificiale del Vajont. La diga resistette all’urto, ma un’onda con punte oltre i 200 metri tracimò inondando il paese di Longarone, posto a valle. Le vittime furono circa duemila.
I primi studi sulla fattibilità della diga risalivano addirittura agli anni Venti e si limitavano a poche considerazioni sulla stabilità della zona come la normativa dell’epoca consentiva. Gli sforzi della comunità scientifica erano tutti concentrati sui formidabili problemi ingegneristici piuttosto che su quelli strettamente geologici. Gli abitanti del luogo mostrarono, invece, una differente attenzione verso i versanti della vallata. Grazie a una profonda conoscenza del luogo, tramandata attraverso intere generazioni, sapevano che il terreno fosse instabile. Persino il nome dei luoghi stava ad indicarlo: il nome ‘Monte Toc’ deriva infatti dal dialetto locale ‘patoc’, che significa ‘guasto’ o ‘sfatto’.
È evidente il ruolo di una piccola comunità erede di antiche tradizioni locali.
È evidente che, quando si parla di una conoscenza della gente comune da contrapporre alla specializzazione della scienza ufficiale, si introduce una contrapposizione fuorviante.
Nel caso citato gli abitanti del luogo, senza neanche saperlo, possedevano una conoscenza altamente specializzata, accumulata negli anni attraverso una dettagliata osservazione dei luoghi in cui abitavano.
Con il senno del poi, sarebbe stato opportuno seguire le indicazioni degli abitanti e compiere un esame geologico dettagliato di tutti i versanti della valle, sebbene all’epoca tale esame non rientrasse nella prassi scientifica accettata.
Ed è di facile intuizione la falla.
Se invece consideriamo la scienza e il comune cittadino come un’unica comunità di ricerca che ha come scopo il raggiungimento della verità, afferriamo il valore altamente democratico della scienza.

La sociologia ha sintetizzato una griglia valoriale di forte coincidenza tra scienza e democrazia: l’importanza della comunicazione dei dati, l’universalismo (tutti possono concorrere a fare scienza), e lo scetticismo sistematico, perché tutto può e deve essere sottoposto a critica con rifiuto di ogni forma di dittatura.
Troppo spesso la scienza deroga a questi valori. Ma lo fa sapendo di tradire la democrazia della scienza. Ed altrettanti sono i tradimenti della democrazia che ne spiegano l’attuale crisi: difetti nell’altruismo, che è la base per la solidarietà; difetti nella capacità di confronto e nello scambio di idee, che consentono la partecipazione alla vita democratica; difetti di efficienza, senza la quale non c’è alcun benessere. Un sistema politico che strumentalizza l’informazione scientifica a fini elettorali, che di fronte a problemi molto complessi, siano essi economici, energetico climatici, sanitari o educativi, assume posizioni ideologiche invece che imparare dai risultati, invece che aprirsi alle soluzioni, invece che applicare un metodo scientifico.

Da qui, il ruolo di un movimento come Meritocrazia, che mette in moto il cittadino verso un nuovo punto di equilibrio, verso una nuova cultura che supera il campo facile delle dicotomie (scienza e umanesimo, cittadino e scienziato), perché ha compreso quali pericoli si nascondano dietro affermazioni di vuota contrapposizione che distraggono le migliori energie e lasciano campo libero agli interessi delle lobby, delle multinazionali, dei monopoli di potere.

Non esiste neutralità o irresponsabilità della scienza. In quanto espressione suprema della ragione umana, la sua oggettività è per definizione carica di valori. Così come la democrazia è una istituzione sociale che deve tendere a raggiungere un consenso razionale di opinione.
Questa riflessione deve orientare il ruolo e la consapevolezza degli attori della comunità scientifica, della comunità politica, dei cittadini comuni. Deve indurli a sentirsi un unicum, affinché ogni apporto sia a vantaggio di tutti, sia a vantaggio dell’umanità.
Non sottovalutiamo l’importanza di valorizzare la mentalità scientifica perché è alimento fondamentale di una democrazia sana, di uno sviluppo scientifico a misura d’uomo, e non contro l’uomo. È (o dovrebbe essere) impegno di tutti saper intercettare ogni deviazione e trovare i modi per indurre e la scienza e la democrazia verso i loro ideali. Che sono ideali comuni.

Solo se la società acquisisce la capacità di superare la fisiologica difficoltà di ragionare criticamente, di assimilare certi risultati controintuitivi, di decodificare alimentando la verità, allora l’espansione della scienza e l’espansione della democrazia che caratterizzano il nostro tempo possono davvero trasformarsi in progresso.



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