VIETATO ABBASSARE LA GUARDIA SULL’INFEZIONE DA HIV

VIETATO ABBASSARE LA GUARDIA SULL’INFEZIONE DA HIV

Dal 1988, il primo dicembre di ogni anno, si celebra, in tutto il mondo, la giornata mondiale contro l’AIDS.
Nel mondo sono circa 36.7 milioni le persone che hanno contratto tale virus, che ha determinato una delle pandemie più distruttive della storia. Dopo trent’anni, in relazione allo scarso livello di consapevolezza e di conoscenza della patologia che ha come conseguenza il diffondersi di nuovi contagi, l’attenzione deve essere tenuta alta, sempre, stimolando campagne di prevenzione per contrastare l’abbassamento della percezione del rischio e promuovere comportamenti corretti.

L’emergenza AIDS in Italia è stata gestita attraverso la definizione e la realizzazione di una rete di interventi regolamentati dalla l. n. 135 del 1990 che ha affrontato problematiche diverse, che vanno dalla formazione degli operatori al percorso assistenziale del paziente.

La raccolta sistematica dei dati sui casi di AIDS è iniziata nel 1982; in seguito è stato formalizzato il sistema di sorveglianza a livello nazionale e l’AIDS è divenuta una malattia infettiva a notifica obbligatoria.

Rispetto alla raccolta dei dati sui casi di malattia conclamata, quella sulle nuove diagnosi di infezione da HIV è iniziata in un periodo successivo. Nel 2008 è stato infatti istituito anche il Sistema di Sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione di HIV con DM (G. U. n. 175 del 28 luglio 2008). Dal 1996, i progressi della ricerca e la conoscenza dei meccanismi di replicazione virale, hanno reso possibile l’immissione in commercio, negli anni, di combinazioni farmacologiche che hanno consentito di gestire la patologia, trasformando la malattia, in infezione cronica, in quanto, allo stato attuale delle conoscenze, il virus non è eradicabile.

I cambiamenti della tipologia dei pazienti affetti dall’infezione, le variazioni dell’andamento clinico e diagnostico, le differenze socio-culturali delle popolazioni target che sono emerse negli anni hanno spinto le Istituzioni a riaffrontare le problematiche legate alla gestione di tale patologia. La sindrome da HIV, a distanza di quasi trent’anni, è tutt’altro che debellata; anche se si è assistito ad un’evidente diminuzione del numero di decessi, non si è realizzata una sufficiente riduzione del contagio, in quanto il numero annuale delle nuove infezioni è stabile. Essendo la malattia cronica, un nuovo paziente, dovrà essere curato e assistito per tutta la durata della vita, con notevole impatto sulla realtà socio-assistenziale italiana.

Il Piano Nazionale di interventi contro HIV/AIDS, redatto da un gruppo di esperti nazionali, si propone di delineare il miglior percorso possibile per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (ECDC, UNAIDS, OMS), rendendoli praticabili nel nostro Paese. In particolare, il Piano si propone di conseguire un incremento della percentuale dei casi diagnosticati e mantenuti in cura fino al raggiungimento del 90% delle persone PLWHA (persone che vivono con HIV/AIDS) che si stimano viventi in Italia – l’attivazione di percorsi diagnostico-terapeutici definiti e contestualizzabili in almeno l’80% dei Centri di diagnosi e cura, sul territorio nazionale, e il mantenimento di livelli di viremia non determinabili.

Gli obiettivi del piano devono necessariamente essere inquadrati e verificati in maniera continua utilizzando strumenti condivisi e uniformi e modificabili nel tempo. La complessa natura dell’epidemia, tuttavia, implica la necessità di programmi di prevenzione combinati, che prendano in considerazione fattori specifici per ogni contesto, e prevedano anche programmi per la riduzione dello stigma e della discriminazione.

L’analisi di fattori quali le modalità di trasmissione dell’HIV, le popolazioni chiave colpite dall’infezione e i principali trend epidemiologici sono, quindi, elementi imprescindibili per sviluppare interventi combinati più idonei.

Tali interventi vanno integrati in programmi di Sanità Pubblica, con il necessario coinvolgimento di altre Istituzioni, al fine di invertire trend epidemiologici specifici, indirizzando le risorse disponibili verso popolazioni e situazioni a maggior prevalenza e/o rischio di acquisizione dell’infezione.

Le Campagne di comunicazione hanno lo scopo di sensibilizzare la popolazione sul tema HIV/AIDS, fornire informazioni corrette, sostenere le varie attività di prevenzione in essere. Una campagna sull’HIV/AIDS, per avere efficacia, deve rientrare in una strategia nazionale, prevedere una serie di azioni correlate ad un obiettivo di base, da diversificare in maniera tale da raggiungere i vari gruppi target. Sul piano della comunicazione è, infatti, importante coinvolgere anche i rappresentanti dei gruppi chiave, affinché le informazioni possano essere credibili e le raccomandazioni convincenti.

Nel corso degli ultimi anni sono state condotte ricerche e studi per valutare le conoscenze e la percezione della popolazione italiana, e di alcuni segmenti di popolazione in particolare, in tema di HIV/AIDS.

Le lacune evidenziate vanno dalla non corretta valutazione dei rischi di alcune pratiche sessuali, all’infondato timore nei confronti delle comuni relazioni quotidiane con le persone con HIV, uno scarso ricorso al test HIV e all’uso dei mezzi di protezione barriera. I giovani sembrano maggiormente disinformati con un trend negativo nell’uso del profilattico. Risulta, quindi, indispensabile organizzare e promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione per far conoscere capillarmente la malattia con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e ridurre i nuovi contagi.
Di MICAELA SPATARELLA



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