Cittadinanza attiva e Giovani

Cittadinanza attiva e Giovani

Un legame da ricostruire con l’aiuto di Istituzioni, Terzo settore e Youth work

La partecipazione alla vita politica ha sempre rappresentato un tema molto caro ai cittadini, ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. I dati ISTAT dimostrano che l’impegno politico delle nuove generazioni è divenuto sempre più scarso, intermittente e superficiale, tanto da attribuire alla nuova generazione l’etichetta di “generazione in crisi”, “generazione invisibile” o “generazione figlia del disincanto”.
Il fenomeno del disimpegno politico trae le proprie origini in una pluralità di fattori, tra i quali certamente la crisi delle Istituzioni e l’incapacità delle stesse di affrontare i disagi socio-economici riconducibili alla grave difficoltà economica e sociale che vive il Paese.

L’Italia presenta delle peculiarità strutturali che, convergendo, facilitano più che in altri Paesi il rallentamento dell’indipendenza socio-economica dei giovani e, quindi, l’inserimento nel mondo sociale e lavorativo, prerequisito per un pieno e consapevole esercizio dei diritti politici e civili. La ritardata acquisizione di una stabilità sociale ed economica incide sulla costituzione dell’identità dei singoli e sulla stessa definizione degli interessi soggettivi, determinando di conseguenza un differimento nell’assunzione di responsabilità sociale, civile e politica da parte delle nuove generazioni.

La limitata propensione verso la partecipazione politica si configura, così, come solo uno degli aspetti legati alla continua posticipazione delle scelte di vita personali. La sempre maggiore precarietà della condizione occupazionale, inoltre, favorisce un incremento nella sfiducia per le istituzioni sociali e politiche, percepite come distanti e scarsamente interessate alle problematiche legate alla condizione giovanile.
A tanto si aggiunga che sono proprio i giovani a sopportare il peso dell’instabilità, sia essa causata dal post pandemia, dalla crisi economica o da conflitti armati, piuttosto che dalle sfide globali sollecitate dai cambiamenti climatici, dalla transizione ecologica e tecnologica e dall’avvento dell’intelligenza artificiale.
Tutto ciò apre uno scenario decisamente preoccupante, che deve interessare tanto il mondo dell’associazionismo quanto le istituzioni e l’intero Paese: all’orizzonte il rischio concreto di una società civile sempre più stagnante. E, se a causarla sono state anche le ferite emerse nei meccanismi di rappresentanza che hanno minato inesorabilmente il senso di appartenenza a un sistema di valori e prodotto disaffezione e sfiducia verso le istituzioni, la risposta non può essere un’ulteriore spinta verso il disimpegno sociale e politico.

In questo senso, molto interesse suscita il c.d. youth work – che in Italia versa ancora in uno stato embrionale – costituito da una serie di attività educativo-ricreative organizzate e gestite (in collaborazione o meno con le Istituzioni) da attori del Terzo Settore, capaci di riavvicinare il “mondo dei giovani” al “mondo degli adulti” e di supportare e sostenere i giovani a livello di crescita professionale, educativa, di inclusione sociale e di partecipazione alla vita democratica. Potrebbe costituire uno strumento fondamentale per educare i giovani alla cittadinanza attiva, sostenendo sia la loro autonomia, intesa come autosufficienza e libertà di scelta, sia le loro capacità relazionali.



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