Contro il ‘climate change’ basta proclami. Meritocrazia chiede serietà e responsabilità

Contro il ‘climate change’ basta proclami. Meritocrazia chiede serietà e responsabilità

Scioglimento dei ghiacci perenni, innalzamento del livello dei mari, aumento dei fenomeni meteorologici estremi, variazione della distribuzione delle precipitazioni piovose, aumento del rischio idrogeologico e di inondazioni, aumento della siccità e degli incendi, anomale ondate di calore, con conseguenti estinzione di specie, riduzione della qualità della produzione agricola, e devastante impatto sulla salute umana.
Questo il disastroso scenario attuale.
Il surriscaldamento globale ha raggiunto livelli senza precedenti. Il clima non è mai cambiato così in fretta: gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi fra quelli registrati finora, alimentati da concentrazioni sempre crescenti di gas serra (il livello più alto si è raggiunto nel 2022).

Il problema è noto. L’espressione ‘transizione digitale’ campeggia a larghi caratteri in ogni proclama elettorale e sono sempre più frequenti summit e incontri internazionali sul tema del climate change.
In concreto, però, nessuna azione di coraggio è mai intrapresa. A conti fatti, una seria azione di contrasto alla crisi ambientale si rivela sempre antieconomica, non in linea con le strategie di crescita economica dei singoli Paesi.

Eppure nessuno, ma davvero nessuno, è salvo dal rischio di carestie alimentari e idriche, inondazioni e incendi boschivi (23,9 milioni di persone hanno dovuto trasferirsi nel 2019 a causa di disastri connessi al cambiamento climatico, e si prevede che fino a 143 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare entro il 2050), danni alla salute dovuti all’aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di caldo, perdita della biodiversità, e acidificazione degli oceani. Senza contare i gravissimi pregiudizi anche nell’ambito dei settori di agricoltura, silvicoltura, energia, infrastruttura e turismo, e i riflessi sui costi di materie prime e servizi.

Che tutto ciò che accade sia responsabilità dell’uomo è dimostrato dalla tregua registrata in periodo di lockdown. La guerra ha rimesso in moto la macchina che alimenta il riscaldamento globale: invece di far un passo avanti, dal carbone alle rinnovabili passando per il gas (inquinante sì, ma meno del carbone), abbiamo fatto un passo indietro (dal gas al carbone). Ci siamo arroccati in difesa in nome di una emergenza, amplificata dalle speculazioni finanziaria, di fronte alla quale la dimensione collettiva ha dovuto soccombere rispetto ai bisogni individuali immediati, e la lucidità ha lasciato il passo al timore diffuso di restare senza energia.
L’economia è ancora troppo legata ai combustibili fossili. Il 2022 è stato l’anno in cui il carbone ha segnato un doppio massimo storico, in termini sia di utilizzo che di produzione. Di questo passo, già nel 2040 sarà stata esaurita metà della quantità totale di CO2 che ci si potrà permettere fino al 2100.

Intanto i Governi continuano a riunirsi attorno a tavoli di discussione, fanno accordi, condividono dichiarazioni di intenti, fissano scadenze, ma tutto resta a mezz’aria, perché troppo e troppo alti sono gli interessi economici che girano intorno alla produzione da combustibili fossili. Un’azione globale importante e decisiva nella lotta alla crisi climatica non può e non deve essere deviata dalle ‘lobby degli inquinatori’.
Non c’è più tempo per indecisione e ritardi.

Oggi Meritocrazia Italia chiede serietà e responsabilità.

Che i governi si impegnino davvero per l’accelerazione del passaggio alle fonti rinnovabili, passando dai fiumi di parole ai fatti. È necessario programmare investimenti nelle fonti rinnovabili, tenendo in conto che la lotta ai cambiamenti climatici richiede orizzonti temporali che vanno al di là di quelli utilizzati solitamente dal mondo finanziario nella ponderazione e nelle scelte di investimento.

Stop war.



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