CRISI ALIMENTARE MONDIALE

CRISI ALIMENTARE MONDIALE

Perché i timori non si facciano realtà

Dall’inizio del conflitto in Ucraina i prezzi del grano sono cresciuti vertiginosamente, e con essi i timori di una crisi alimentare mondiale.

Molti governi tra i Paesi produttori di materie prime alimentari stanno bloccando le esportazioni. I prezzi interni salgono e aumentano le speculazioni nei mercati finanziari, a discapito dei Paesi meno sviluppati e accrescendo fenomeni di carestia e povertà.

Gli aumenti hanno avuto ricadute su tutta la filiera alimentare: sul prezzo dei fertilizzanti, del riso (del 21%), dei grassi vegetali (46%), dei cereali (del 34%), dei prodotti a base di latte (del 24%).
In generale, il prezzo dei prodotti alimentari mondiali è cresciuto del 30% rispetto al 2021. In Italia, era già in rialzo a causa della pandemia, ma il vicino evento bellico e il grave fenomeno della siccità hanno esacerbato la situazione.

L’intensificarsi della crisi alimentare rischia di far scomparire realtà aziendali più piccole.
L’industria molitoria italiana non sarà più in grado di garantire la produzione di farine di frumento tenero nei volumi richiesti dal mercato laddove non dovesse essere ritirata la decisione ungherese di applicare restrizioni all’esportazione di grano anche nei riguardi degli Stati aderenti all’Unione europea.
Dopo gli allarmi sul rischio ‘razionamento energia’, insomma, c’è la seria possibilità che gli italiani restino senza pane e pasta.

Il problema, però, non è legato soltanto agli ‘approvvigionamenti’, ma anche e soprattutto all’incremento delle quotazioni delle materie prime in atto, cui si aggiungono i maggiori costi energetici in capo alle attività produttive causati del caro-bollette e di trasporto, enormemente aumentati per effetto dell’escalation di benzina e gasolio.
In tale contesto, non mancano di inserirsi nei vari passaggi della filiera speculazioni finalizzate ad avvantaggiarsi del conflitto in Ucraina per far accrescere i prezzi da listino dei beni venduti in Italia, con conseguente rincaro dei prezzi al dettaglio.

Il problema va compreso subito nei suoi reali sviluppi, per dare adeguato supporto al mondo dell’agricoltura nella gestione delle filiere.

Al netto del conflitto in essere, che ha solo acceso i riflettori su un problema già latente, si rendono necessarie e improcrastinabili scelte atte a neutralizzare manovre speculative e aumentare la produzione interna in relazione al nostro fabbisogno.

In tale direzione si auspicano decisioni istituzionali volte a rendere più appetibile la coltivazione dei terreni incolti – a oggi sottostimata per la scarsa redditività collegata – e a intervenire sulla nuova PAC europea per incentivare la coltivazione, anche considerato che attualmente l’agricoltore lascia il campo incolto per ricevere gli incentivi economici previsti dal protocollo europeo.
La pratica è menzionata dalla PAC per incoraggiare la biodiversità. Ma, nell’elargire aiuti economici senza richiedere alcuna attività, si incentivano anche pratiche poco virtuose e, di conseguenza, l’abbandono dei terreni. Utile allo scopo sarebbe introdurre misure incentivanti gli accordi di filiera che garantiscano ai produttori una marginalità senza danneggiare l’acquirente a valle della filiera, legando il prezzo a un listino a cui aggiungere delle premialità che spingano in alto la qualità della produzione.

È indispensabile investire in innovazione e tecnologia, per favorire la nutrizione sostenibile, aumentando la produttività dei terreni, ma tutelando la biodiversità.
Le Istituzioni e le imprese lavorino insieme su scala globale per evitare che tra il caro bollette, l’aumento degli idrocarburi ed i cambiamenti climatici il Paese si ritrovi a dover gestire anche una cronica crisi alimentare.



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