Emergenza carceri: non ci si fermi al recupero di nuovi spazi

Emergenza carceri: non ci si fermi al recupero di nuovi spazi

Dopo i suicidi dei giorni scorsi, nuovi fatti di violenza presso il carcere di Avellino. La mancanza di acqua è stato il pretesto per una rissa sedata con non poca fatica dal ridotto personale, che non è riuscito a evitare gravi lesioni fisiche ad alcuni detenuti.

È innegabile che si tratti del sintomo di un disagio che non può più essere ignorato. La punta di un iceberg sommerso, molto più grande di quanto non si possa immaginare. Le problematiche di sempre, legate a sovraffollamento, suicidi e abuso di psicofarmaci, carenza cronica di educatori e di sbocchi lavorativi, sono un’emergenza da troppo tempo dimenticata.
Purtroppo non si può non prendere atto di un immobilismo prolungato e inaccettabile.

Meritocrazia Italia ha in tantissime occasioni denunciato l’urgenza di un intervento, dedicando al tema momenti di riflessione e confronto anche nell’ambito delle attività della sua Scuola di Formazione Politica Crea. Numerose le proposte già condivise con le Istituzioni, relativamente sia al recupero infrastrutturale sia al miglioramento delle condizioni di vita in carcere e alla realizzazione di utili opportunità di reinserimento sociale e lavorativo.

Oggi il Governo riconosce la necessità di lavorare meglio sulla conservazione delle relazioni affettive per i detenuti, con au-mento dei colloqui telefonici, e di porre rimedio al problema del sovraffollamento con la ristrutturazione degli edifici dismessi e delle caserme non utilizzate e con corrispondente aumento del personale.

Un punto di partenza importante.
Ma la situazione è molto più complessa di così. Non si tratta soltanto di spazi, ma di diritti fondamentali e opportunità.

Suicidi e recidiva si possono combattere, a monte, solo differenziando il sistema sanzionatorio e facendo un più ampio ricorso alle misure alternative. La politica del “carcere a ogni costo” e del “tutti dentro”, in palese contrasto con i principi costituzionali di umanità e di rieducazione della pena, ha fallito.
In quest’ottica Meritocrazia chiede anzitutto che parte dei fondi disponibili sia impiegata per progetti volti a costruire strutture in grado di ospitare chi non ha un luogo dove scontare i domiciliari, finanziare progetti educativi e sociali che riducano i rischi della devianza, trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza, case famiglia per detenute madri, accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e del mondo dell’industria per facilitare inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale.

Per altro verso, oltre a prevedere maggiore possibilità di contatti visivi e telefonici con i familiari, per alleggerire il senso di abbandono e solitudine portati dall’isolamento forzato, si dovrebbe
– ridurre il ricorso all’isolamento e totale eliminazione delle ‘celle di punizione’;
– garantire migliore supporto psicologico individuale e di gruppo sia a tutti i detenuti sia al personale addetto alla sorveglianza e alla sicurezza, che con i detenuti condivide una realtà difficile;
– introdurre trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza e favorire un maggiore impegno nella diffusione più capillare sul territorio nazionale di case famiglie protette, con oneri a carico delle Istituzioni centrali e migliore collaborazione con gli enti locali, che si attivino per individuare strutture disponibili, e con la società civile, che si renda pronta a maggiore solidarietà e favorisca il reinserimento delle madri pronte nelle comunità per un percorso di riabilitazione, e dei bambini;
– incentivare progetti che valorizzino le c.dd. soft skill di ogni individuo, per favorire il reinserimento nella società;
– potenziare le infrastrutture tecnologiche, prevedere ipotesi aggiuntive di didattica a distanza, assicurare la formazione professionale anche da remoto, consentire un maggior numero di incontri con il mondo del volontariato;
– stipulare accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e dell’industria per favorire inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale.

Pacifica, poi, la necessità di ricavare nuovi spazi, ma non si trascuri la contestuale esigenza di modernizzazione con previsione di aule scolastiche, biblioteche, spazi comuni, attrezzature sportive, strutture per lavoro infra murario e strutture sanitarie.

Serve, insomma, un intervento di sistema, che tenga conto di tutte le criticità del sistema carcerario, al fine di suggerire possibili correttivi e soluzioni per migliorare e umanizzare la detenzione.

Stop war.



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