GESTIRE LA CRISI: L’INCAPACITÀ DI CAMBIARE ROTTA

GESTIRE LA CRISI: L’INCAPACITÀ DI CAMBIARE ROTTA

L’urgenza del momento e la difficoltà del sistema politico a rinnovarsi creano disagio.
Ci si indigna per storture che hanno radici lontane, specie perché si conosce l’altissimo potenziale della Sicilia, che vanta prodotti di qualità, ed è meta turistica di prima importanza e luogo della cultura antica e tradizionale.
Ma la reazione tarda a vedersi.
Non si sente la voce di quel capitale umano competente e determinato che, se volesse, avrebbe la forza di dare una svolta all’agenda operativa dell’isola.
Un decimo della popolazione è ipercollegato, legge e si informa con una dieta mediatica ricchissima, non manca di tenersi aggiornato anche dall’estero e ha la capacità critica sufficiente a comprendere la gravità della situazione. In più, i giovani sanno sfruttare meglio di altri le opportunità che la tecnologia mette a disposizione per interessarsi all’attualità e alle problematiche della Regione, ma spesso non hanno modo di coltivare le speranze e potrebbero trovare il coraggio di farsi avanti se fosse loro prospettato un obiettivo diverso e costruttivo per il quale rischiare. È più facile combattere per scopi che sembrano davvero realizzabili. In molti casi, invece, l’unica aspettativa possibile di immediato o breve periodo è legata alla conquista di un contratto a breve termine, con pochissime chance di rinnovo.
La classe politica è variegata e molto frammentata, quanto a ideali e approccio operativo.
Non mancano leader lungimiranti e preparati che cercano di portare avanti con serietà e senso del dovere la passione rinnovatrice, peraltro in un contesto non semplice. C’è anche chi, con fiducia, cerca di costruire una rete nuova di relazioni e di idee ma, vista la difficoltà di portare significativo rinnovamento nel breve periodo, poco riesce a incidere rispetto al quadro politico consolidato che governa la Regione.
Ma è storicamente confermato che una rivoluzione delle idee sia spesso frutto dell’iniziativa di un gruppo, ancorché minoritario, che sappia cogliere e interpretare il disagio dei più e la necessità di rinnovamento di una comunità che, se adeguatamente coinvolta, sa partecipare all’azione in modo compatto.
Il tempo corrente consegna invece un tessuto sociale molto disaggregato e confuso, nel quale i principi di solidarietà, coesione e sostegno collettivo sono andati perduti, cedendo il passo a gruppi di interessi comuni, aggregazioni omogenee per capacità di spesa, età, localizzazione geografica, hobby, professioni. I mezzi di comunicazione hanno cercato di interpretare la stratificazione popolare in termini di target, mettendo in evidenza quanto la netta separazione fra diversi modi di pensare e intendere il quotidiano sia predominante e quanto preoccupante sia il conseguente disorientamento collettivo. Questo sistema ha forse portato, inizialmente, a un aumento dei consumi e a una riduzione delle tensioni sociali, ma l’artificiosità degli stereotipi non regge a lungo.
Senza contare che oggi le persone non si riconoscono neppure più in un unico target, sentono di vivere identità multiple, interessi insieme contrastanti e coerenti, usano linguaggi e ideologie divisive. La tecnologia consente loro di unirsi in gruppi che possono scegliere di volta in volta, non necessariamente in modo coerente e strutturato. La società è composta da insiemi di minoranze, nessuna delle quali sembra capace di esprimere un messaggio e un indirizzo di lavoro che guardi oltre il personalismo e l’interesse del piccolo gruppo.
La verità è che l’ipotesi di darsi da fare e mettersi in gioco in un cammino di rivoluzione e rinnovamento non trova il punto di appoggio intellettuale e politico per dar modo all’azione di trovare concretezza.
Nel contesto a tinte fosche e sfumature decisamente incerte sopra descritto, un cambiamento  culturale è urgente e necessario, attraverso un percorso progressivo ma deciso, che ricostruisca e aggreghi persone ed idee in un ambito più ampio e libero che conduca, nel tempo, ad una visione collettiva condivisa. Solo così può essere avviata una frattura strutturale col passato e col presente, mettendo da parte l’interesse strumentale del singolo e valorizzando quel ‘Noi’ che è davvero risposta collettiva volta a affrontare in modo condiviso le difficoltà senza lasciare nessuno indietro.



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