IL LAVORO FEMMINILE

IL LAVORO FEMMINILE

Nel mese in cui viene celebrata la “Giornata Internazionale della Donna”, si propone un’analisi sulla presenza femminile nel sistema economico lucano.

Scopo del report è rinnovare l’impegno a sostenere la reciprocità tra generi, contribuendo ad una programmazione sociale e politica lungimirante e alla messa in campo di azioni concrete che favoriscano il protagonismo delle donne come leader nel mondo del lavoro e non come consuete vittime di episodi di cronaca nera.

Punto di partenza è la constatazione che, nell’anno 2020, anche le donne lucane hanno subito pesantemente le conseguenze delle difficoltà pandemiche. Aumento del numero delle donne in povertà assoluta, della disoccupazione femminile e del numero delle donne costrette a lasciare il posto di lavoro a causa dell’emergenza sanitaria è il quadro che ne emerge oggigiorno, evidenziando la necessità di nuove politiche di welfare nazionali e regionali.

Del resto, la questione di genere, in Italia, è stata trattata, a partire dall’emergenza Covid, a parole come una priorità, ma mai concretezza effettiva.

Nel caso specifico della Basilicata, questo viene attestato dalle ultime stime Istat disponibili a livello regionale, le quali, rilevando un tasso di occupazione femminile (15-64 anni) pari al 37,7% nel 2019, rispetto al 35% del 2008 e ad una ulteriore riduzione del 2,4% nel primo semestre 2020, in confronto ad un tasso di occupazione maschile del 51,4%, mettono in evidenza il grande squilibrio esistente nel mercato del lavoro lucano.

Quali sono le cause di una tale discriminazione retributiva e professionale?

La debole capacità contrattuale delle donne e un modello culturale e sociale inadeguato ne costituiscono ancora oggi la causa principale. A pesare maggiormente nel valutare l’assunzione di una lavoratrice incidono, in primis, l’età fertile della donna e il timore che gli impegni famigliari, a partire dalla cura dei figli e/o degli anziani, possano entrare in conflitto con gli interessi aziendali.
E’ evidente che i timori di marginalizzazione abbiano influito molto negativamente sull’andamento delle nascite.

Tale emergenza, fortemente accentuata anche a livello nazionale, deve essere affrontata al più presto per garantire il futuro della società, a partire dalla disponibilità della forza lavoro necessaria all’economia e dalla sostenibilità del sistema previdenziale.

C’è dunque un percorso da costruire nella politica, nelle istituzioni, nella società e nel privato. Bisognerebbe infatti intervenire in primo luogo sul costo del lavoro femminile, almeno in via transitoria, per consentirne una riduzione tramite decontribuzione. Siamo ancora lontani da strumenti normativi che favoriscano e rendano effettiva la conciliazione famiglia-lavoro. Sarebbe interessante effettuare, almeno nelle imprese più significative che hanno realizzato accordi di welfare, un monitoraggio per verificare se le intese hanno prodotto anche un miglioramento nel trattamento retributivo delle lavoratrici.

Occorre ripensare, inoltre, le politiche attive del lavoro per le donne delle varie fasce d’età, che prevedano una formazione continua, “long-life learning”, un reskilling delle competenze per coloro che, magari dopo una maternità, intendano rientrare nel mercato del lavoro. Così come occorre rivedere il funzionamento dei centri per l’impiego in un’ottica di genere ed evitare che lo smart working diventi una forma di lavoro riservata alle donne, diventando una forma implicita di discriminazione.

La parità di genere non va trattata solo come questione di equità sociale e coesione; è soprattutto questione di ammodernamento del Paese. A tal fine occorrerebbe una valutazione di impatto di genere su tutte le leggi, i decreti, i provvedimenti sia regionali che nazionali, così da analizzare ciascuna norma in base all’impatto che avrà sulla riduzione delle discriminazioni. Ma per svolgere questa analisi servono dei funzionari valutatori adeguatamente formati.

Le disuguaglianze di genere possono essere superate solo operando simultaneamente su istruzione, formazione, legislazione, strategie aziendali, servizi sociali e tutti gli altri aspetti che le generano.

 

 

 



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