IL LAVORO FEMMINILE IN ABRUZZO

IL LAVORO FEMMINILE IN ABRUZZO

Studio e proposte

“Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto”.
(O. Wilde)

Le Nazioni Unite e la Commissione Europea hanno assunto da tempo impegni significativi al fine di ridurre gli squilibri di genere. Ciò nonostante, i progressi verso la parità di genere, nel mercato del lavoro in generale e con riferimento a incarichi e posizioni apicali delle donne nel teatro economico e politico, viaggiano a ritmo lento e scoraggiante.
Eppure, la presenza delle donne nei ruoli decisionali si traduce in migliori performance economiche, finanziarie e di sostenibilità per le imprese, ma anche in un’agenda politica più incline ad assegnare centralità alla spesa sociale e all’istruzione.

In Abruzzo le donne che lavorano, sul totale della popolazione femminile, sono meno del 50% (48,9%), al di sotto la media italiana, che è del 52,5%, la quale è, a sua volta, 14 punti percentuali più bassa di quella europea (66,5%) [Report occupazione 2020 – Open Polis].
Un fenomeno che assume connotazioni più gravi nell’era Covid. “Durante la fase di emergenza coronavirus a pagare il costo più alto sono state le donne: il 76% dei richiedenti congedo Covid sono state donne, di cui il 58% nella fascia di età fra 35 e 44 anni. Alle donne sono andate il 51% delle erogazioni nella categoria delle partite Iva e collaborazioni; stessa quota nel settore del turismo” (Laura Tinari, presidente Giovani Imprenditori della provincia dell’Aquila – ANSA).

Aumentare il tasso di occupazione è il primo degli obiettivi e punto di partenza verso la conquista di una effettiva parità di genere, tuttavia, anche la sorte delle occupate è mal segnata, per divario salariale e per bassa presenza ai livelli di responsabilità: le donne lavorano con contratti meno stabili, per motivi spesso legati alle possibili maternità o alla presenza di prole. Un quadro negativo a cui si aggiunge oggi il rischio dell’aumento delle dimissioni delle lavoratrici madri, portato dalla chiusura delle scuole e dalla paura del contagio: “Non è un caso che il 73% di tutte le dimissioni e risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro proviene dalle madri lavoratrici” (Monica Brandiferri Consigliera di Parità della Provincia di Teramo – Ekuo News).

La sfida da affrontare sarà quella di liberare il potenziale ancora di fatto inespresso delle donne, madri e non, e proprio da esse far ripartire il mondo del lavoro, fornendo know-how e strumenti efficaci per una ripartenza libera dalle discriminazioni.

Le donne, che pagano già l’alto prezzo del dissenso sociale, della discriminazione salariale e della precarietà contrattuale, sono peraltro prevalentemente occupate nei settori più esposti alla crisi economica, quali commercio e servizi: nella classifica delle perdite 2020 delle regioni, l’Abruzzo si pone però all’ottavo posto, con un calo del lavoro femminile pari al -3,3% nel terzo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.
L’empowerment femminile è un tema centrale per la ripartenza: sarà importante promuovere l’assunzione di risorse femminili e soprattutto la loro progressione professionale senza che il fatto d’esser madri di figli minori possa in alcun modo costituire ostacolo, ed anzi divenire valore aggiunto.
Con l’obiettivo di garantire uguali condizioni e prospettive di vita e di lavoro a tutti i cittadini, occorre individuare iniziative volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono un’effettiva parità, promuovere interventi finalizzati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, alla condivisione delle responsabilità di cura familiari, alla qualificazione dell’occupazione femminile nonché a migliorare il sistema di welfare territoriale a vantaggio dell’intera popolazione, permettendo così alle lavoratrici l’accesso al mondo del lavoro senza sacrificio del ruolo di madre.

A tal fine, senza pretesa di esaustività e nella consapevolezza che nessuna iniziativa possa generare effetti se disgiunta da un impianto valoriale e culturale rinnovato e volto a sradicare stereotipi obsoleti, si propone di:

– favorire e incentivare la nascita di campus pubblici per consentire ai bambini di svolgere in ambienti protetti ed aggreganti attività extra scolastiche nelle ore pomeridiane (attività sportive, laboratori creativi, corsi di lingua), anche attraverso convenzioni con strutture sportive e centri limitrofi, usufruendo di servizi di trasporto allo scopo istituiti;

– favorire la nascita di asili nido aziendali e interaziendali;

– istituire corsi di formazione specifica rivolti a imprenditrici e libere professioniste, per l’acquisizione ed il miglioramento delle competenze digitali e lo sviluppo delle soft skill, individuando indicatori di prestazione per la verifica dell’avanzamento nelle attività di impresa e professionali, rispetto agli obiettivi fissati;

– promuovere nel territorio regionale, in forma diffusa, regolamentata, riconosciuta e dunque tutelata, modelli di welfare sociale, di cittadinanza attiva, di mutuo aiuto: come la “Banca del tempo”, un “istituto di credito sociale” che, in caso di bisogno o di emergenza, garantisce sempre supporto fidato senza necessità di utilizzare danaro; uno scambio reciproco, baratto delle più svariate competenze che rendono il quotidiano più gestibile e corresponsabilmente valido;

– favorire l’inserimento nelle scuole di percorsi formativi volti ad innescare fin dall’età scolare processi di autostima per sradicare gli stereotipi di genere;

– avviare ed incrementare nuovi bandi per l’imprenditoria femminile, in favore di chi vuole iniziare a fare impresa ma anche di chi vuol vedere la sua azienda crescere, e favorire la promozione di incubatori per le start-up femminili.

Per sostenere le donne lavoratrici e madri, o aspiranti madri, è necessario orientare le misure ad un obiettivo preciso: consentire loro di lavorare e gestire la famiglia senza dover necessariamente scegliere.



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