IL VENETO E LO ZERO POLLUTION ACTION PLAN DELLE RISORSE IDRICHE

IL VENETO E LO ZERO POLLUTION ACTION PLAN DELLE RISORSE IDRICHE

Una delle sfide essenziali per garantire un futuro a territorio, ambiente e società è rappresentato dalla gestione oculata ed efficiente della risorsa idrica.

L’acqua è un bene comune e una risorsa limitata che deve essere protetta e utilizzata in maniera sostenibile e responsabile, in termini sia di qualità che di quantità.
Tuttavia, il suo utilizzo in un’ampia gamma di settori genera disequilibri evidenti, tanto che nel 2012 la Commissione europea ha lanciato il ‘Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee’, una strategia a lungo termine volta a garantire un approvvigionamento idrico adeguato dal punto di vista qualitativo per tutti gli usi legittimi, migliorando l’attuazione della politica europea sulle acque, integrando gli obiettivi della politica sulle acque all’interno di altre politiche settoriali e colmando le lacune del quadro esistente. Tale Piano prevede lo sviluppo, da parte degli Stati membri, di una contabilità delle risorse idriche e di obiettivi di efficienza, nonché la definizione di standard europei per il riutilizzo delle acque, basandosi su un approccio olistico incentrato sugli ecosistemi, secondo criteri di solidarietà e salvaguardia non solo ambientale ma anche delle aspettative e dei diritti delle generazioni future.

Esiste infatti sul territorio un sistema di opere che interagiscono tra loro (opere di captazione, di adduzione, di distribuzione, di raccolta, di depurazione e di scarico) atte al raggiungimento di un unico obiettivo finale, garantire ai cittadini piena e sicura disponibilità di un prodotto indispensabile quale l’acqua potabile, nonché il suo riutilizzo dopo il primo uso. Condizione fondamentale per raggiungere efficacemente tale obiettivo è la gestione unitaria degli acquedotti, delle fognature e degli impianti di depurazione, che, pertanto, devono essere considerati come momenti successivi di un unico percorso di uso dell’acqua, chiamato appunto ‘ciclo integrato dell’acqua’.

Già con l’entrata in vigore della l. 5 gennaio 1994, n. 36 («Disposizioni in materia di risorse idriche») (ora abrogata dal d.lg. n. 152 del 2006) si era avviato un complesso e articolato processo finalizzato a ottenere una riorganizzazione territoriale e funzionale di recupero dell’organicità nell’ambito della gestione dei servizi idrici e superamento della frammentazione delle gestioni, perseguendo un riordino delle stesse su una base territoriale e attivando modelli gestionali che assicurino adeguati livelli di efficienza, efficacia ed economicità.

In Veneto l’acqua è distribuita da circa 900 reti di acquedotto e ha origine per il 90% da pozzi e sorgenti, mentre il restante 10% proviene da acque superficiali, come fiumi, canali e dal lago di Garda.
Al fine di dare pratica attuazione a livello regionale ai principi espressi dalla l. n. 36 del 1994, la Regione Veneto aveva approvato l’Istituzione del ‘Servizio Idrico Integrato’ e individuato gli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), in considerazione delle realtà territoriali, idrografiche e politico-amministrative della Regione.
La Regione è stata suddivisa in otto A.T.O. regionali e un A.T.O. interregionale tra Veneto e Friuli Venezia-Giulia.

Con l’entrata in vigore della l. reg. n. 17 del 2012, pur venendo confermata la suddivisione territoriale nei succitati ambiti ottimali, è stata data una nuova veste all’organizzazione dei soggetti preposti al governo del ciclo integrato dell’acqua, prevedendo la sostituzione delle Autorità d’Ambito con i Consigli di Bacino, operativi dal 2013 che si avvalgono dei ‘Gestori del S.I.I.’ – società a capitale pubblico.

Inoltre, dal 2019 in Veneto è operativo il Centro RIVE – Risorse Idriche Venete, che si propone come nuovo punto di riferimento per il monitoraggio e la ricerca sui sistemi idrologici, in particolare sugli acquiferi sotterranei del Veneto centrale.
Il Centro RIVE ha sede a Carmignano di Brenta e ha come finalità quella di offrire la migliore conoscenza tecnico-scientifica disponibile a supporto delle Istituzioni e degli Enti che sono incaricati della gestione del Servizio Idrico e della salute pubblica: non solo i gestori del servizio, quindi, ma anche Ulss, Università, altri centri di ricerca sicuri del fatto che le dinamiche di interscambio rappresentano un punto di forza per società analoghe e che hanno interessi coincidenti.
Si tratta in buona sostanza di un nuovo presidio nel territorio e per il territorio svolto con un lavoro di squadra.

La nascita di tali organismi e altri a seguire è dipesa soprattutto dal fatto che negli ultimi trent’anni sono emerse numerose criticità che hanno interessato i sistemi idrologici del Veneto, dimostrandone l’estrema vulnerabilità.
Basti pensare all’inquinamento da PFAS sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroacrilici, una famiglia di composti chimici ampiamente utilizzati dall’industria. Per semplificare, si tratta di acidi molto forti, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione e che, come noto, sono particolarmente presenti nel territorio di più di trenta comuni veneti dal 2013. Le ricadute legate alle PFAS rischiano di diventare uno dei più grandi disastri ambientali che coinvolge le acque potabili, di falda e superficiali. Urgono azioni non più rinviabili, perché l’acqua è un bene primario che va tutelato e difeso insieme all’ambiente e alla salute dei cittadini, tutti elementi imprescindibili sui quali il Paese dovrà misurarsi anche con il Piano Nazionale di ripresa e resilienza.

Ci si attende un deciso cambio di passo da parte delle Istituzioni e misure davvero concrete che, a partire da più angolazioni, puntino al risanamento ambientale, perché l’acqua è indiscutibilmente un bene primario e comune da difendere.
La vera transizione ecologica parte anche da qui.
Per questo, oggi occorre tornare a ribadire l’impellenza di interventi celeri e tempestivi, sia a livello nazionale sia a livello regionale.
Tra le prime cose da fare c’è senz’altro quella di stabilire limiti normativi stringenti per le sostanze come PFAS o di medesima matrice nell’ambito dei processi produttivi, sino al raggiungimento di zero emissioni. È soprattutto l’eliminazione di queste sostanze e dei suoi derivati dai processi produttivi il punto nodale sul quale focalizzare l’attenzione e che tra l’altro costituisce l’unico modo per dare concretezza allo ‘Zero Pollution Action Plan’ presentato recentemente dalla Commissione europea: prevenire l’inquinamento alla fonte garantendo la completa tutela della salute e della biodiversità del nostro Pianeta. Percorrere altre vie sarebbe mero palliativo.



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