La riforma carceraria: emergenza dimenticata

La riforma carceraria: emergenza dimenticata

76 i suicidi nelle carceri italiane da inizio anno, il numero più alto dal 2009. In aumento anche i casi di tentato suicidio sven-tati grazie all’intervento tempestivo della polizia penitenziaria, e gli atti di autolesionismo.

Peggiorano le condizioni dei detenuti, come riferito dal XVIII Rapporto Antigone: celle anguste condivise con troppe per-sone, spazi ridottissimi, inadeguate condizioni igieniche, schermature alle finestre che impediscono l’ingresso di luce naturale. Mancano, poi, aree verdi per i colloqui visivi estivi, personale adeguato e direttori.
Moltissimi istituti penitenziari presentano un tasso di affollamento superiore al 150%, con picchi di oltre il 190%.
Numeri e percentuali allarmanti, che non possono più essere ignorati.
Tutto questo non può non incidere fortemente sulla tenuta psicofisica dei singoli.

In linea con i precedenti comunicati, Meritocrazia Italia torna a ribadire l’assoluta necessità di una rivisitazione dell’attuale sistema penitenziario, perché sia presto avviato e portato a compimento il percorso di ‘umanizzazione’ del carcere.
La riforma carceraria deve tornare ad essere una priorità. Il bilanciamento tra istanze punitive e la funzione rieducativa e riso-cializzante della pena passa sempre per la garanzia della dignità dell’individuo.

In questo senso, Meritocrazia reputa indispensabile:
– garantire supporto psicologico individuale e di gruppo costante a tutti i detenuti, anche al fine di favorire l’instaurazione di un rispettoso rapporto di convivenza e condivisione, e trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza;
– garantire supporto psicologico individuale e di gruppo costante anche al personale addetto alla sorveglianza e alla sicurezza, che con i detenuti condivide una realtà difficile;
– assicurare maggiore possibilità di contatti visivi e telefonici con i familiari, per alleggerire il senso di abbandono e solitudine che l’isolamento forzato porta inevitabilmente con sé;
– incentivare progetti che valorizzino le soft skill di ogni individuo, per favorire il reinserimento nella società;
– stipulare accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e dell’industria per favorire inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale;
– incentivare i progetti educativi e sociali capaci di ridurre i rischi della devianza, valorizzando esperienze virtuose già in essere;
– programmare un piano di ristrutturazione delle carceri esistenti, che preveda la modernizzazione di aule scolastiche, biblio-teche, spazi comuni, attrezzature sportive, strutture per lavoro infra murario e strutture sanitarie interne, anche con il recupero e la riconversione di edifici dismessi;
– incrementare la dotazione organica, soprattutto il personale medico;
– intervenire in maniera incisiva sulle misure alternative alla detenzione, ampliandone l’ambito di applicazione e rafforzando le strutture territoriali di sostegno e controllo, dagli Uffici Esecuzioni Penali distrettuali, ai Servizi Sociali, alle Forze dell’Ordine;
– riassegnare effettività alla ‘presunzione di innocenza’, importante principio di civiltà, che, fatta salva la sussistenza dei presupposti richiesti dal Codice di rito, rende la misura cautelare custodiale in carcere l’extrema ratio, alla quale ricorrere solo ed esclusivamente nei casi in cui non siano effettivamente possibili altre soluzioni meno afflittive;
– riadeguare il sistema delle misure cautelari alle concrete esigenze di prevenzione e giustizia, sgomberando il campo da pericolose derive.

Stop war.



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