LAZIO: COME SCOMMETTERE SULL’OCCUPAZIONE FEMMINILE

LAZIO: COME SCOMMETTERE SULL’OCCUPAZIONE FEMMINILE

Viviamo in un mondo sbilenco, dove i talenti
delle donne non sono sfruttati appieno
(Erica Jong, 2005)

L’impatto dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, sul mondo ed a livello nazionale, è netto ed ha generato una crisi economico-occupazionale drammatica e senza precedenti.

Secondo i dati forniti nel dossier “Lavoro e situazione economica del Lazio di fronte alla pandemia” redatto dalla Uil Lazio in collaborazione con l’istituto di ricerca Eures, si è assistito, infatti, ad una contrazione del Pil del 10%.
Circa 88mila persone sono rimaste senza lavoro (l’occupazione è diminuita del 3,7%), mentre sono il 64,2% in meno i nuovi rapporti di lavoro che si sono creati durante l’anno.

Sono proprio le donne ad essere state maggiormente penalizzate.

L’occupazione femminile è scesa del 2,9%, rispetto al 2,7% di quella maschile.
In linea con i dati Istat, infatti, su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne.

Nello sconvolgimento economico-sociale di questo drammatico anno di pandemia si assiste alla She-cession, ossia, secondo il neologismo inglese, allo “stop” dell’economia al femminile.

Nel mondo del lavoro, infatti, in una tale situazione, così particolare per un Paese che, come altri, è stato impegnato a risolvere, principalmente, il problema dell’emergenza da Covid-19, le donne occupano ruoli sempre più precari e senza nessun tipo di garanzia.

A causa delle misure restrittive, il lavoro si è drasticamente ridotto.

I dati statistici sul lavoro forniscono un quadro desolante; nel corso del lockdown, i contratti sottoscritti dalle donne, nella regione Lazio, sono stati il 36% in meno rispetto all’anno 2019 e sono stati caratterizzati, sempre più, dalla flessibilità e dalla precarietà.
Le donne, nella maggior parte dei casi, svolgono lavori con contratti precari e part-time non volontari, non sono minimamente tutelate rispetto alla inevitabile discontinuità determinato da concrete difficoltà di conciliare la famiglia e l’attività lavorativa.

Il quadro, già critico, è aggravato dal fatto che vi è una scarsa rete di servizi per la prima infanzia, quindi le donne con figli minori frequentemente si trovano a dover rinunciare al lavoro a causa degli inevitabili carichi di cura (maternità e sandwich generation).

Come osserva la Professoressa Marcella Corsi, ordinaria di economia politica presso il Dipartimento di Scienze Statistiche della Sapienza Università di Roma, nonché coordinatrice di Minerva, Laboratorio di studi sulla diversità e le disuguaglianze di genere, “Le donne sono state confinate a casa dal telelavoro più frequentemente degli uomini, e questo ha fatto inevitabilmente aumentare i conflitti tra lavoro retribuito e quello non retribuito.
In particolare, tra prima e dopo il periodo di confinamento (lockdown), poco è cambiato nella divisione del lavoro all’interno dei nuclei familiari: il lavoro in casa e per i figli è aumentato per tutti, ma per le donne questo è avvenuto in misura maggiore”.

Come si rileva da ricerche svolte in altri Paesi europei, è necessario, in primis, in questo particolare momento storico, investire le risorse adeguate per aumentare l’offerta degli asili e favorire la “conciliazione”, tra vita privata e vita professionale, di entrambe le figure genitoriali.
Bisogna, inoltre, creare nuove opportunità di lavoro, conseguendo nuovi e più interessanti risultati occupazionali, secondo gli obiettivi auspicati e già delineati nel Programma Operativo Regionale (POR) FSE 2014-2020 in tema di promozione dell’occupazione, dell’innovazione, dell’istruzione e della sostenibilità ambientale.

Si necessita, in nome di una reale cultura dell’uguaglianza di genere e un vero cambio di mentalità, di rilanciare una sempre più crescente e fattiva partecipazione delle donne, rafforzando e tutelando le posizioni lavorative ricoperte nella nostra regione.

Investire sulle donne, sulle loro competenze, sulla loro energia ed empowerment, risulta inevitabile per cambiare davvero la situazione lavorativa femminile nel Lazio e in tutto il territorio nazionale. Colmare, infatti, il divario occupazionale che, separa le donne dagli uomini non è solo una battaglia di cittadinanza attiva, ma anche un cambiamento culturale, un’opportunità indispensabile per incrementare il mercato del lavoro e riavviare un’economia ormai frenata dagli effetti globali del virus.

L’approccio qualitativo, in revisione dei modelli culturali ed organizzativi attuali, è quello del gender sensitive, che mira a pensare alla donna non semplicemente come ad un mero fattore produttivo aggiunto ma ad un indispensabile e sistematico motore di cambiamento e miglioramento.

Per una società più inclusiva e sostenibile, il tutto deve tradursi, attraverso un impegno costante e coordinato sul territorio, in progetti regionali concreti scommettendo, per il prossimo futuro, sull’aumento consapevole della leadership femminile.

In tale ottica e in una visione nazionale ampia e di condivisione, sarà necessario implementare, nell’immediato, almeno le sotto-elencate azioni:
– svolgere, all’interno delle Istituzioni scolastiche di II grado attenti percorsi di orientamento per la scelta delle attività di lavoro, al fine di sostenere le ragazze, future donne-lavoratrici, nel tanto auspicato processo consapevole di miglioramento e di expertise;
 offrire servizi efficaci di accompagnamento a livello territoriale, sia per l’inserimento e la ricollocazione femminile nel mercato del lavoro, sia per garantire un fattivo supporto ai nuclei familiari (principalmente babysitteraggio ed agevolazioni per i figli disabili);
– organizzare costantemente incontri di formazione/informazione professionali all’interno dei luoghi di lavoro, al fine di far emergere, con naturalezza, le potenzialità, la qualità e le capacità individuali di ciascuna lavoratrice-madre;
– favorire, in una prospettiva di destrutturazione di tutti gli stereotipi, un’ampia ed oculata condivisione tra tutte le Associazioni, Aziende, Cooperative presenti nel Lazio, affinchè si possa sinergicamente creare una rete pubblica/privata dei servizi territoriali a sostegno e per la crescita delle donne lavoratrici;
– risanare i settori “al femminile” che sono stati principalmente colpiti nel corso dell’emergenza sanitaria, quali, nel Lazio, essenzialmente il turismo ed il commercio;
– implementare progetti imprenditoriali e di sostegno per l’inclusione economico-finanziaria delle donne in differenti settori lavorativi.



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