MI chiede di non arretrare sui temi della diversità, dell’equità e dell’inclusione

MI chiede di non arretrare sui temi della diversità, dell’equità e dell’inclusione

Negli ultimi anni, i temi della diversità, dell’equità e dell’inclusione – sintetizzati nell’acronimo DEI – sono stati al centro di numerose iniziative pubbliche e private, piani strategici aziendali e percorsi educativi. Allo stesso modo, il concetto di STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) ha ispirato molti programmi rivolti a colmare il divario di genere nelle discipline tecnico-scientifiche, sostenendo il coinvolgimento delle giovani donne in percorsi di studio e carriere in questi ambiti.

Oggi, tuttavia, si assiste a un progressivo arretramento nel dibattito pubblico. L’attenzione sembra essersi affievolita, come se si trattasse di questioni ormai superate o marginali. Ma i dati raccontano una realtà ben diversa.
Secondo McKinsey, anche nelle aziende che dichiarano di aver affrontato e superato il problema del gender gap, la presenza femminile nei ruoli apicali non supera il 26%. Catalyst rileva che il 73% delle donne sperimenta microaggressioni sul lavoro, ma meno del 10% dei colleghi maschi ne è consapevole. Secondo Deloitte, il 61% delle dipendenti ha valutato di lasciare il proprio posto negli ultimi dodici mesi a causa di ambienti percepiti come ostili o indifferenti.
Nonostante ciò, la percezione diffusa è che “non sia più necessario parlarne”. È il fenomeno noto come gender fatigue: una stanchezza emotiva e culturale che porta a minimizzare o ignorare le disparità ancora presenti, rendendo ancora più difficile affrontarle.

Si aggiunge l’omolesbobitransfobia, di cui gli ambienti di lavoro sono i terreni di coltura per antonomasia.
Secondo un’indagine Istat del 2022, circa una persona su tre (21mila intervistati in totale) riportava episodi di outing, ovvero di disvelamento non consensuale a terzi dell’orientamento sessuale, mentre particolarmente diffuso risultava il fenomeno delle micro-aggressioni (il 61,8% riferiva di avere subita almeno una da parte di persone dell’ambiente lavorativo). Le esperienze più frequenti riguardavano l’uso di linguaggio offensivo o dispregiativo, scherno, domande sulla vita sessuale, avance sessuali non gradite.

Il silenzio attuale rischia insomma di vanificare anni di impegno. Rischia di isolare chi si spende quotidianamente per il cambiamento e di scoraggiare le nuove generazioni dal riconoscere e affrontare le barriere, spesso invisibili, che ostacolano la piena partecipazione di tutti e tutte alla vita sociale ed economica del Paese.

Meritocrazia Italia vuole riportare al centro del dibattito pubblico e istituzionale l’importanza della DEI e delle STEM non come “etichette”, ma come strumenti concreti per costruire un futuro più equo, competitivo e sostenibile.
Occorre recuperare il meglio degli sforzi profusi e ripartire dal livello di consapevolezza raggiunto (assai superiore di quello di appena un decennio fa) per approdare, nei tempi consoni, a una società abbastanza matura da usare la DEI come lente attraverso cui interpretare la realtà.

Parlare di inclusione, oggi, non è esercizio retorico, ma dovere civico. Sostenere la partecipazione femminile nei settori strategici dell’innovazione e della conoscenza è scelta strategica per la crescita del Paese. Predisporre un ambiente di lavoro inclusivo e adeguato per tutti, a prescindere da sesso, tendenze o provenienza, significa dare concreta attuazione al principio di eguaglianza.

Stop war.



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