Modifiche al Codice Rosso: non ci si limiti a percorrere la strada della mera repressione

Modifiche al Codice Rosso: non ci si limiti a percorrere la strada della mera repressione

Si procede con nuovi interventi sul Codice rosso, con inasprimento delle pene già previste e introduzione di nuovi reati.
Una modifica era necessaria, ma non basta.

Il 2022 si è concluso con 120 femminicidi, dei quali 100 compiuti in ambito familiare e ben 62 a opera del partner o ex-partner. Nell’anno appena iniziato sono già 3 le donne uccise. A questi tristi numeri, va aggiunto il sommerso di un disagio mai denunciato: solo il 12% denuncia maltrattamenti, minace, violazioni della libertà e tentati omicidi.
Meritocrazia Italia insiste da sempre perché si operi sulla prevenzione, per ridurre al minimo le occasioni di violenza. Fondamentali sono campagne di sensibilizzazione, informazione e rieducazione. E, a tal fine, è fondamentale un’azione sinergica tra gruppi politici, servizi sociali, forze dell’ordine, magistratura, sistema sanitario e scolastico.

Si accoglie con favore la decisione di accelerare e semplificare l’iter di indagine per alcuni delitti, le cui notizie di reato saranno riferite dalla polizia giudiziaria al p.m. immediatamente e, in prima battuta, anche a voce. Tali modifiche anche sul piano investigativo e giudiziario consentiranno di ricorrere ad una sorta di ‘corsia preferenziale’ per gestire gli allarmi.
È essenziale, però, anche approfondire i problemi relativi al momento della denuncia o, meglio, della difficoltà di fare denuncia per una scarsa fiducia nella possibilità di essere assistite e tutelate nella fase successiva.

Per questo, Meritocrazia chiede:
– che siano adottate politiche integrate e strutturali coinvolgendo tutti i Ministeri e gli uffici competenti, per consentire alle donne di affrancarsi dalla violenza e affermare la loro libertà soprattutto attraverso un percorso di autonomia economica e lavorativa;
– che siano favorite una crescita qualitativa e quantitativa e una maggiore capillarità dei centri anti violenza sui territori, per una risposta più immediata e tempestiva (al riguardo il Pnrr potrebbe essere l’occasione da cogliere, ma si registra già un grave ritardo);
– che si proceda a una migliore distribuzione delle risorse economiche dedicate, a sostegno non solo della vittima ma dell’intera famiglia (il reddito di libertà, ideato per questo, non è stato sufficiente sia per i fondi esigui sia per il carattere temporaneo dell’intervento);
– che si investa in centri di ascolto, per intervenire su e con l’uomo maltrattante prima che la rabbia, l’aggressività, la violenza irrompano, non più controllabili, provocando le tragedie di vite distrutte;
– che si investa in case di comunità, destinate ad accogliere gli uomini autori della violenza fisica e/o psicologica per iniziare percorsi di recupero volti alla riabilitazione, anziché sradicare la vittima e i figli dal proprio ambiente per evitare il perpetrarsi del reato nel lungo periodo corrente tra la denuncia e l’adozione dei provvedimenti;
– che i consultori familiari lavorino meglio in sinergia con gli assistenti sociali dei comuni per una reale opera di prevenzione, attraverso un supporto adeguato alle famiglie da parte dei professionisti competenti (sono i presidi più importanti e dovrebbero essere i più capillari sui territori quindi anche su questo bisogna molto insistere soprattutto cogliendo l’opportunità del Pnrr);
– che siano istituiti percorsi formativi specifici, fin dal periodo universitario, per creare figure specializzate sia nel mondo giu-ridico che nelle forze dell’ordine, per poter accogliere con competenza le donne che, recuperando fiducia nelle istituzioni, trovano il coraggio di denunciare la violenza subita.

Stop war.



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