Nuova Politica Agricola Comune

Nuova Politica Agricola Comune

Luci e ombre

Dallo scorso 1 gennaio è entrata in vigore la nuova riforma di Politica Agricola Comune (da qui, PAC), con un tetto da 35 miliardi di euro per i prossimi 5 anni e con una platea preventiva di centinaia di migliaia di agricoltori pronti a presentare le proprie domande.

Gli obiettivi chiave sono incentrati su sociale, ambiente ed economia: garantire un reddito equo agli agricoltori; aumentare la competitività; migliorare la posizione degli agricoltori nella catena alimentare; agire per contrastare i cambiamenti climatici; tutelare l’ambiente; preservare i paesaggi e le biodiversità; sostenere il ricambio generazionale; sviluppare aree rurali dinamiche; tutelare la qualità degli alimenti e della salute; favorire la conoscenza e l’innovazione.

I target proposti sono di:
– supportare un reddito agricolo sostenibile;
– aumentare la competitività attraverso programmi di ricerca e innovazione, nuove tecnologie infrastrutture rurali, sistemi di consulenze efficienti e formazione continua per la gestione delle aziende;
– rafforzare la posizione degli agricoltori mediante un rafforzamento delle cooperazioni tra gli stessi, un aumento della trasparenza del mercato e una messa in atto di sempre più efficienti meccanismi per combattere le pratiche commerciali sleali;
– esplorare i rischi collegati ai cambiamenti climatici e il ruolo di rilievo che l’agricoltura può svolgere nell’attività di riduzione delle emissioni di gas serra, attraverso nuove tecniche di gestione agricola e del suolo;
– concentrarsi sulla tutela del suolo, la risorsa naturale più importante in quanto fornisce nutrienti essenziali, come acqua, ossigeno e supporto alle piante;
– affrontare la biodiversità, ponendo attenzione ai suoi legami con i paesaggi agricoli e le loro caratteristiche;
– individuare le esigenze dei giovani agricoltori, e le sfide che devono affrontare, delineando un sistema di sostegno mirato, al fine di stimolare in tal modo un ricambio generazionale ed incoraggiare il successo dei giovani agricoltori in questo settore;
– esplorare nell’economia rurale e osservare il sostegno al reddito e le spese per lo sviluppo rurale, per mantenere i tassi di occupazione e il tenore di vita;
– sfidare la resistenza antimicrobica nella zootecnia, e sugli stretti legami tra benessere degli animali, la salute degli stessi e le malattie di origine alimentare, nonché le azioni che possono sostenere gli agricoltori contro la resistenza antimicrobica;
– modernizzare l’agricoltore aumentando la cooperazione, la condivisione delle conoscenze e migliorare la formazione agricola.

Obiettivi importanti e ambiziosi.
Come per ogni nuovo progetto, anche in questo caso la possibilità di una concreta attuazione va verificata, rapportandola in primis con l’esperienza pregressa della PAC 2015-2022, valutandone le variazioni, le innovazioni, e le eventuali criticità nella realizzazione.

Un primo punto, che genera alcuni dubbi e sul quale occorre porre l’attenzione, è «il sostegno al reddito di base», che rispetto alla PAC che va in archivio viene quasi dimezzato, per sostenere azioni virtuose per clima e ambiente; il plafond di spesa destinato al pagamento di base passa dall’85,08% del 2022 al 48% del 2023, e l’unica possibilità di recuperare parte dei contributi è l’adesione al ‘Regime per clima e ambiente’, rappresentato dagli eco-schemi, che, se rispettati, consentono un incrementano dell’aiuto di un ulteriore 25%.

Quello degli eco-schemi è stato il capitolo sicuramente più dibattuto di questa PAC, e alla fine ne sono stati varati cinque, dei quali però il primo, ‘Benessere animale e riduzione antibiotici’, da solo assorbe il 41% di tutte le risorse, cioè 891 milioni di euro.
In base alla nuova Pac, dunque, dal 2023 non ci sarà più il pagamento greening, ma saranno introdotti i sostegni per gli agricoltori che applicheranno gli eco-schemi. Tra questi nuovi impegni, il più complesso da applicare e difficile da interpretare è l’eco-schema 4 sui sistemi foraggeri estensivi.
Quest’ultimo prevede che l’agricoltore si assicuri che, nell’avvicendamento biennale, vengano impiegate colture di leguminose e foraggere o colture di rinnovo, inserendo nel ciclo delle superficie almeno una coltura proteica o oleaginosa o una coltura di rinnovo. Sulle colture leguminose o foraggere non è consentito l’uso di diserbanti chimici e di prodotti fitosanitari. I residui delle coltivazioni vanno interrate, ad eccezione di quelli provenienti dalle aziende di zootecnia.
In questo avvicendamento vanno inseriti anche i terreni a riposo massimo 4 anni consecutivi.

E questo è solo uno dei 5 eco-schemi.
Viene spontaneo chiedersi se per gli agricoltori sarà davvero possibile aderire a questa PAC.
Gli impegni sono importanti e questo di sicuro porterà a un aumento dei costi di gestione, senza la sicurezza, però, che con i ricavi si riesca ad ammortizzarli e a realizzare anche un’utile di gestione.
Appare piuttosto evidente come la nuova normativa potenzialmente agevoli le grandi aziende, mentre il piccolo agricoltore molto probabilmente sarà costretto a rinunciare e ad optare per il pagamento base, ricevendo in tal modo esclusivamente l’aiuto minimo del 48% del totale aiuto spettante, al fine di sopportare costi di gestione inferiori e controlli minimi, atteso che il ‘Pagamento base’ viene concesso in base alla sola superficie derivante dal titolo di possesso.
Il progetto appare, a prima vista, destinato ad avere agricoltori con reddito basso, carenza di colture e diversificazione delle stesse, con una qualità alimentare non certo all’altezza del progetto che questa PAC dovrebbe attuare, e sicuramente non ne possono gioire i giovani agricoltori, visto che la loro percentuale resta al 2%, come negli anni precedenti, e l’accoppiata registra solo un +2,1%.

Secondo Coldiretti, il numero degli interessati è passato da 1,1 milioni del 2015 a 730 mila per l’anno 2022, e c’è molta incertezza per il totale dei potenziali percettori per quest’anno, visto che, con la nuova PAC, si rischia di perdere fino a 1.000,00 euro per ettaro, e molte incertezze sussistono anche in merito ai pagamenti che dovrebbero essere elargiti già nel mese di ottobre, e che con la vecchia PAC ammontavano a circa l’85% del contributo finale, mentre con la nuova si attestano solo sul 48%.

Positivo appare l’accorpamento dei contributi base con i finanziamenti per i capitoli specifici, al biologico, ai giovani, alla digitalizzazione; come positiva è da considerare l’informatizzazione del sistema con le piattaforme regionali e nazionali che interagiscono tra di loro.

Tuttavia, tanto necessita ancora di chiarimenti, anche in considerazione del regolamento (di circa 70 pagine) approvato nella conferenza tra Stato e Regione dopo lo scorso Natale, che richiede una lettura attenta ed approfondita

Insomma, la nuova riforma della PAC impegna gli agricoltori verso obiettivi decisamente ambiziosi.
Sotto il profilo ambientale viene chiesto loro di accelerare ulteriormente lo sforzo verso la riduzione della chimica in agricoltura e degli antimicrobici negli allevamenti.

In definitiva, se questo è l’aspetto positivo della normativa, che pone in primo piano la tutela dell’ambiente, resta sicuramente non trascurabile il fatto che la stessa finisce per penalizzare le piccole realtà agricole (perché distribuisce i contributi, non più in base alla produzione degli imprenditori agricoli, ma ai comportanti eco-sostenibili che verranno messi

in campo, che presentano costi non indifferenti), per le quali si sarebbero forse dovuti prevedere più importanti sostegni parzialmente sganciati dagli eco-schemi imposti.

È in ogni caso particolarmente apprezzabile la principale novità di questa PAC, data dall’introduzione della c.d. condizionalità sociale, che vincola la concessione dei pagamenti al rispetto delle norme relative alle condizioni di lavoro e di impiego dei lavoratori agricoli, incluse la salute e la sicurezza sul lavoro, per cui in caso di violazioni, gli imprenditori agricoli possono perdere in tutto o in parte le somme previste.
Questa condizionalità contribuisce, senza dubbio, a rendere il settore più trasparente e meno permeabile alle pratiche di sfruttamento del lavoro e mette la politica agricola in una posizione di avanguardia indiscutibilmente virtuosa rispetto a tutte le altre politiche.



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