Opere d’arte e vandalismo: per la tutela dell’ambiente, siamo api operaie, non cavallette

Opere d’arte e vandalismo: per la tutela dell’ambiente, siamo api operaie, non cavallette

Arte e ambiente sono sempre stati avvinti da un legame strettissimo, protrattosi senza soluzione di continuità nel corso dei secoli. Che si tratti dei Girasoli di Van Gogh, della siepe che «da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude», dei «cipressi che a Bolgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar», delle quattro stagioni o del lago dei cigni, da sempre gli artisti sono rimasti incantati e si sono lasciati ispirare dallo spettacolo della natura.
Oggi questo rapporto torna a far discutere, ma per una ragione diversa: le azioni vandaliche ai danni di opere d’arte, dichiaratamente rivolte a sensibilizzare la comunità sui temi ambientali.

Le proteste per la crisi climatica hanno un fondamento, perché portare all’evidenza dell’opinione pubblica una minaccia reale e urgente per il nostro Pianeta oggi è fondamentale. L’indifferenza generale di fronte a un’emergenza di tale portata porta a scegliere modi “forti” per farlo. Ma la protezione di alcuni beni comuni, clima e ambiente, non giustifica l’oltraggio a un altro, altrettanto prezioso, il patrimonio artistico e culturale, che appartiene a tutti.

Imbrattamenti, danneggiamenti, rimediabili o no, e altri atti di vandalismo non possono trovare legittimazione alcuna.
L’arte non si limita a ispirarsi alla natura e all’ambiente, cantandone le bellezze, ma indica anche le modalità migliori per preservarne intatta bellezza e armonia, fornendo gli strumenti per apprezzare, amare e vivere il mondo in tutta la sua bellezza, apprezzandolo e proteggendolo.
Non si può immaginare una vita umana al di fuori della natura, come evento esterno ed estraneo all’ambiente. L’uomo è parte integrante del contesto che lo circonda e, in quanto tale, è destinato a modificarlo e mutarlo con la sua attività.
In questo quadro, non c’è spazio per la violenza.

Le proteste degli ambientalisti sono doverose e condivisibili, ma portate avanti con metodi che hanno il solo effetto di farli apparire fanatici violenti, alienando loro simpatia e appoggio e distraendo dalla nobiltà dello scopo.
Si possono, e devono, trovare modi più creativi e costruttivi per sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici, con organizzazione di eventi pubblici, campagne di sensibilizzazione o collaborando con artisti per creare opere d’arte che veicolino il loro messaggio come ad esempio il murale realizzato nel quartiere di Porta Palazzo, a Torino, dallo street artist Mrfijodor. L’opera, che fa parte di Toward 2030. What are you doing?, progetto nato a Torino per diffondere con l’arte urbana i 17 Global Goals delle Nazioni unite. L’opera, che rappresenta un’enorme balena di rifiuti, racconta l’inquinamento dei mari perché «è lei per me a rappresentare la fragilità dell’ecosistema marino e a farsi portavoce dello sfruttamento distratto, eccessivo e miope da parte degli uomini» (Mrfijodor).

Sono queste le forme di protesta più efficaci per sensibilizzare l’attenzione sulla questione climatica e a favorire un dibattito costruttivo sul problema.

Stop war.



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