PRATICHE COMMERCIALI SLEALI IN AGRICOLTURA

PRATICHE COMMERCIALI SLEALI IN AGRICOLTURA

Problema e soluzione

Il 5 novembre scorso il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto legislativo che recepisce la direttiva 633/2019/UE per vietare le pratiche commerciali sleali utilizzate dai grandi acquirenti – GDO in particolare – nella filiera della catena alimentare.
Il provvedimento mira a rafforzare la posizione contrattuale della parte contrattuale più debole, fissando criteri idenei ad assicurare un prezzo equo al produttore agricolo che subisce speculazioni gravose sul prodotto in campo che arriva alla tavola.
In media, sull’euro speso dal consumatore finale solo il 15% è destinato alla remunerazione dell’agricoltore e, nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti alimentari, frequenti sono state le pratiche commerciali contrarie ai principi di buona fede e correttezza ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte.

Negli ultimi anni, la sofferenza del mondo agricolo è stata aggravata da ritardi nei pagamenti e annullamenti di ordini dell’ultimo minuto per prodotti alimentari deperibili, da modifiche unilaterali o retroattive ai contratti fino al rifiuto dei contratti scritti o al divieto di pagare al di sotto dei prezzi di produzione.
Molto scalpore ha destato, anche, il meccanismo delle aste al doppio ribasso, pratica di acquisto cui alcuni gruppi della GDO ricorrono per assicurarsi la fornitura di diverse varietà merceologiche. Sui prodotti alimentari è stata molto in voga in diversi Paesi europei e anche in Nord America. Il Italia, in particolare, le aste al doppio ribasso sono state utilizzate per diversi prodotti, tra i quali passata di pomodoro, olio, caffè, legumi, conserve di verdura.
La partecipazione all’asta avveniva a seguito di una prima convocazione via e-mail da parte della GDO, che chiedeva a tutti i fornitori di proporre un prezzo per la vendita di un determinato stock di merce e il fornitore aveva pochi minuti per competere, ribassando ulteriormente nel tentativo di assicurarsi la commessa. Nessun meccanismo legislativo regolava questo strumento di vendita e quindi nessuna tutela, o quasi, era assicurata al venditore. L’accaparramento dei contratti di fornitura ha comportato prezzi bassi per gli agricoltori, l’acuirsi dello sfruttamento dei lavoratori e l’aumento del fenomeno del caporalato.

Sfruttamento dei lavoratori, politiche di prezzo inadeguate e sprechi alimentari sono concause della ghettizzazione di tanti lavoratori del settore agricolo. Il recente intervento normativo, quindi, è quanto mai opportuno anche nel verso di garantire maggiore coesione sociale, riequilibrare la filiera alimentare, eliminando differenze di potere decisionale, con un’eguaglianza di capacità nella produzione di beni e della ricchezza e con una nuova consapevolezza da parte delle organizzazioni agricole e dei produttori.

La nuova normativa prevede, infatti, anche l’obbligo di stipulare contratti in forma scritta, riportandone la durata ad almeno dodici mesi e imponendo la presenza di precise indicazioni sul prezzo di cessione, che può essere fisso o stabilito in base a criteri specificati nel contratto stesso.
In merito ai ritardi nei pagamenti, in caso di mancato versamento entro trenta giorni per i prodotti deperibili ed entro sessanta per quelli conservabili, scattano le sanzioni e l’acquirente è tenuto a corrispondere al fornitore gli interessi legali oltre a quanto pattuito. È vietato anche l’annullamento da parte dell’acquirente di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con preavviso inferiore a trenta giorni, come sono vietate modifiche unilaterali del contratto e le clausole che obbligano il fornitore a farsi carico dei costi del deterioramento o della perdita di prodotti che si verificano nei locali dell’acquirente. La vendita dei prodotti, infine, non potrà mai avvenire al disotto dei costi di produzione.

Utile potrebbe essere anche la creazione di una piattaforma da parte dell’Autorità vigilante alla quale indirizzare le segnalazioni di illeciti o irregolarità di interesse generale, per garantire una rapida ed efficace tutela degli operatori agricoli e dei consumatori.



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