QUELLO STRANO MONDO CHIAMATO DISCOTECA

QUELLO STRANO MONDO CHIAMATO DISCOTECA

Dalla strage di Corinaldo alle multe in tutta Italia: un viaggio tra norme, divieti e regolamenti per i templi della movida notturna

Un anno fa la tragedia della Lanterna Azzurra: norme sulla capienza non rispettate, l’atto ancora impunito di qualche balordo con lo spray al peperoncino, le (non) responsabilità di Sfera Ebbasta e le responsabilità dei gestori della discoteca. Ma possono essere loro gli unici responsabili? Può un mondo così in evoluzione attenersi ancora a normative di vent’anni fa? Vedremo che non in tutta Europa la situazione è questa. Non siamo giocatori di scacchi, oltre al bianco e al nero esiste il grigio: solo venendosi incontro si possono mantenere discrete condizioni di sicurezza senza intaccare la funzionalità delle discoteche.

Era la notte dell’8 dicembre 2018, Lanterna Azzurra, locale storico della movida del centro Italia. La storia la conoscete: un gruppo di ragazzi, per gioco, per un gioco costosissimo, spruzza spray al peperoncino tra la folla di persone presenti per ascoltare Sfera Ebbasta, idolo di adolescenti e non. La gente presente è spaventata, urla, scappa: persone travolte, uscite di sicurezza intasate. Muoiono in sei (Emma Fabini, Asia Nasoni, Benedetta Vitali, Daniele Pongetti, Mattia Orlandi e una giovane mamma di 4 figli, Eleonora Girolimini). Il vero problema della tragedia di Corinaldo, che è anche l’argomento alla base di ciò che oggi andremo ad analizzare, riguarda la capienza della Lanterna Azzurra e le persone effettivamente presenti in quella disastrosa notte.

Le indagini hanno chiarito sì la situazione, lasciando però un alone di dubbio sulla vicenda: inizialmente si è parlato di circa 1400 persone presenti quella sera; la capienza originaria era di 871 persone, quella della pista centrale di 469 (qui si trovavano ammassati quasi tutti i partecipanti della serata); secondo ulteriori indagini, la licenza per quelle 871 persone venne falsificata, per cui, stando invece alla relazione di Costanzo di Perna, perito della procura, la capienza massima era di 255 soggetti. Numeri che fanno rabbrividire. Numeri che fanno arrabbiare. Un evidente tentativo di lucrare denaro non pensando ai rischi delle azioni commesse. Ma se questo è un caso dalla portata eccezionale, basta spulciare su internet per trovare casi su casi di multe, chiusure, denunce per proprietari di discoteche che non hanno rispettato la capienza.

Il problema è piuttosto semplice: come mai non viene rispettata la capienza dei locali adibiti a disco?

Questioni economiche?

Sì, ma non solo. Questioni di sopravvivenza di un’attività.

La legge italiana, su questo, è molto chiara: all’interno di una discoteca possono essere presenti 1,2 persone ogni mq, ad esclusione di guardaroba e/o uffici vari nei quali non possono sostare le persone. Ho una discoteca che escluso guardaroba ha un’estensione di 100 mq? Possono entrare 120 persone. Fate una prova: prendete un’area di 10 mq, fate venire 11 amici e sistematevi all’interno. Vi troverete larghi, comodi.

Il problema è che una discoteca, se ha persone che si trovano distanti tra di loro, vuol dire che sta proponendo una serata scarsa, di poco interesse. O che lo spazio è di dimensioni troppo elevate rispetto al target selezionato. Se vai allo stadio e vedi che c’è poca gente sugli spalti, non sei trasportato nel tifo come con uno stadio pieno, no? Se vai ad un ristorante che non conosci e vedi poca gente, non avrai una buona prima impressione, no? Se vai in piazza per manifestare e gli altri tuoi ‘compagni di viaggio’ si trovano ad un metro da te, non penserai che l’effetto della protesta sarà così efficace, no? In questo le sardine insegnano: 6000 persone, attaccate, danno un senso di unione che, a prescindere da ciò che rappresentano e dicono, fanno realmente impressione. Sono famose le foto a confronto delle piazze in USA per Obama e Trump. Una foto fa un effetto, l’altra ne fa un altro.

Per le discoteche, a maggior ragione, funziona allo stesso modo: più c’è gente, più hai la sensazione che la serata piaccia, più ti diverti. La necessità di avere tante persone in pista non è solo del gestore della serata, ma è necessità anche dei partecipanti stessi. Questo è il motivo principale per cui le inaugurazioni delle discoteche presentano spesso ospiti o temi accattivanti: se vado in una serata e vedo che c’è poca gente è difficile che mi ripresenti. Se altri la pensano come me, la serata dopo poche notti chiude. Se vado in una serata e vedo tante persone come me, anche la qualità della serata stessa passa in secondo piano: magari riesci ad andare oltre ad un dj che mixa fuori tempo se l’atmosfera creata è quella giusta.

Per fare un esempio, uno spettatore non tifoso X andrà a vedere la Fortitudo anche se la squadra perde sempre, perché avverte l’aria che si respira nella curva bolognese, la gente che canta, i cori: l’atmosfera fa la differenza.

Se però sali su un autobus, e l’autobus è troppo pieno, potresti innervosirti: est modus in rebus, direbbe Orazio.

Un ragazzo è felice di andare ad una serata se vede la pista piena, ma non se vede una pista in cui non si respira.

Per questo motivo potrebbe essere arrivato il momento di rivedere il celebre d.m. 19 agosto 1996 sull’affollamento massimo.

Ebbene sì: più di vent’anni fa.

E il mondo delle discoteche è un mondo notevolmente diverso da quello odierno. Eravamo agli inizi della dance, oggi troviamo decine di generi di musica elettronica. Parlavamo di vinili, oggi di chiavette USB. Parlavamo di un mondo ancora poco esplorato dai ragazzi: oggi parliamo del loro resort del sabato sera. E anche il fattore musicale non è da sottovalutare: con l’esplosione dei generi latini, reggaeton, moombathon, dancehall, dembow e vari, si è passati ad una concezione più ‘passionale’, più ‘sensuale’ del ballo. E vi posso assicurare che essere passionali da distanti può essere complicato.

Alessandro Batisti della Confesercenti ci ricordava già nel 2001, su Repubblica, di come in altri Paesi europei le norme sulla capienza fossero un po’ più ‘morbide’: in Francia, per esempio, la legge parla di affollamento massimo quando si hanno 2 persone per mq.

Senza volerci avventurare in un discorso politico, la Flat Tax per l’economia (e non stiamo parlando di giusto o sbagliato) dice chiaramente: io ti metto un’aliquota fissa, ti vengo incontro perché abbasso la quota di ciò che mi devi come Stato, ti levo tanti problemi di mera burocrazia e facilito i pagamenti; tu, intanto, sei più facilmente riconoscibile, se non paghi e se ti scopro ti faccio chiudere. Questa potrebbe essere una soluzione per ciò che riguarda la capienza delle discoteche: uno Stato che viene incontro ai locali, aumentando quello che ad oggi è un limite che mai viene rispettato per necessità di proprietari e consumatori, può indurre un gestore a non voler rischiare la galera per poche persone in più e a stare nei ranghi.

Il problema, come sottolinea Lele Nitti di Ufficio K, uno dei promoter che organizza concerti e dj-set di Sfera Ebbasta, è che la legge dice ‘rispettate le norme e le regole’ senza però capire realmente di cosa si tratta e senza calarsi nei panni di un proprietario. Io istituzione dovrei dire: caro gestore, ti incentivo affinché tu rispetti le regole. Inserisci un’uscita di sicurezza in più nel tuo locale ogni tot mq e potrai fare entrare due persone per ogni mq. È un esempio, ma efficacia di una serata e sicurezza della stessa non possono correre per vie traverse. Devono avvicinarsi, trovare un’intersezione, perché altrimenti succede ciò che non vorremmo mai succedesse. Chiunque di noi poteva trovarsi lì, in quel momento in quel locale. Ma per impedire casi di questo tipo non si può soltanto fare controlli continui e multare, chiudere, sbarrare: servono soluzioni efficaci, altrimenti è un gatto che si morde la coda.

In conclusione, voglio sfatare qualche tabù sui locali: si parla di minorenni in coma etilico in uscita dalle discoteche. Vero, ma nessuno pensa che magari quel ragazzo possa aver bevuto fuori o che ancor peggio un maggiorenne possa avergli preso un drink alcolico al suo posto.

Si parla di droghe all’interno dei locali e si dà la colpa alle discoteche: a nessuno viene però in mente che il problema non è portare droga in pista (i buttafuori non sono autorizzati per legge a perquisire i ragazzi), ma è vedere gente spacciare per strada, nei giardini, a scuola.

Il mondo delle discoteche è un mondo spesso demonizzato dall’opinione pubblica. La mia opinione personale sui locali, che è pienamente positiva, conta poco. E conta poco l’opinione di tutti: contano i fatti. E i fatti parlano di nuovi club che aprono, format italiani, ospiti, i fatti parlano di un mondo in crescita. Un mondo che dà lavoro a migliaia di persone, fotografi, barman, vocalist, deejay, security, tecnici, addetti alle pulizie, guardarobiste, camerieri, grafici, organizzatori di eventi, direttori artistici, ballerini.

Un mondo che può però essere pericoloso, rischioso: Lanterna Azzurra insegna. Ma non un mondo che va ostacolato: va garantita la massima sicurezza, le più basse probabilità di incidenti senza però compromettere la qualità di una serata. Questa è la sfida da raccogliere: migliorare la sicurezza senza peggiorare quella che è la movida. Perché è sempre meglio un ragazzo in più a ballare che un ragazzo in strada nel ‘mood distruzione’.

È sempre meglio un ragazzo che balla, che si diverte, che canta, che ama la musica, che ama l’arte.

Dopo Corinaldo, non si può far più finta di niente: è arrivato il momento di mettersi a tavolino e migliorare, aggiornare quelle norme ormai ventennali.

Sarà banale dirlo, ma i tempi sono cambiati. La dance pure.

Di ANDREA VACCARELLA – [DIPARTIMENTO GIOVANI]

 

[Immagini da Pixabay]



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