RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: DATI E PROSPETTIVE

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: DATI E PROSPETTIVE

Con la l. 26 novembre 2021 n. 206, il Parlamento ha approvato la legge delega sulla riforma del processo civile. Entro un anno saranno emanati i decreti attuativi che conterranno ovviamente le scelte di dettaglio da approvare.
Via libera, quindi, alla riforma che si propone di ridurre del 40% la durata dei processi civili entro il 2026: questo l’impegno assunto dal governo Draghi con l’Europa nell’ambito del PNRR.
In sintesi estrema. Il percorso delineato si avvia con lo scopo di un primo grado calendarizzato che porti entro 90 giorni all’assunzione delle prove. Non si prevedono più udienze ad hoc per precisazione delle conclusioni e per il giuramento del consulente tecnico. Il progetto prevede, inoltre, l’assunzione, a tempo determinato, di 21.000 assistenti, che andrebbero a costituire il c.d. Ufficio del processo, anche in Cassazione.
Ulteriore momento qualificante della legge di delega è rappresentato dall’intento di puntare sui riti alternativi per cercare, in chiave decongestionante, di comporre le controversie al di fuori dei tribunali. Il pacchetto comprende numerosi interventi anche in ordine alla procedura esecutiva e al rito del lavoro che si accinge ad abbandonare definitivamente il doppio binario introdotto dalla legge Fornero.

Il sistema amministrativo del Paese, già da molti anni è informato al principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Per realizzare l’interesse pubblico, ci si conforma ai criteri delle tre ‘E’: efficacia, efficienza ed economicità.
Mentre l’efficienza è generalmente definita come il rapporto tra la produzione e la quantità di fattori produttivi utilizzati, l’efficacia misura il rapporto tra i risultati ottenuti e quelli auspicati.
Pur esistendo alternative tecniche e diversi indicatori utilizzabili per misurare l’efficienza e l’efficacia di un sistema giudiziario, gli osservatori si concentrano principalmente su durata dei procedimenti (performance); pendenze e arretrati; e indicatori di ‘giusto processo’ (qualità del sistema).
Alla atavica e generalizzata litigiosità si può, sicuramente ascrivere una parte considerevole delle criticità odierne.
Recentemente – anni 2014/2019 –, si è registra una modesta accelerazione dello smaltimento del pregresso con riduzione del ricorso sistematico alle aule di giustizia. Permangono, tuttavia notevoli difficoltà di eliminare le pendenze del passato.

Le criticità irrisolte appaiono ascrivibili ad alcune caratteristiche dell’organizzazione giudiziaria, non tanto con riferimento alla disponibilità delle risorse (finanziarie e umane) quanto rispetto al loro utilizzo (organizzazione uffici). Ciò evidentemente incide sulla produttività e sulla qualità del servizio offerto.
La giustizia italiana, pur godendo di una discreta reputazione internazionale in termini qualitativi, boccheggia rispetto ai tempi di definizione dei procedimenti.
Una giustizia lenta è per tutti penalizzante e, nel lungo periodo, assume i connotati dell’ingiustizia.
Se in ambito penalistico realizzare una giustizia lenta significa vanificare la sanzione, o riconoscere tardivamente l’innocenza, in ambito civilistico la giustizia lenta si trasforma in un diniego del diritto, con ulteriore pregiudizio di chi ha subito un torto ingiusto.
Il Ministero della Giustizia italiano ha realizzato un moderno sistema di datawarehouse che permette la misurazione della durata effettiva di tutti i singoli procedimenti trattati. Questo meccanismo consente una dettagliata disamina sulla segmentazione della tempistica: per materia, per ufficio, ma anche per specifiche e distinte fasi del processo.

Si impone a questo punto una riflessione in ordine ai procedimenti pendenti, cioè quelle vertenze che non hanno ancora completato il rispettivo iter con un provvedimento decisorio (decreto, sentenza ecc.).
Le pendenze possono essere fisiologiche, cioè cause e processi avviati di recente, caratterizzate dalla possibilità di una ragionevole conclusione tempistica, e pendenze patologiche, cioè quell’arretrato, non risolto entro i termini previsti dalla legge, e a rischio di risarcimento allo Stato per la sua irragionevole durata (cosiddetti procedimenti ‘a rischio Pinto’).
L’anno 2020, a causa della pandemia, ha assunto un connotato speciale.
Enormi difficoltà strutturali hanno indotto il governo ad adottare provvedimenti molto drastici sull’andamento dell’attività giurisdizionale.
La giustizia ordinaria ha registrato la sospensione dei termini processuali e il blocco delle udienze da marzo a maggio 2020.
Solo con l’attenuarsi della fase più acuta della pandemia, sono stati prodotti interventi normativi che hanno consentito la ripresa delle attività nel rispetto delle misure sanitarie di tutela degli operatori e degli utenti.

In riferimento a tutti gli uffici giudiziari nazionali, nel periodo 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020, è stato registrato un significativo decremento (superiore al 10%) del numero dei procedimenti sopravvenuti, sia nel settore civile che in quello penale (dati forniti dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Ministero della Giustizia).
In ordine ai procedimenti pendenti si registra, nel settore civile delle giurisdizioni di merito, una leggera flessione (- 0,9% rispetto all’anno precedente), mentre per l’ufficio del giudice di pace si assiste ad un incremento del 2,9%;
Dinanzi alla Corte di Cassazione si è determinato un incremento delle pendenze, anch’esso dovuto alla sospensione delle attività per un significativo lasso di tempo (+ 5,6%).
Tale incremento è stato incisivamente ridotto nel corso del secondo semestre del 2020.

A fine 2020 negli uffici giudiziari risultavano in servizio 9.100 magistrati ordinari, oltre a 269 magistrati in tirocinio e 248 magistrati collocati fuori ruolo, a fronte di un organico complessivo di 10.751 posti (l. n. 145/2018), per cui residuano 1.313 posti vacanti negli uffici giudiziari e 534 posti da coprire con nuovi concorsi (dati forniti dalla Relazione della Suprema corte di Cassazione. Relazione di Pietro Curzio del 2021).

La magistratura onoraria registra un costante decremento di presenze.
Si rinvengono 1.169 giudici di pace (pianta organica 3.512), 2.035 giudici onorari di tribunale (organico previsto di 2.714), 328 giudici ausiliari di Corte d’appello (organico di 400 unità) e 1.722 vice procuratori onorari (a fronte di un organico di 2.080), nonché 13 giudici ausiliari di Corte di cassazione addetti alla Sezione tributaria (organico stabilito in di 50 unità).
Presso tutti gli uffici giudiziari si segnala una vistosissima carenza di personale amministrativo, che porta a corredo un evidente rallentamento della tempestività giurisdizionale di merito.
Inoltre le significative carenze strutturali dei tribunali: caratterizzati da spazi angusti, obsoleti impianti tecnici e di sicurezza, ed inadeguati interventi tecnologici, pongono in risalto difficoltà sistemiche da superare in tempi brevissimi.

Quanto alla situazione nella Regione Lazio, l’anno 2020, a causa del Covid-19, ha fatto registrare una significativa controtendenza con riferimento alla riduzione delle pendenze, rispetto ai dati positivi registrati negli anni precedenti 2014/2019.
La maglia nera del 2020 è detenuta dal Tribunale di Milano con un clearence rate pari a 103%.
Roma, collocata al secondo posto, ha fatto registrare una percentuale del 99%.
Questi dati appaiono molto negativi se rapportati all’anno 2014, in cui Milano aveva ottenuto un significativo 110%, e Roma, aveva fatto registrare un lusinghiero 106%.

In Italia le cause di lavoro sono state in costante diminuzione nel periodo 2014-2020.
Nel Lazio si sono registrate circa 8 mila cause in meno. I procedimenti sopravvenuti per causa di ingiunzione nel 2020, rapportati alla popolazione, vedono al secondo posto il Lazio, dopo il Molise, con un rapporto pari a 2 casi ogni mille abitanti.
Anche le istanze di fallimento hanno registrato una riduzione del 29% dal 2014 al 2019.
Ma, nel 2019 il primato negativo delle regioni spetta proprio al Lazio con 10,2 istanze di fallimento ogni mille imprese, seguono Abruzzo con 9,9 e Campania 9,3.
Ulteriore record negativo detenuto dalla regione Lazio attiene le liti per questioni condominiali. Sono, in materia, circa 190.000 le cause civili pendenti (secondo il Codacons).
Liti che rappresentano un costo non indifferente per chi decide di trovare soluzione ai contrasti rivolgendosi ad un giudice: tra ricorsi, contro ricorsi e spese legali la spesa è pari in media a 5000 euro a vertenza.
Alcune criticità irrisolte rispetto alle pendenze appaiono ascrivibili ad alcune dinamiche dell’organizzazione giudiziaria esogene ed endogene. In sintesi, le carenze si manifestano sia rispetto alla scarsezza di risorse finanziarie ed umane che rispetto all’organizzazione degli uffici.
Ai fini deflattivi delle pendenze patologiche dei procedimenti civili potrebbe essere utile, in aggiunta alle misure previste dalla legge di delega, una modifica volta a incentivare i giudici nell’emissione delle sentenze attraverso un sistema premiale per quei magistrati che in ogni Tribunale si distinguono per solerzia ed equilibrio. L’indicatore potrebbe considerare come parametri sia il numero delle sentenze emesse sia le pronunce emesse e non modificate nei gradi successivi.



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