
Sì ai bonus Giovani e Donne, ma si lavori a un cambio di paradigma culturale. MI propone correttivi
Meritocrazia Italia accoglie con favore la firma dei decreti attuativi relativi al Bonus Giovani e al Bonus Donne, previsti dal decreto Coesione e ora in fase di valutazione da parte degli organi di controllo.
Si tratta di un tassello importante nella costruzione di un mercato del lavoro più inclusivo, orientato alla stabilità occupazionale e alla valorizzazione delle competenze.
Le misure previste, finanziate dal Programma Giovani, Donne, Lavoro 2021-2027, stabiliscono l’esonero contributivo totale per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani under 35 senza precedenti esperienze di lavoro stabile e di donne prive di impiego regolarmente retribuito. L’introduzione di un doppio binario normativo, con particolare attenzione alle aree ZES, è il risultato di un proficuo confronto istituzionale con la Commissione europea, e segna un punto di equilibrio tra rigore e flessibilità amministrativa.
È un segnale atteso, che va nella giusta direzione.
Tuttavia, se, da un lato, questi strumenti rappresentano un incentivo concreto per le imprese, dall’altro devono essere accompagnati da un cambio di paradigma culturale: non si tratta soltanto di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, ma di costruire percorsi professionali duraturi, fondati su merito, formazione e dignità. La qualità del lavoro deve tornare a essere criterio guida per le politiche attive.
Meritocrazia Italia continuerà a monitorare l’attuazione delle misure, proponendo correttivi laddove si evidenziassero criticità interpretative o limiti applicativi.
Propone altresì alcune misure integrative per rafforzare l’efficacia degli strumenti adottati, come:
– semplificazione delle procedure di accesso ai bonus, mediante la creazione di una piattaforma unica, interoperabile con i sistemi INPS e ANPAL, che consenta ai datori di lavoro di verificare in tempo reale l’idoneità del lavoratore e simulare l’incentivo spettante;
– previsione di incentivi aggiuntivi per le imprese che adottano politiche di trasparenza retributiva e riduzione del gender pay gap, con la certificazione della parità salariale come requisito premiante per l’accesso ai benefici fiscali e contributivi;
– estensione della durata degli incentivi fino a 36 mesi per i contratti stipulati nelle aree a maggiore tasso di disoccupazione giovanile e femminile, subordinata a specifici impegni di formazione continua o certificazione delle competenze;
– introduzione di un meccanismo di premialità per le aziende che, oltre all’assunzione stabile, garantiscano percorsi di mentoring o accompagnamento al lavoro autonomo per i soggetti svantaggiati;
– monitoraggio indipendente degli effetti occupazionali reali degli incentivi, con report semestrali pubblici che rendano conto dell’effettivo incremento occupazionale generato e della qualità dei contratti attivati;
– revisione delle soglie di accesso per le donne disoccupate, considerando anche i casi di uscita forzata dal mercato del lavoro per motivi di cura non formalmente certificati, in un’ottica di maggiore inclusività.
In un Paese che voglia restituire fiducia ai suoi giovani e rispetto alla componente femminile del tessuto produttivo, ogni incentivo deve essere parte di una strategia più ampia e coerente, che includa investimenti su istruzione, formazione continua, conciliazione dei tempi di vita e lavoro, e superamento dei divari territoriali.
Stop war.