VERSO IL CAMBIAMENTO

VERSO IL CAMBIAMENTO

Il lavoro femminile

Sarebbe bella una società che non fosse costretta all’invocazione continua delle pari opportunità. Vorrebbe dire il trionfo di una cultura in grado di dar valore alle diversità e distribuire le opportunità, verso uno sviluppo durevole e socialmente responsabile.

E invece raccogliere dati disaggregati per genere, anche in relazione all’incidenza dell’evento pandemico, è importante per comprendere la portata del problema e aprire a una seria riflessione sulla direzione del necessario cambiamento.

In Piemonte, prima dell’emergenza, si registrava un trend positivo dell’occupazione principalmente a Biella, Torino e Vercelli. Cuneo, che aveva tassi di occupazione più elevati rispetto alle altre province, mostrava una crescita meno positiva (dal 67,1% nel 2012 al 68,6 nel 2018). Osservando le differenze di genere all’interno della popolazione occupata, si continuava a misurare ancora una notevole differenza tra la quota di donne occupate e la quota di uomini. Vercelli, VCO e Asti erano le province nelle quali si osservava il maggiore scarto occupazionale tra uomini e donne, ovvero la differenza era pari a 18 punti percentuali. Torino si presentava, invece, come il territorio nel quale questo gap risultava essere al minimo rispetto alle altre province (12 punti percentuali) .

Nel 2019, le donne lavoratrici, tra i 15 e i 64 anni, erano sei su dieci. Quelle che cercavano un impiego erano 70mila, duemila in meno degli uomini, ma il tasso di disoccupazione era del 7,9%, dato che si collocava sopra quello maschile di 1,3 punti.
La stragrande maggioranza (82%) lavorava nel terziario, mentre calava (15,4%) la quota di chi operava nella manifattura. Decisamente minore la quota di lavoratrici del settore agricolo e ancor meno edile.
Alta l’età media: l’83% con oltre 34 anni e più della metà con età superiore ai 45 anni. Un progressivo invecchiamento dovuto anche a studi per periodi più lunghi e la riforma previdenziale che ha allontanato la pensione.
Più difficile la condizione delle donne straniere: il tasso di disoccupazione era ancora molto alto (18,7% contro il 7,7% delle italiane), per lavori poco qualificati. I dati circa la differenza di genere quantificavano in 14,8 punti percentuali la differenza di occupazione tra uomini e donne, anche se dal 2004 al 2018 si era ridotta la forbice di 4,7 punti. “Le donne fanno più difficoltà a trovare lavoro per la difficoltà a conciliare lavoro e vita familiare.

Oggi, le cose sono cambiate.
Passati i primi mesi di disorientamento da lockdown, si iniziano a vedere gli effetti delle scelte operate nel passato prossimo.

I dati dimostrano che le donne sono sempre più a casa, impegnate nella cura dei figli e degli anziani. Gli effetti della visione culturale sono piuttosto chiari visto che i dati iniziano a che a dimostrare che la maggiore parte dei lavori persi riguardano le donne. In disparte i problemi connessi allo smart working.

L’attenzione al lavoro femminile dimostrata dalle politiche riguarda: la parità salariale, il fondo a sostegno dell’impresa femminile (finalizzato a sostenere interventi diretti all’avvio dell’attività, gli investimenti, il rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminili) e il fondo per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare.

Occorrono interventi decisi, con politiche incentivanti per le imprese che:
• riconoscono le competenze, senza identificarsi in un modello maschile;
• investono in formazione e attivano una economia basata sulla conoscenza;
• abbracciano la flessibilità: orari di lavoro elastici, incentivazione di lavori da remoto misurati in termini di risultati;
• mostrano accortezza per una ragionevole calendarizzazione degli impegni.

Lenti i cambiamenti culturali, affrontare la questione solo dal punto di vista lavorativo non è sufficiente, occorre un maggiore impegno nel verso di:
• creare servizi di supporto alle famiglie;
• migliorare l’inclusione come membri partecipanti alla vita delle proprie comunità;
• attivare un sistema educativo e informativo per eliminare i pregiudizi.

Il Piemonte ha le risorse per farsi promotore del cambiamento culturale, valorizzando i progetti già in essere e individuandone, in modo partecipato, dei nuovi. Facendo capire che l’uguaglianza di genere non è solo la cosa giusta da fare, ma che rappresenta una vera e propria strategia evolutiva, utile a  rispondere ai bisogni delle persone nelle loro diversità, superando la sfida tra i generi e contrapponendo al modello anaffettivo un sistema in grado di alimentare “sinergie tra i generi”.



<p style="color:#fff; font-weight:normal; line-height:12px; margin-bottom:10px;">Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso consulta la nostra Privacy Policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.</p> Leggi la nostra cookie policy

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi