VINCA IL MERITO PER RISTABILIRE LA COESIONE SOCIALE

VINCA IL MERITO PER RISTABILIRE LA COESIONE SOCIALE

Segnali di scoramento tra società civile e mondo della politica sono evidenti in tutta Italia, al punto che il partito degli ‘astensionisti’ è di gran lunga il primo, con maggioranza assoluta.
In Campania i numeri non sono molto diversi dal resto d’Italia. Le ragioni sono molteplici, ma hanno come unico comune denominatore la rassegnazione e l’insoddisfazione verso un miglioramento complessivo della qualità della vita.

Sono ormai decenni, infatti, che gli indicatori sulla qualità della vita in Campania sono impietosi, ponendo sempre tra gli ultimi posti in Italia le 5 province campane, mentre i disagi che ne scaturiscono sono palesi e vogliono la Regione, ancora oggi, disgregarsi sotto la spinta migratoria dettata dalla ricerca di stabilità e realizzazione.
Un corto circuito sociale che procura danni in tutte le aree regionali, accomunando le aree interne alle zone costiere.
La carenza costante di opportunità di lavoro e di servizi procura un senso di malessere condiviso che mal si concilia col bisogno di sentirsi comunità, unita intorno al medesimo progetto di crescita sociale ed economico. Dilaga la povertà, con la Campania agli ultimi posti nazionali per reddito pro capite, mentre vi è carenza di una seria politica di riqualificazione delle periferie e d’edilizia popolare.
Nonostante, quindi, gli ingenti sforzi profusi attraverso un sistema di reimpianto, con innumerevoli progettualità promosse, i risultati non si vedono, mentre il senso di comunità scema, creando fratture in cui si innestano pericolose distorsioni come quelle legate alla criminalità organizzata o a moti populisti e clientelari.
La ‘cortesia’ chiesta per risolvere un problema e la ‘raccomandazione’ come metodo di avanzamento nella scalata sociale.
In questo quadro a tinte fosche si innesta un sistema che da produttivo sta diventando meramente ‘assistenzialistico’, disabituando l’insieme a promuovere e progettare, a lavorare e investire. Il numero di Neet presenti in regione ne è prova.
Resta evidente, dunque, che, al fine di interrompere questo corto circuito, di fianco a interventi di investimento, occorre intervenire per un cambiamento valoriale, portando la persona a sentirsi parte di un insieme, realizzando quel processo di ‘coesione sociale’ o meglio ‘ricomposizione sociale’, indispensabile per puntare a una crescita del benessere di medio e lungo periodo.
Serve ricomporre, dunque, quel senso di comunità ed appartenenza proprio della cultura italiana, ma che rischia, col sistema attuale, essere depauperato per sempre con evidenti ricadute e frizioni sociali che rallentano, se non annientano, le possibilità di ripresa.
Diventa indispensabile trovare una strada che, secondo equità, possa far emergere le competenze, metterle a regime, creando un sistema virtuoso che esalti l’individuo come parte integrante di un insieme. Non la somma dei singoli soggetti ma la commistione, la contaminazione, l’essere un tutto in uno: Comunità.
Quanto costi il clientelismo, il sistema corruttivo che ne scaturisce, e le più accese distorsioni criminali a esso connesse è solo ipoteticamente immaginabile in termini economici, data l’enormità delle somme, ma ben più palese in termini sociali con un ‘non credo diffuso’ che si traduce nel comune ‘tanto non cambierà mai nulla’.
Incentivare, dunque, a partecipare, coinvolgere la comunità in un processo di crescita diventa essenziale, e, per farlo, bisogna ritrovare fiducia: fiducia nelle istituzioni, nella politica, nel prossimo.
Il Merito, dunque, alla base di ogni azione, quale unico mezzo capace di donare pari opportunità realizzative. Il Merito come metodo per creare equità e come sistema per generare coesione. La Meritocrazia come unica alternativa a un sistema, quello attuale, devastato da scorciatoie sociali che diventano, in alcuni casi, necessità di sopravvivenza.
Quanto faccia male all’insieme, infatti, prevaricare e mortificare i processi di crescita è ben noto (anche perché in tal modo non emergono le migliori competenze ma si riempiono ruoli con favoritismi che nulla hanno a rappresentare con quel senso di giustizia, non giustizialismo, che il comune sentire vorrebbe).

Per questo, è indispensabile:
– la creazione di scuole di formazione regionali retribuite, al fine di recuperare i giovani che hanno abbandonato gli studi, invogliandoli in percorsi formativi specializzandi;
– ristabilire principi meritocratici in funzione della gestione della cosa pubblica in base a fattori valutativi reali e quantificabili;
– reinserire sistemi basati sul Merito, contemperati da regole equitative, nei percorsi scolastici e di formazione;
– creare processi di affiancamento, mettendo a disposizioni le migliori competenze, a sostegno delle imprese in fase di costruzione e sviluppo e ciò, ancor di più, se beneficiarie di contributi o agevolazioni;
– creare, e distribuire equamente sul territorio, scuole di formazione manageriali con particolare attenzione ai nuovi processi digitali ed alla conversione green;
– disegnare processi premiali che valutino le condotte proattive dell’individuo verso la tenuta sociale.

Resta chiaro che tali azioni sono, per sintesi, una parte di un processo ben più ampio che va completato con un rafforzamento del welfare regionale per interrompere il pericoloso assioma carenza di servizi/ percezione di abbandono.
Tale distorsione, infatti, porta a fenomeni tristemente noti come il senso di solitudine nell’affrontare il quotidiano ed è assodato che tanto più il cittadino si sente abbandonato dallo stato tanto meno esso percepisce il senso di appartenenza ad esso, cercando scorciatoie.
Per riequilibrare, dunque, un sistema fallace occorre pensare a un habitat differente rispetto a quello concepito sinora, portando la presenza quanto più vicina al cittadino.
In questo processo, il digitale potrebbe avere un ruolo primario, anche se indispensabili restano interventi infrastrutturali che portano servizi materiali insostituibili con la digitalizzazione in prossimità del cittadino persona.
Anche in tal senso occorrerebbe dare effettività ai principi di equità e merito, atti a valutare l’efficienza reale delle progettualità sviluppate in un continuo divenire valutativo e di nuova proposizione senza sorta di discontinuità.
Perché il merito, dunque, diventi sistema e garantisca parità nei trattamenti e nelle opportunità da cogliere bisognerà porre in essere azioni preliminari tese a rendere trasparenti, condivisi e valutabili processi e dinamiche di scelta.
La migliore garanzia per un mondo realmente democratico, non fatto di scorciatoie sociali ma di principi di eguaglianza dettati dall’esaltazione delle singole peculiarità, diversità, parte di un insieme sociale.



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