ALCOLISMO

ALCOLISMO

Cause, effetti e rimedi

Il consumo di sostanze alcoliche è da ritenersi vero e proprio ‘disturbo’ quando  compromette il comportamento psico-sociale dell’individuo o si traduce in dipendenza (incapacità di restare sobri).

L’alcolismo è una patologia, recidivante e potenzialmente mortale, che induce la perdita di controllo sull’abitudine di bere.

È un fenomeno talmente di grande portata da essere considerato uno dei problemi sanitari e sociali più rilevanti al mondo, in continuo aumento e al terzo posto come causa di morte nei Paesi industrializzati.
Già nel 2010, l’OMS stimava in circa 208 milioni le persone affette da alcolismo nel mondo, in prevalenza uomini e giovani adulti, ma, negli ultimi anni, si è assistito a un forte incremento anche del c.d. alcolismo femminile.
In Italia, secondo i dati Istat, nel 2019 erano 36 milioni i consumatori di alcolici, con un preoccupante aumento di uso nei giovani tra i 18 e i 24 anni. A rischio anche minorenni, donne e over 65.
I dati denotano una preferenza per bevande diverse da vino e birra e rivelano che i cittadini del Centro Nord (in particolare del Nord-Est) consumano più alcol di quelli del Centro-Sud.

Le restrizioni pandemiche hanno acuito il fenomeno, facendo registrare, nel 2020, un aumento di giovani consumatrici a rischio, ragazze tra i 14 e i 17 anni, che superano, per la prima volta, i coetanei consumatori (F=30,5%; M=28,4%).

Oggi spaventano nuove forme di assunzione, come l’alcol pops (bevande gassate addizionate con alcol), diffusissimo tra i giovanissimi, e il binge drinking, ovvero l’assunzione da parte di ragazzi di grandi quantità di alcolici in singole occasioni, fino a raggiungere lo stato di ubriachezza.
Nei giovani l’intossicazione acuta avviene in maniera più rapida, in quanto la ridotta massa corporea e un sistema metabolico ancora ‘immaturo’ possono provocare seri danni. L’abuso di alcol in età precoce può favorire lo sviluppo di gravi quadri psicologici, anomalie comportamentali, deficit dello sviluppo e l’utilizzo di altre sostanze, favorendo un poliabuso di stupefacenti in futuro.
Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, circa il 5% degli individui, a un certo punto della propria vita, soddisfa i criteri del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per la diagnosi di dipendenza da alcol.

Gran parte delle persone ignora i danni potenzialmente ricollegabili all’abuso di alcol nel medio/lungo termine e i numerosi luoghi comuni a esso associati di certo non aiutano a contrastare il fenomeno.
Nello specifico, l’alcol stimola e deprime al tempo stesso il sistema nervoso centrale e influenza negativamente la qualità del sonno. Ciò che determina l’intossicazione non è l’assunzione di differenti bevande alcoliche, bensì la quantità effettiva di alcol nel sangue; il caffè (spesso utilizzato dopo un’assunzione sconsiderata di alcol) non aiuta a ridurre il livello di intossicazione.
Non ultimo, l’astinenza da alcol è potenzialmente più letale di quella da oppiacei.
Col tempo, l’alcolista può manifestare danni fisici gravi, principalmente a cervello (deficit da apprendimento, alterata capacità di giudizio e scarso autocontrollo) e fegato (cirrosi epatica e neoplasie), ma anche gastriti, pancreatiti, diabete, ictus e disturbi cardiovascolari. Dal punto di vista psicologico, può mostrare alterazioni della personalità, atteggiamenti aggressivi e riduzione delle capacità cognitive. Tutto questo incide sulla vita relazionale, con frequenti litigi, perdita di lavoro, separazioni ed episodi di violenza domestica.

Tra le principali cause dell’alcolismo, vi sono fattori genetici, ambientali e psicologici.
Quello della ‘familiarità’ è l’aspetto meno conosciuto. Studi condotti su figli di alcolisti hanno infatti evidenziato la probabilità di questi soggetti di sviluppare una dipendenza alcolica maggiore del 30% rispetto al resto della popolazione, anche quando non vi sia uno stretto contatto con il genitore dipendente durante la crescita.
Forti sono comunque anche le pressioni sociali che invogliano all’utilizzo di bevande alcoliche.
Tra le cause psicologiche si riscontrano stress, ansia, depressione o patologie psichiatriche (schizofrenia, disturbo ossessivo compulsivo e disturbo bipolare), nonché traumi subiti durante l’infanzia.

L’alcolista tende a fuggire gradualmente dalle responsabilità e a non curare più la propria persona, innescando un circolo di autodistruzione. Può sviluppare sintomi psicotici e una brusca interruzione del consumo alcolico può portare al c.d. delirium tremens (disorientamento, allucinazioni visive, paura, suggestionabilità, tremori, febbre, etc.).

Un’attenta analisi del 1990 ha permesso di distinguere sette profili di alcolista: i) il bevitore compulsivo, l’alcolista per antonomasia (presenta difficoltà nel gestire gli impulsi e ricorre quotidianamente all’alcol fino allo stordimento); ii) il gregario (consuma alcolici in compagnia, per sentirsi parte di un gruppo); iii) l’autistico (persona ai margini della società, spesso in condizione di grave indigenza); iv) il solipsistico (assume alcol per allontanare ansia e paura); v) il reattivo (cerca negli alcolici uno strumento per dimenticare un trauma); vi) il pulsionale (nonostante la consapevolezza della patologia, non smette perché dall’alcol trae piacere); infine, vii) il regressivo (alterna momenti di perdita di controllo ad altri in cui riesce a mantenerlo).

Molte persone non riescono a smettere a causa del c.d. craving, ossia quel desiderio smodato di assumere sostanze psicoattive.

Ma uscirne si può!

Alla base di un percorso serio di disassuefazione e terapia vi è, innanzitutto, la presa di coscienza della propria condizione di alcolista.
Accettare che si ha un problema e trovare la forza di chiedere aiuto, senza timori o vergogna, in primis al proprio medico di base e, poi, a un centro specializzato. Fondamentale, in questi casi, il sostegno e il supporto di familiari e amici (e se in età scolastica, degli insegnanti) senza giudizi e induzione di sensi di colpa; diversamente, il bevitore cronico sarà portato a rifugiarsi di nuovo nell’alcol e a rifiutare ogni forma di aiuto.
Come accade per le altre dipendenze, la terapia per affrontare l’alcolismo deve necessariamente essere multidisciplinare, poiché vanno trattate problematiche mediche, internistiche, psicologiche e motivazionali.
Non basta la disassuefazione, ma occorre prevenire le ricadute e affrontare i problemi che hanno portato a fare un uso sconsiderato di bevande alcoliche, altrimenti il periodo di astinenza risulterà vano. Molto utile ed efficace risulta essere la terapia di gruppo.
Esistono anche terapie farmacologiche, sia per aiutare l’alcolista a smettere di bere e mantenere l’astinenza totale da alcolici, sia per ridurre il desiderio di alcol, bloccando gli effetti piacevoli che esso produce.

È indubbio che, per contrastare l’alcolismo, sia fondamentale un’opera concreta di prevenzione, che coinvolga l’intera collettività, attraverso campagne di sensibilizzazione, anche virtuali, sfruttando le potenzialità comunicative dei social network.

Fondamentale:
– implementare il numero degli assistenti sociali in ogni Comune (almeno 1 ogni 2.000 abitanti), al fine di avere un quadro il più realistico possibile riguardo le situazioni di disagio su territorio, in questo caso legate ad una dipendenza patologica;
– istituire ‘Punti di Ascolto’ su territorio comunale gestiti da professionisti, ai quali possano far riferimento (in completo anonimato) sia coloro che vivono direttamente il dramma dell’alcolismo (o altra dipendenza), sia familiari e congiunti;
– inserire, come presenza fissa, uno psicologo in ogni Istituto scolastico, che operi in sinergia con Famiglia e Scuola, al fine di rilevare tempestivamente comportamenti ed atteggiamenti inusuali riconducibili anche ad abuso di bevande alcoliche;
– destinare maggiori fondi alle Regioni per incentivare la nascita di comunità terapeutiche pubbliche, di più facile accesso, soprattutto dal punto di vista economico.

Sarebbe, altresì, opportuno:
– promuovere tra i giovani la diffusione di pratiche sportive, attraverso una campagna informativa adeguata e coinvolgendo le varie associazioni del settore, in quanto l’attività fisica aiuta a contrastare ansia, stress e fragilità emotiva;
– prevedere corsi formativi sulle varie tipologie di dipendenza per gli operatori scolastici (insegnanti e personale ATA);
– promuovere incontri tra ex alcolisti e giovani nelle Scuole, nei centri ricreativi e negli spazi comunali fruibili dalla collettività, affinché le testimonianze di chi ha vissuto direttamente il dramma dell’alcolismo possano fungere da insegnamento.

 

 

 

 

FONTI
www.ospedalemarialuigia.it
www.vita.it
quotidianosanita.it



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