Amiente e agricoltura

Amiente e agricoltura

Servono alcuni correttivi al Piano strategico nazionale PAC

Si è ormai tutti concordi nell’invocare una profonda riforma e semplificazione della Pac 2023/2027, rimettendo al centro l’agricoltore e le produzioni agricole necessarie per vivere.

Le contestazioni del mese di febbraio, le manifestazioni degli agricoltori con i trattori sulle strade di tutta Europa, hanno avuto l’Unione europea come principale bersaglio, ma è d’obbligo chiarire alcuni aspetti che, nell’ampio regolamento PAC in vigore, talora sfuggono, perché è importante saper distribuire le responsabilità tra Europa e Stati membri.

Va evidenziato l’aspetto più importante del Regolamento adottato dalla Commissione.
Per la prima volta da quando è in vigore la Pac, il Regolamento ha attribuito alla Unione il solo compito di indicare gli obiet-tivi generali di intervento, lasciando le decisioni operative, e la loro realizzazione, agli Stati membri. In altri termini è stato lasciato campo libero nell’attuazione di misure e nella distribuzione delle risorse, in base ai bisogni specifici.

Come si è regolata l’Italia?
Il “Piano strategico nazionale PAC”, attualmente in vigore, è regolamentato da un dispositivo di 3.654 pagine, derivan-te da un complesso processo legislativo.
Gli organi di filiera che hanno definito la nostra politica agricola sono le Regioni, in ambito Conferenza Stato-Regioni, i vari soggetti interessati, quali le organizzazioni professionali agricole, le Cooperative agricole, le Organizzazioni di Produttori, alla presenza del rappresentante del Ministero delle Politiche Agricole avente funzione di arbitro tra le parti.
Nel merito, le decisioni hanno innescato le critiche degli agricoltori, relativamente ai vincoli imposti dalla condizionalità raf-forzata, quali l’obbligo di rotazione delle colture, il 4% di terreni a riposo nel corso dell’anno produttivo, la mancata lavora-zione dei terreni per alcuni mesi dell’anno, il mancato utilizzo di agrofarmaci su particolari colture, l’uso decrescente annuale di antibiotici negli allevamenti.
Tutto ciò senza dimenticare che, nell’ambito della seconda parte della Pac, in cui si regolamenta lo sviluppo rurale, molte mi-sure a sostegno degli agricoltori (mediante contributi per ettaro avente il fine di implementare le tecniche di lavorazione ri-dotta dei suoli, semina di colture di copertura e colture di cattura – a seconda se l’agricoltore predilige proteggere il suolo dall’erosione o evitare la perdita di nutrienti – riduzione dell’impatto degli agrofarmaci, riduzione delle emissioni e agricoltura di precisione) sono state attivate solo da pochissime Regioni e con budget irrisori.
Si tratta di misure che andrebbero ad aumentare i costi di produzione oltre che a non rispondere a quel rispetto e ripristino ambientale che Stato e Unione. chiedono agli agricoltori.

Questa confusione va attribuita alle politiche della Conferenza Stato-Regioni.
Probabilmente, quindi, anche l’Italia ha una sua responsabilità, ma il meccanismo legislativo agevola un comodo rimpallo delle decisioni e dunque delle responsabilità.

In Europa intervenire sulla manovra è molto complesso, viste le imminenti elezioni, e considerato che dal 2025 la Commis-sione U.E. già pensa alla Pac 2028-2034. Anche se un cambio di rotta nelle politiche agricole sarebbe opportuno.
In Italia, è possibile intervenire con aggiustamenti alle BCAA e agli eco-schemi.

In particolare, sarebbe opportuno riscrivere gli eco-schemi, rivedere i criteri sanzionatori, semplificare la burocrazia mediante il confronto diretto con gli Enti, velocizzare i pagamenti della pac, vietare l’ingresso in Italia di prodotti che non rispettano gli standard produttivi e qualitativi del Paese.
È necessario ed improcrastinabile ridare centralità agli agricoltori, riconoscendo agli stessi supporto economico e valorizzando un lavoro che da sempre esprime un ampio settore delle Eccellenze Italiane.



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