BENE LA PREMIALITÀ DEL MERITO DEI LAVORATORI DELLA SANITÀ, MA SERVE UNIFORMITÀ SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE – COMUNICATO 22.06.20

BENE LA PREMIALITÀ DEL MERITO DEI LAVORATORI DELLA SANITÀ, MA SERVE UNIFORMITÀ SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE – COMUNICATO 22.06.20

Meritocrazia Italia accoglie con favore e soddisfazione il proliferare di varie iniziative Regionali volte al riconoscimento di benefici premiali nei riguardi dei lavoratori e delle lavoratrici del settore sanitario (inteso nella sua accezione più ampia ed onnicomprensiva) che, durante l’emergenza pandemica, non si sono risparmiati, per consentire di fronteggiare questo nemico comune, permettendo, al contempo, la tenuta del sistema sanitario Nazionale e Regionale.

Alle, sia pur timide, agevolazioni introdotte con legislazione d’emergenza (voucher baby-sitting di cui al c.d. decreto Cura Italia ed esteso dal c.d. decreto Rilancio, in alternativa al congedo parentale di cui al d.l. n. 18 del 2020; esenzione pedaggio autostradale; etc.), invero, si uniscono bonus una tantum a supporto economico del personale sanitario impegnato nella lotta al Covid-19 di prossima erogazione da parte di alcune Regioni, grazie al ricorso alla contrattazione di secondo livello, così come previsto dalla legge e dai contratti di riferimento.

È, infatti, all’evidenza il merito dei lavoratori della sanità, per aver prestato servizio nonostante la precarietà di condizioni di lavoro rese inadeguate, tra l’altro, dalle carenze infrastrutturali, non meno che dalla mancanza di misure sufficienti di sicurezza oltre alla spesso imperante indisponibilità di adeguati dispositivi elementari (guanti, occhiali, visiere, mascherine facciali filtranti, scarpe, etc.).

A ciò si aggiungano isolamento sociale, turni di lavoro incalzanti, appesantimento del carico di sforzo fisico e, spesso, precarietà organizzativa, in uno finanche alla necessità di intervento in discipline diverse da quelle di competenza e/o per fronteggiare condizioni critiche che avrebbero richiesto maggiore esperienza, causa di complicazione della già delicata attività necessaria e di affaticamento anche emotivo. Non ultimo, la diffusione del contagio anche tra i lavoratori del settore è prova dell’alto rischio di esposizione sopportato.

Meritocrazia Italia reputa, dunque, essenziale garantire un contributo adeguato a render merito a tutti i lavoratori sanitari, con l’assegnazione di benefici economici aggiuntivi che siano parametrati al diverso livello di servizio prestato nei reparti Covid, auspicando una maggiore propensione da parte degli enti locali a muovere in questa direzione.

La concessione di misure premiali uniformate a favore dell’intero comparto servirebbe, infatti, non soltanto a garantire un maggiore supporto ai singoli operatori in una fase di crisi (anche) economica, ma soprattutto a dar valore allo sforzo di chi ha maggiormente contribuito al recupero dell’equilibrio sanitario e sociale durante e a seguito dell’inattesa emergenza.

Meritocrazia Italia, allora, chiede che:

– il Governo voglia rivedere la scelta di non riconoscere una specifica indennità Covid nazionale, così da evitare la proliferazione di evidenti disparità di trattamento tra il personale sanitario delle Regioni che hanno affrontato l’emergenza;

– venga, in ogni caso, estesa ed uniformata, in tutte le Regioni d’Italia e nelle Province Autonome, l’applicazione dei bonus economici in favore dei lavoratori del settore sanitario, mediante stanziamento di adeguati fondi e con possibilità di deroga al tetto di spesa sanitaria;

– venga incentivato il ricorso ad un analogo sistema premiante anche nel settore della sanità privata, per i dipendenti delle aziende accreditate e dei servizi esternalizzati;

– venga disposta una attribuzione egualitaria per fasce di intensità di turnazione ed esposizione all’epidemia, con distribuzione delle risorse pro capite tra il personale e con un’aliquota fiscale unica;

– vengano destinate, le somme residue dopo l’attribuzione dei bonus, ai fondi per la produttività aziendale e ripartite come una tantum nell’anno in corso,

perché non è accettabile che “soldati” di pari grado ricevano paghe differenti pur avendo combattuto sullo stesso campo di battaglia.



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