CHE L’INFANZIA NON SIA UN LAVORO

CHE L’INFANZIA NON SIA UN LAVORO

A difesa dei sogni

«Un bambino lavoratore perde gli occhi, le ossa, i polmoni; ma, ancora più di questo, perde la gioia di vivere la propria infanzia, la sua personalità e i propri sogni. Questi sono spesso insostituibili».

Nel 2002, le Nazioni Unite istituirono la ricorrenza della ‘Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile’, per il 12 giugno di ogni anno, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza.

Per analizzare il fenomeno, è necessario fare riferimento alla questione sociale nella sua complessità, data da scuola, famiglia, territorio e ambiente di vita, carenze di risorse e bisogno di formazione.

In tutto il mondo, si stima che 1 bambino su 10 sia costretto a lavorare, che, cioè, 152 milioni di minori che vivano in condizioni di impegno forzato (64 milioni di bambine e 88 milioni di bambini). Quasi la metà vive in Africa, gli altri si distribuiscono tra Asia e Pacifico (62 milioni), Americhe (circa 11 milioni), Europa e Asia centrale (5,5 milioni) e Stati Arabi (circa 1 milione).
Agli inizi degli anni ’80 la stima dei bambini sfruttati ammontava a 5 milioni nel mondo; l’aumento vetiginoso del dato per gli anni successivi è in parte reale, e in parte ascrivibile al miglioramento dei mezzi di comunicazione, che hanno consentito al problema di venire alla luce nelle sue reali dimensioni.

Si tratta di giovani e giovanissimi impiegati per lo più nel comparto agricolo, ma anche nei servizi e nel settore industriale, compreso quello minerario; una quota importante è distribuita anche tra lavoro domestico e familiare. Non mancano sfruttamento sessuale, lavoro di strada e lavori illeciti.
Un terzo di questi bambini, tra i 5 e i 14 anni, è fuori dal sistema educativo, e il 38% è coinvolto in attività pericolose; mentre i 2/3 dei ragazzi di età compresa tra 15 e 17 anni hanno un orario di lavoro superiore alle 43 ore settimanali.

Non serve passare in rassegna i pericoli ai quali i minori sono esposti in termini di rischio per la salute e la sicurezza personale.
In prospettiva, e senza troppo ottimismo, l’abbandono di percorsi formativi e il coinvolgimento in attività non in linea con le aspirazioni è d’ostacolo a una crescita sana e per alle possibilità di cogliere utili opportunità di realizzazione delle proprie aspirazioni e miglioramento delle condizioni di vita.

Un’infanzia e un futuro rubati.
‘Save the Children’ li definisce «Piccoli schiavi invisibili».

Per vero, in totale, i numeri stanno gradualmente diminuendo: secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il numero di bambini che lavorano in età precoce è diminuito di circa 94 milioni dal 2000, ma gli attuali dati dimostrano che è ben lontano il traguardo fissato dall’‘Agenda 2030” dell’Onu, quello della totale estirpazione del male e la scomparsa del fenomeno entro il 2025.

Per quanto vietato e severamente sanzionato dal 1967, lo sfruttamento minorile è piaga sociale anche in Italia.
Gli affanni portati da ultimo dall’evento emergenziale hanno acuito il problema e messo in discussione anni di progresso, con una grave impennata del tasso di abbandono scolastico e aumento della povertà.
Contribuiscono gravi difficoltà economiche e disagio familiare.

Per questo motivo quest’anno l’OIL, in collaborazione con il partenariato mondiale dell’Alleanza 8.7, ha lanciato l’idea della celebrazione di un ‘anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile’, con l’obiettivo di incoraggiare azioni legislative e politiche finalizzate a prevenire e contrastare.

Sono troppi i bambini privati della loro infanzia, vittime loro malgrado, di una realtà spietata che li costringe a diventare troppo presto adulti e a rinunciare a sogni che non avranno mai il coraggio di coltivare e a desideri che non avranno mai il coraggio di maturare.

Gli strumenti di reazione normativa allo sfruttamento del lavoro minorile esistono, ma restano spesso inattuati, non azionati in un contesto di forte disagio.
Sarebbe piuttosto utile accompagnare modelli normativi di maggiore effettività con

– una migliore protezione sociale, attraverso una rete di controllo delle dinamiche familiari;
– un sistema di inclusione finanziaria, con accesso al credito agevolato per le famiglie sotto la soglia di povertà;
– forme di politica attiva del lavoro che consentano di raggiungere adeguati livelli occupazionali, con minimi salariali adeguati, per la marginalizzazione fenomeni di indigenza e povertà;
– un intervento deciso di contrasto alla dispersione scolastica e di abbassamento delle barriere economiche d’accesso all’istruzione, a beneficio di tutte le fasce di popolazione, se del caso con la previsione di percorsi di specializzazione triennali retribuiti in vari ambiti.

 

 

 

Fonti

www.unicef.it – ‘Allarme lavoro minorile, dal Covid-19 il rischio per milioni di bambini’
www.savethechildren.it – ‘Lavoro minorile e covid-19: aumenta il rischio sfruttamento’
Rapporto OIL 10 Giugno 2021 – ‘Nuove stime sul lavoro minorile nel mondo 2020: sintesi del rapporto’



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