Comunità terapeutiche

Comunità terapeutiche

Ancora sulla lotta alle dipendenze

Nate in America alla fine degli anni Cinquanta del Novecento su iniziativa di privati per superare un problema comune, quello della dipendenza, le prime Comunità Terapeutiche furono la risposta alla sempre più crescente diffusione dell‘uso di oppiacei. Inizialmente erano incentrate sulla promozione di modelli di vita di gruppo e su processi di auto-aiuto, per innescare un cambiamento di abitudini e modalità di relazione.

In Italia le prime comunità terapeutiche nacquero negli anni Sessanta a opera di figure storiche del volontariato e del mondo religioso, che si fecero carico del disagio e dell‘emarginazione sociale, formando gruppi di aiuto e istituendo case alloggio per l‘accoglienza e l‘assistenza di giovani in difficoltà.
Le comunità che si occupavano prettamente di tossicodipendenza sorsero agli inizi degli anni Settanta, grazie sempre all‘opera di enti religiosi ed organizzazioni di volontariato.
Tra gli anni Ottanta e Novanta giunsero le prime risposte al problema della tossicodipendenza da parte delle Istituzioni, con la creazione dei Ser.T.; il quadro si faceva più complesso, vista la presenza di interventi diversificati ambulatoriali e residenziali, pubblici e privati.

Oggi le comunità terapeutiche sono servizi socio sanitari a carattere residenziale (permanenza diurna e notturna) o semiresidenziale (solo permanenza diurna), che accolgono persone inviate dai Servizi Territoriali per svolgere un programma terapeutico stabilito e definito in base alle problematiche riscontrate.
Sono strutture che offrono un servizio intermedio tra il ricovero ospedaliero e il trattamento ambulatoriale, e si pongono l‘obiettivo di reinserire i pazienti nel proprio contesto socio-affettivo di origine e, ove questo non esista o sia compromesso, di favorirne la creazione di uno nuovo.

In base alla tipologia di bisogno, è possibile distinguere:
servizi di accoglienza, per persone con problematiche di dipendenza che versano in situazioni di emergenza, per un periodo non superiore ai 90 giorni;
servizi terapeutico-riabilitativi, per mezzo di strutture a carattere residenziale o semiresidenziale che accolgono persone con dipendenza da sostanze legali e illegali, per i quali predispongono un percorso terapeutico personalizzato (non superiore ai 18 mesi), in accordo con i Servizi Territoriali;
servizi pedagogico-riabilitativi, per mezzo di strutture a carattere residenziale o semiresidenziale, che accolgono persone con dipendenza da sostanze legali ed illegali e predispongono un piano terapeutico, sempre in accordo con i Ser.t., a prevalente carattere educativo, non superiore ai 30 mesi;
servizi di trattamento specialistico, rivolti a persone con problemi di dipendenza specifici o associati a situazioni cliniche e personali particolari. I trattamenti non superano i 18 mesi e si distinguono in: trattamenti per coppie, soggetti con figli, nuclei familiari, con lo scopo di aiutare a ricostruire le relazioni affettive ed educative; trattamenti per pazienti in comorbilità psichiatrica, persone che, oltre alla dipendenza, presentano disturbi psichiatrici, sempre sulla base di una certificazione rilasciata dai Ser.T. in accordo con il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’ASST di riferimento; trattamenti per alcolisti e polidipendenti, rivolti a individui che necessitano di una fase di osservazione e cura, prima di essere avviate alla fase di trattamento ambulatoriale o in altra struttura della rete di assistenza.

Per accedere ai Servizi residenziali accreditati, salvo che per i Servizi di accoglienza per i quali l’accesso avviene rivolgendosi direttamente alla struttura, è necessaria una certificazione dei Servizi Territoriali (dopo diagnosi e definizione del programma terapeutico), attestante la necessità di inserimento nella specifica tipologia di servizio.
Esistono anche Comunità al di fuori dell’ATS alle quali si può accedere direttamente, senza certificazione del Ser.T.

La Comunità può essere definita un percorso esperienziale di apprendimento di gruppo, da adattare alle esigenze del singolo, con lo scopo di permettere all’individuo di scoprire o riscoprire le proprie potenzialità. Tutte le attività svolte al suo interno sono finalizzate al cambiamento ed è la comunità stessa che “cura”, accogliendo la persona con il suo bagaglio di “colpe” e difetti e fornendo norme ed organizzazione carenti nell’ambito di provenienza.
Strumento essenziale del cambiamento è la relazione che si stabilisce tra operatori e persone in cura, che partecipano alle varie attività e contribuiscono alle decisioni che riguardano la Comunità.
Fondamentale la presenza di modelli d’identificazione alternativi a quelli (spesso scarsi e patologici) con i quali la persona si era confrontata in precedenza.

Quello svolto in Comunità è un lungo lavoro di consolidamento dei cambiamenti comportamentali, attitudinali e affettivi avvenuti durante il percorso, con la fatica di gestire anche eventuali regressioni.

Partite da volontari ed ex-utenti, nel corso degli anni le Comuità si sono arricchite di varie figure professionali, in ragione della pluralizzazione delle utenze e dei trattamenti.
Importante rafforzare il sistema di formazione professionale e la valorizzazione degli apprendimenti informali basati sullo sviluppo e scambio di buone prassi, tale che competenze professionali e pratiche siano costantemente aggiornate. Ciò rappresenta fattore fondamentale per dare unitarietà e continuità di intervento a tutto il percorso di allontanamento e “libertà” dalla dipendenza.

Le Comunità Terapeutiche necessitano di un modello integrato circolare complesso che preveda la presenza di diverse figure professionali che interagiscano nell’equipe multidisciplinare, facendo rete con il servizio pubblico territoriale, al fine di mettere in campo interventi concreti ed efficaci.
Fondamentale, poi, dato il complesso periodo storico, è destinare maggiori fondi alle Regioni per incentivare la nascita di Comunità Terapeutiche pubbliche, di più facile accesso, soprattutto dal punto di vista economico.

Sarebbe opportuno, infine, rendere autonomi e ben distinti i Ser.D. (Servizi pubblici per le dipendenze patologiche del SSN), sia dal punto di vista gestionale che strutturale, dotandoli di un proprio budget e una propria responsabilità di spesa

 

 

Fonti:
www.gasparina.org/le-comunita-terapeutiche-la-storia/
www.ats-montagna.it/servizi-2/cittadini-2/dipendenze-2/comunita-terapeutiche-dipendenze/



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