COP27

Tra conquiste e occasioni mancate

Si è conclusa la conferenza sul clima Cop 27.
Un incontro che si chiude con un risultato importante per la fiducia e la solidarietà internazionale, ma forse poco incisivo per la soluzione del problema del surriscaldamento climatico.

Di rivoluzionario v’è che i Paesi in via di sviluppo, vulnerabili e duramente colpiti dai disastri ambientali, sono riusciti a ottenere l’impegno alla costituzione di un fondo ‘loss and damage’, a ristoro delle perdite e dei danni da cambiamento climatico. Rinviata ad altri tempi e luoghi la definizione di chi paga e di chi riceve (si farà un bilancio il prossimo anno a Dubai).

Apprezzabile anche che, per la prima volta, entrano nel testo di una COP le energie rinnovabili, perno della transizione.
I lavori della Conferenza sono il riflesso di una verità incontrovertibile: le alternative alle fonti fossili sono già ampiamente disponibili; ciò che invece manca sono la volontà e la priorità politica per una loro applicazione.

Per altro verso, però, l’Unione europea incassa un colpo non da poco ed esprime «delusione» per la «mancanza di ambizione» nel piano per la riduzione delle emissioni di CO2.
L’accordo finale risulta imperfetto e claudicante, visto che gli impegni finalizzati a contenere l’aumento della temperatura globale nei limiti del 1,5°C non hanno conosciuto alcun progresso rispetto Cop26 di Glasgow dello scorso anno, e l’eliminazione graduale dei combustibili fossili non ha visto alcuna accelerazione nei programmi dei Governi intervenuti.
Il vice Presidente della Commissione europea mostra orgoglio per aver contribuito a risolvere il problema del ‘loss and damage’, ma esprime rammarico per la mancanza di coraggio sulle riduzioni delle emissioni, un’occasione persa.

Il muro contro muro tra nord e sud del mondo, il forte braccio di ferro e gli scontri sull’obiettivo del contenimento dell’aumento della temperatura, sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili, e sul come progettare una ‘giusta transizione’ all’energia pulita hanno rivelato una scarsa consapevolezza del fatto che la vita di tutti, senza distinzioni, dipenda dalle condizioni ambientali.
Servono azioni senza precedenti per consentire al mondo, nei prossimi otto anni, di centrare l’Accordo di Parigi. I piani di adattamento sono ancora troppo lenti, quando non del tutto inesistenti, e quelli di assorbimento del carbonio assolutamente irrealistici.
A livello globale si investe ancora troppo poco in soluzioni che dipendono dalla volontà umana, nella drastica riduzione delle emissioni in atmosfera, sulla strada della decarbonizzazione dei sistemi alimentari e nel frenare un processo di deforestazione, che ha ed avrà sempre di più drammatiche conseguenze sull’ecosistema, conducendoci ad una progressiva perdita del suolo fertile, alla perdita di biodiversità, ad una sempre più estesa desertificazione.

A ogni modo, a differenza della COP26 di Glasgow, quest’anno l’Europa ha provato, ed è riuscita, a giocare un ruolo da protagonista: con l’offerta sul ‘loss and damage’, ha consentito di sbloccare l’impasse negoziale al quale si è assistito negli ultimi giorni della Conferenza e ha consentito il raggiungimento di un compromesso che ha permesso la creazione del fondo. E l’insistenza dell’Unione sulla necessità di impegni più forti sulla mitigazione pare essere il segnale che Bruxelles fa sul serio per quanto riguarda la transizione energetica.

È necessario che facciano sul serio anche tutti i Paesi membri.

Occorre un’azione congiunta nel fermare le emissioni puntando concretamente sull’innovazione tecnologica, e incrementando gli sforzi per la progressiva esclusione del ricorso a energia a carbone. I territori devono sapersi rendere meglio capaci di conservarsi e gestire le emergenze, anche puntando su nuove strategie di approvvigionamento alimentare e accesso equo al cibo.
Un contributo venga anche da mercato finanziario e sistema bancario, con atteggiamento di favore per chi fa scelte virtuose, che si riflettono su un miglioramento dell’ambiente e della società.

Per il prossimo anno sono già in agenda incontri finanziari internazionali potenzialmente decisivi.
I Paesi del G7 e G20 sono chiamati all’azione e la Presidenza italiana del G7 nel 2024 sarà una occasione importante.



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