DIGITAL DIVIDE E IMPATTO SUL LAVORO

DIGITAL DIVIDE E IMPATTO SUL LAVORO

Per un riadeguamento del mercato

L’espressione digital divide nasce negli Stati Uniti per indicare le differenze nelle possibilità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione. Poi diffusasi a livello mondiale, ha posto in rilievo la consapevolezza globale sulla problematica di accesso ai mezzi di informazione e comunicazione in determinate aree geografiche o da parte di determinate fasce di popolazione.

Il divario digitale può avere diverse forme e livelli di gravità e può portare fino a vere e proprie forme di discriminazioni ed emarginazioni digitali.

Il fenomeno è sicuramente influenzato da fattori di tipo geografico e geopolitico, ma sono determinanti anche elementi come l’età, il genere, il livello di educazione e le capacità economiche dei singoli. Gli studi in materia dimostrano, infatti, che a redditi più alti e a un grado di educazione superiore corrispondano, nel più dei casi, maggiori competenze digitali.

Un nuovo tipo di esclusione sociale, che produce i suoi effetti negativi anche nel mondo del lavoro.

In un momento storico decisamente proiettato al digitale, per scelta o necessità, diventa centrale il tema delle competenze digitali, con le nuove tecnologie di comunicazione e informatiche fondamentali in campo lavorativo.
Ma disparati sono i limiti mostrati da un processo di forte e improvvisa digitalizzazione. Tra questi, di certo, si scontano un deficit infrastrutturale, i costi elevati della rete internet veloce e una carenza di competenze digitali sia dei lavoratori che del mercato datoriale, con un management che molto spesso non riesce a pensare e a dirigere in modo digital, cogliendone le opportunità.

Riuscire a risolvere, tra le altre e in particolare, le varie problematiche che interessano le aziende e il loro sviluppo, è fondamentale al fine di ridurre le carenze che incidono sulle perfomance, compromettendo una effettiva competitività sui mercati nazionali e internazionali, con una consequenziale contrazione del mercato del lavoro.

Il digitale sta ridefinendo completamente lo scenario economico mondiale, andando a modificare il modo di operare all’interno delle aziende, producendo una riduzione dei costi, un nuovo disegno degli ambiti in cui si lavora e dettando nuovi tempi e modalità. Bisognerebbe, dunque, studiare nuovi sistemi di tutela, nuovi ambiti di operatività e percorsi formativi in grado di cambiare dalle fondamenta l’operato dei lavoratori.

Una digitalizzazione senza regole e indiscriminata rischia di non trovare pronto un mercato che ha bisogno di continuo adeguamento per conservare equilibrio e capacità di incontro tra domanda ed offerta.

In Italia il digital divide è causato prevalentemente dalla mancanza di infrastrutture adeguate e in particolare dalla mancanza di collegamenti ad una rete internet veloce: si stima che una famiglia su tre non abbia accesso alla rete da casa e non disponga nemmeno di un computer, il 25% circa della popolazione non abbia la banda larga, e per finire circa il 20% di famiglie è senza fibra ottica nelle abitazioni.
Le aziende italiane che ancora non sfruttano la rete per la propria attività sono ancora molto numerose. E numerosi sono altresì gli italiani che non utilizzano le tecnologie in maniera adeguata, mentre la velocità della rete internet sul territorio italiano è sotto gli standard europei con la persistenza di alcune aree totalmente scoperte da tale servizio.

Lo studio elaborato dal Capgemini Research Institute evidenzia che, già prima della pandemia, il 69% delle persone senza accesso alla Rete viveva in povertà e che il 48% della popolazione offline desiderava avere accesso a internet. Questi trend si sono intensificati a causa degli eventi dell’ultimo periodo a livello mondiale. Ancora di più emerge la necessità di intervenire tempestivamente.
Quasi il 40% della popolazione offline che vive in condizioni di povertà non ha mai utilizzato internet per l’insostenibilità del costo e in questa categoria la fascia più numerosa ha età compresa tra i 18 ed i 36 anni.

In un mondo che spinge verso nuove modalità di lavoro da remoto questo diventa inaccettabile e rischia di compromettere in maniera profonda il processo di cambiamento.

Se da un lato, quindi, complice anche l’accelerazione dei cambiamenti a causa della crisi pandemica, le istituzioni e il mondo dell’imprenditoria hanno pienamente compreso l’importanza e l’utilità di tale trasformazione, dall’altro si è ancora molto distanti dal realizzare questa fondamentale transizione (che dovrebbe partire dal rivedere, in primis, cambiamenti nell’organizzazione, nelle normative e nella cultura aziendale).

Essere stabilmente offline limita la mobilità professionale, mentre il mancato sviluppo di competenze digitali può ridurre la possibilità di fare carriera.

Il digital divide, infatti, non riguarda solo l’accesso, ma anche il miglioramento delle competenze e l’apprendimento per chi è ‘online’. Secondo gli intervistati, il miglioramento delle competenze digitali può tradursi in un incremento dell’istruzione e in maggiori possibilità di trovare un lavoro ben retribuito (40%), offrire ai figli maggiori opportunità (34%), ottenere benefici pubblici che attualmente non hanno (32%).

Ciò considerato si rivela oggi essenziale:

– intensificare la lotta all’esclusione digitale, con maggiore responsabilizzazione delle organizzazioni pubbliche e private, chiamate a collaborare per marginalizzare e poi escludere del tutto l’emarginazione digitale;

– che le organizzazioni private si adoperino con serietà non soltanto nei confronti degli stakeholder, ma anche verso clienti, dipendenti e comunità, inserendo l’inclusione digitale e l’uguaglianza nella strategia di business;

– per la ricaduta in termini occupazionali, intervenire con una specifica normativa in grado di regolamentare il mondo digitale, che, da un lato, è portatore di sviluppo e performance, e, dall’altro, se non adeguatamente regolamentato, potrebbe diventare uno strumento pericoloso, fonte di nuove divisioni di classe.

 

 

 

 

Fonti

www.dati.istat.it ‘Internet: accesso e tipo di utilizzo’
Rapporto Capgemini Research Institute ‘Il grande divario digitale’



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