DONNE E LAVORO

DONNE E LAVORO

Il futuro dell’occupazione femminile

Dall’ultimo rapporto Caritas, le donne che hanno chiesto supporto da maggio a settembre 2020, subito dopo il primo lockdown totale, sono state il 54%, contro il 50% del 2019.
Nell’ultimo mese di dicembre, sui 101.000 occupati in meno ben 99.000 sono donne (il 98%, secondo il report Istat sul lavoro). Il 2020 si chiude con un meno 3,2% rispetto al precedente anno.

L’impatto negativo della crisi pandemica sulla qualità della vita delle donne è notevole.
A differenza di quanto accaduto in occorrenza della crisi economica del 2008, all’esito della quale si usò discorrere di he-cession, di recessione al maschile, il disastro dell’ultimo anno ha portato con sé una she-cession, recessione al femminile.

Da qualsiasi angolazione si scelga di guardare alla realtà, non sfugge la sovraesposizione delle donne.

Sono le donne a subire il maggior rischio di contagio, occupando in prevalenza le posizioni  infermieristiche e di cura nelle case di riposo.

Sono le donne a gestire quasi in via esclusiva la nuova dimensione della vita domestica imposta dalle restrizioni emergenziali.

Sono le donne ad aver subito in maggiore misura la perdita d’occupazione, atteso che l’impiego femminile riguarda in prevalenza i settori maggiormente colpiti dalla crisi (turismo, ristorazione, commercio al dettaglio).
Senza contare le criticità connesse alle nuove forme contrattuale. Mentre la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti hanno salvaguardato, per ora, il lavoro regolare a tempo indeterminato, sono stati tagliati, invece, i posti di lavoro di tutte le altre tipologie: quelli a termine non rinnovati, di collaborazione e le varie forme non standard.
Sempre secondo i dati Istat, il tasso di occupazione delle donne giovani, tra 15 e 34 anni, è sceso di 4,3 punti percentuali e, nella stessa fascia di età, risulta ora occupata meno di una donna su 3. I redditi complessivi sono in media del 25% inferiore rispetto a quello degli uomini. Si accendono i riflettori anche sul fenomeno del gender pay gap.
Le donne italiane che, nell’ultimo periodo, hanno fatto dovuto far ricorso allo smart working hanno visto, inoltre, aumentare il carico di lavoro a causa della sovrapposizione della vita professionale agli impieghi domestici e familiari, con perdita della necessaria separazione di spazio e tempo tra ambiti di vita. Si aggiungono le esigenze d’assistenza di eventuali figli minori nell’attività scolastica a distanza, o di persone con gravi disAbilità o anziane non autosufficienti.

Donne acrobate, sempre sul filo tra carriere accidentate ed impegni di cura.

Il principale ostacolo alla più equa distribuzione delle opportunità di dar piena soddisfazione alle proprie aspirazioni è nel retaggio di antichi pregiudizi e di stereotipi duri e irrefragabili, che relegano la donna in una condizione di ancor maggiore fragilità.

Il 51% degli italiani ritiene giusto che il ruolo primario della donna sia quello di occuparsi della cura della casa e dei figli, che il successo nel lavoro sia più importante per l’uomo che per la donna e che gli uomini siano meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche.
Questo limite di ordine culturale potrà essere superato soltanto con un nuovo approccio gender sensitive, che punti a rivalutare la donna come motore di un cambiamento sistemico, mediante un reale miglioramento delle tecniche di tutela e prevenzione delle discriminazioni.
Occorrerà individuare i fattori di debolezza e rimuoverli, per favorire l’ingresso e la permanenza della compagine femminile nel mondo del lavoro.

Allora, la reazione non sta soltanto nell’adozione di politiche di sgravio fiscale e/o decontribuzioni (che pure potrebbero portare il rischio difavorire un’alta concentrazione delle donne in occupazioni a ridotta retribuzione, perché più vicini a casa e con maggiore flessibilità di orario).
E’ piuttosto il momento di affrontare la questione dell’occupazione al femminile attraverso un reciso cambiamento culturale, spostando l’attenzione dalla differenza tra uomini e donne, al genere umano come moltitudine di persone differenti con peculiarità da valorizzare ed esaltare.

Il Prodotto Interno Umano si faccia patrimonio comune e base di approccio innovativo al mondo del lavoro.

I nuovi strumenti dovrebbero far leva su competenze ed equità, e fare da volano per una reale uguaglianza, con sfruttamento paritario delle opportunità. In tale logica sarà fondamentale agire sul  rafforzamento del welfare pubblico e privato, fulcro di ogni ulteriore manovra a sostegno del lavoro al femminile e parte integrante di un più ampio ‘piano per il lavoro’.

Tra le prime proposte possibili, importante è anzitutto:

potenziare i servizi pubblici di cura a partire dagli asili nido, per alleggerire i carichi di cura che gravano sulle donne, dando loro maggiore possibilità di entrare nel mondo del lavoro, e attivare una maggiore domanda di lavoro in un settore nel quale più alta è la presenza femminile;

incentivare l’imprenditoria femminile, sia attraverso un accesso privilegiato al credito, sia attraverso lo snellimento di tempi di attesa e risposta che sarebbero auspicabili nei termini di 30 giorni;

riorganizzare le attività lavorative, calibrando la retribuzione non su tempi di impegno ma su obiettivi e progetti;

– prevedere misure premiali per quelle imprese che favoriscono l’ascesa ai ruoli di vertice delle donne e che consentono, con azioni virtuose, di contemperare il ruolo di lavoratrice con quello di madre;

–  favorire lo smart working, su richiesta, decorso il periodo di maternità obbligatoria;

estendere i congedi parentali per maternità anche ai padri nel periodo successivo a quello previsto per le madri ed, in generale, promuovere congedo parentale, familiare e permessi che possano impattare positivamente sulla vita delle famiglie, sia per dipendenti che lavoratori autonomi, sia in caso di famiglie adottive;

rimodulare l’orario delle scuole pubbliche, consentendo di conciliare gli orari scolastici con gli orari lavorativi della famiglia, attivando corsi pomeridiani dedicati ad attività extra scolastiche.

 

 

 

 

 

Fonti:
Rapporto Caritas 2020 dal titolo “Gli anticorpi della solidarietà”
Istat Comunicato stampa 1/2/21 “Occupati e disoccupati(dati provvisori)”
Rapporto CNEL “Crisi occupazione, giovani, donne e Sud” 12/1/21



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