DONNE IN SANITA’

DONNE IN SANITA’

Conferme e controtendenze

Il numero delle donne attive nel sistema sanitario è in controtendenza rispetto agli altri ambiti professionali.
In base ai dati forniti dal Ministero della Salute e dalla FIASO, la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, il 66% del personale attivo è donna. Un trend sicuramente in ascesa negli ultimi 15 anni. In particolare, tra i medici più giovani, nella fascia di età 35-39 anni, la quota femminile sale al 64%.

La proporzione si ribalta con riferimento alle posizioni apicali delle Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere, dove la percentuale delle donne scende al 16%, segnale che molto deve essere ancora fatto per riconoscere alle donne le indubbie capacità manageriali.
Un dato che vale di certo per l’area medica, ma che nell’area sanitaria “non medica” (di farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi) passa al 76% in quota donna, pur restando differenze significative tra Regione e Regione e tra diverse specialità.
Ci sono, comunque, aree della medicina ancora a predominanza maschile (come la chirurgia in generale, sia pure alcune eccezioni di settore).

All’interno dell’Istituto Superiore della Sanità, pare essersi finalmente affermata una concreta parità di genere: alla guida dei vari Centri Nazionali e di Riferimento e dei Dipartimenti, siedono sia donne che uomini pressoché in pari misura.

L’analisi di dati a disposizione fa comprendere che, per raggiungere un equilibrio di genere nell’ambito della sanità, servono iniziative di health policy, con azioni volte a ridurre il gender gap soprattutto nei ruoli di apicali e di maggiore responsabilità.

Particolare attenzione merita il fenomeno del Gender Pay Gap, ossia la differenza nella retribuzione tra donna e uomo. Il divario retributivo, che sembra essere del 5,5% in Italia, collocherebbe il Paese in posizione migliore rispetto a Francia, Inghilterra e Spagna (con un gender pay gap interno al 18%).
Tuttavia, il gap sale vertiginosamente al 44%, rispetto al 39% della media europea, se vengono considerati anche ulteriori fattori come la retribuzione oraria inferiore (dato fornito dalla Università Bocconi di Milano), un minor numero di ore di lavoro retribuito, discontinuità reddituale e previdenziale derivante dall’interruzione dell’attività lavorativa a causa di maternità e cura dei figli.

Tra i maggiori ostacoli all’accesso a ruoli apicali si annoverano:
– l’atteggiamento discriminatorio da parte di capi e colleghi uomini, che generano fenomeni conosciuti come glass ceiling e glass cliff (ove le logiche discriminatorie inducono a selezionare le donne per incarichi manageriali a maggior rischio di insuccesso),
– le difficoltà nel bilanciare impegno lavorativo e familiare,
– e, non ultimo, la limitata permeabilità di “network d’influenza”, ancora appannaggio maschile, nonostante esse l’esperienza di elevati standard professionali e le indubbie capacità di leadership mostrata dalle Donne, agevolate da innate softskill quali capacità relazionale, creatività e affidabilità.
Non si può non far menzione di esempi come la professoressa Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986, la dottoressa Maria Tecla Artemisia Montessori, prima donna italiana a laurearsi in medicina nel 1896 ed inventrice di un proprio metodo educativo riconosciuto e applicato in tutto il mondo, e la dottoressa Isabella Maria Frigerio, specialista nella chirurgia del pancreas. Professioniste eccezionali che con la loro vita ed il loro lavoro hanno dimostrato scientificamente ed empiricamente che la differenza di genere non ha alcun senso.

Al fine di ridurre il divario ancora esistente e supportare le Donne nel loro percorso di realizzazione professionale e nella legittima attesa di realizzazione delle proprie aspirazioni, occorre anzitutto

– implementare le politiche di conciliazione lavoro-famiglia con particolare attenzione al sostegno alla maternità, al ricorso al congedo di paternità, all’accesso alle opportunità di formazione e di networking;

potenziare i servizi del welfare come la presenza di asili nido aziendali (anche all’interno dei nosocomi), flessibilità dell’orario di lavoro, smart working;

– sul piano motivazionale, favorire percorsi formativi che sappiano sviluppare doti di leadership femminile, che traggano ispirazione dai numerosi esempi di donne che hanno saputo realizzare le proprie ambizioni.

 



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