Famiglia, primo centro di legalità

Famiglia, primo centro di legalità

La Cultura del rispetto delle regole

La scena mediatica recente è sempre più occupata da fatti di delinquenza minorile.
Eppure, analizzando i dati numerici, si riscontra, da un lato, una sensibile riduzione del fenomeno rispetto al passato e, dall’altro, una situazione italiana migliore rispetto agli altri Paesi europei.

In particolare, considerando le ultime indagini statistiche relative al periodo 2014-2018: i presunti delitti compiuti da minori segnalati all’autorità giudiziaria sono diminuiti dell’8,3%; i reati con incidenza più alta sono stati furto (8.068), violazione della normativa sugli stupefacenti (3.358), lesioni dolose (2.516), danneggiamenti (2.329), rapine (1.845), minacce (1.367) e ricettazione (1.297); i minori segnalati con età inferiore ai 14 anni sono stati il 6,23% ne 2017, in diminuzione rispetto all’8,33% del 2015. Inoltre, in tutta la penisola nel 2017 sono stati segnalati 3,3 minori ogni 1000 residenti ma tra le Regioni la situazione varia considerevolmente: la prima Regione con 5,2 minori segnalati ogni mille è la Liguria, mentre le ultime sono Campania (2,0) ed Abruzzo (1,9).
A livello europeo, l’Italia, con il 3,5% di reati minorili su 870.000 segnalazioni di reati alle autorità, nel 2018 registra una delle percentuali più basse, mentre arrivano al 5,5% la Spagna, al 6,5% la Grecia e addirittura a numeri a due cifre Francia, Austria, Olanda, Svezia e Finlandia.

Se questi riscontri danno sollievo, non è comunque possibile abbassare la guardia su un fenomeno ancora troppo diffuso e perdipiù in una fascia di età, quella minorile, che dovrebbe essere salva da ogni contaminazione negativa, come sarebbe se si riuscisse a creare una rete di protezione mettendo in relazione i pilastri della società italiana: famiglia, scuola, associazioni e Istituzioni.

Il senso di legalità dovrebbe nascere in famiglia, trovare continuità nella formazione scolastica per poi esplicitarsi nella società civile.
Che la legalità sia un principio è indiscusso, che vada insegnato e coltivato è altrettanto certo.

Occorre partire sempre dal definire ciò che si può e ciò che non si può fare, per favorire l’attecchire di quel comune sentire che porta al rispetto delle regole al fine di garantire una convivenza tra individui, persone, delimitando le libertà individuali e la sfera di non invasione nelle libertà altrui.
Fin dall’infanzia si inizia a scoprire che non tutto è lecito, ma esistono dei confini al consentito, dapprima basilari e dettati dal ritmo della natura e in seguito più complessi. Il concetto di legalità assume contorni differenti in relazione al grado maturità del giovane. Di riflesso, cambiano anche i modelli educativi, che risentono, comunque, anche dell’evoluzione sociale e culturale. Nella famiglia moderna, ad esempio, è più semplice puntare su dialogo e ascolto.

In ogni contesto, tuttavia, per un giovane riconoscere e accettare un mondo di regole è sempre un percorso difficile e faticoso.
La società contemporanea non propone mediazioni simboliche credibili e coinvolgenti, per cui i ragazzi si trovano sempre più nell’impossibilità di avere figure di riferimento in grado di divenire modelli in cui potersi identificare. Tutto ciò aumenta la sensazione di smarrimento e solitudine, provocando isolamento e una forte tendenza all’individualismo o alla devianza.

La Scuola in questo potrebbe essere un valido baluardo, a supporto delle famiglie, con la promozione di modelli virtuosi di condotta e con la diffusione di esperienza di vita positive. L’impegno dovrebbe essere quello di tracciare percorsi verso un maggior rispetto della vita, della convivenza tra simili, con esaltazione del valore delle diversità e dei principi fondanti del sistema sociale.

In un’ottica di reale prevenzione dell’illegalità, famiglia e scuola, insieme, dovrebbero aiutare nell’assunzione di responsabilità, ricordare che chi cresce ha diritto all’errore, ma anche alla correzione, instillare nei giovani la coscienza civile e la convinzione che la legalità conviene e che, laddove ci sono partecipazione, cittadinanza, diritti, regole, valori condivisi, non ci può essere criminalità.
Far comprendere che la legalità è un’opportunità in più per dare senso al futuro.

Al centro dell’azione educativa vanno posti la tutela della ‘Persona’, protagonista di ogni comunità, e il valore positivo delle regole, intese non come mezzo frustrante e punitivo o di affermazione di autorità, ma come strumento di realizzazione delle libertà.
La convivenza civile è frutto di una riflessione culturale faticosa e affascinante, che permette di guardare all’altro come a ‘un altro noi’, a una persona con cui dialogare e insieme alla quale condividere un sistema ineludibile di diritti e doveri.

La famiglia è e deve restare un ‘centro di legalità’, ma ‘per educare un bambino ci vuole un villaggio’ e, per questo, si deve attivare un processo di collaborazione tra i soggetti protagonisti sui territori.
Perciò è necessario favorire:
– progettualità che coinvolgano i genitori, con il supporto di figure specializzate, per acquisire consapevolezza delle proprie competenze e delle capacità educative, valorizzando il concetto di genitorialità e di educazione;
– incontri nelle scuole con la partecipazione di professionisti, che possano spiegare il significato e la portata dei principi fondamentali, e delle Istituzioni, che accompagnino i ragazzi verso un percorso di crescita inteso come maturazione di una coscienza civile e una progressiva interiorizzazione di valori, con il fine di stimolare l’assunzione consapevole del ruolo di cittadini e di aumentare la fiducia e la collaborazione tra cittadini ed istituzioni;
– percorsi formativi tesi a valorizzare la comunicazione tra le diverse età e a responsabilizzare ogni individuo nella gestione della legalità e della democrazia;
– iniziative delle associazioni sui territori che coinvolgano i ragazzi, attraverso progetti mirati, rendendoli protagonisti attivi, in modo da aiutare nella maturazione di senso di fiducia in sé stessi e autostima, attraverso l’ascolto attivo e dando spazio alla loro creatività e specificità;
– reti di genitorialità diffusa, per un confronto di esperienze di vita, per mettere in gioco la propria dimensione esistenziale e familiare e assumere un ruolo attivo nella comunità locale. Sperimentare una genitorialità diffusa e sociale significa porre attenzione ai ‘figli e alle figlie degli altri’, in quanto appartenenti alla comunità e quindi ‘figli di ognuno’.

 

 

 

 

 

 

FONTI
www.istat.it “Minorenni denunciati per delitto” Anno 2018
www.antigone.it “Un sistema che promuova un futuro per i ragazzi” – Quinto rapporto sulla giustizia minorile Febbraio 2020
www.prospettivafamiglia.it Educazione alla legalità



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