Gender Pay Gap

Gender Pay Gap

Piccoli passi in avanti

Nella seduta dello scorso 30 marzo, il Parlamento europeo ha approvato, con 427 voti favorevoli, 79 contrari e 76 astensioni, la proposta della Commissione sulla trasparenza delle retribuzioni, un insieme di regole che mirano a contrastare il divario retributivo tra i generi (c.d. gender pay gap).

Il divario retributivo resta il principale indice della disparità tra uomo e donna nel mondo del lavoro in Europa. È del 13%, mentre il gap pensionistico sfiora il 30%.

La proposta di direttiva è tesa a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi.
Il Consiglio dovrà approvare formalmente l’accordo prima che il testo sia pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea.

Le nuove regole approvate prevedono, in sintesi, quanto segue:
– le strutture retributive dovranno basarsi su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel settore privato che in quello pubblico;
– dovranno essere introdotti sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, così come dovranno esserlo gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative;
– i processi di assunzione dovranno essere condotti in modo non discriminatorio, pertanto i datori di lavoro dovranno essere trasparenti sui livelli retributivi applicati in azienda, sin dalla fase del reclutamento;
– se, nella dichiarazione obbligatoria sulle retribuzioni di un’azienda o dell’amministrazione pubblica, vi è un divario retributivo di almeno il 5%, i datori di lavoro dovranno effettuare una valutazione delle retribuzioni in cooperazione con i rappresentanti di loro dipendenti;
– dovranno essere introdotte dai vari Paesi dell’Unione sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive;
– un lavoratore o una lavoratrice che abbia subito un danno a seguito di una violazione delle norme avrà il diritto di chiedere un risarcimento;
– verranno introdotte la discriminazione intersezionale e i diritti delle persone non binarie;
– il segreto salariale sarà vietato;
– non dovranno esserci clausole contrattuali che impediscano ai lavoratori di divulgare informazioni sulla loro retribuzione o di chiedere informazioni in merito ad essa o alla retribuzione di altre categorie di lavoratori. Essi, infatti, nell’ottica di verificare il divario, potranno accedere a dati disaggregati per sesso in azienda, ai criteri utilizzati a definire gli stipendi e le relative progressioni;
– per quanto riguarda le questioni relative alla retribuzione, l’onere della prova è invertito: spetterà al datore di lavoro provare l’insussistenza della discriminazione retributiva.

Le nuove regole – che impongono che le strutture retributive siano basate su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel privato e nel pubblico – sono vincolanti per i 27 Paesi dell’Unione, che avranno a disposizione tre anni per applicarle in maniera compiuta.
Come detto, le nuove misure non si riferiscono solo alla vita in azienda, ma regolano anche il meccanismo di selezione, ovvero i colloqui. Si prevede che i datori di lavoro rendano noto il livello retributivo iniziale prima dell’assunzione, specificando i criteri utili.

L’entrata in vigore di queste disposizioni comporterà l’addio agli annunci discriminatori, ai colloqui senza conoscere prima lo stipendio e alle «clausole di segretezza salariale» imposte per contratto.
Concludendo, la parità retributiva sembra ancora lontana, ma la proposta direttiva è sicuramente un passo in avanti significativo.



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