GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE

GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE

BeatPlasticPollution

Come sconfiggere lʼinquinamento da plastica è il tema scelto per celebrare questʼanno il 5 giugno, la Giornata mondiale dellʼAmbiente.

Sono trascorsi 50 anni dalla prima edizione, eppure alcuni dei problemi più pressanti strettamente legati alla tutela dell’ambiente ancora non si gestiscono.
Tra i molti, quello delle plastiche.

La plastica è una delle sette aree chiave ed è, secondo la Commissione europea, uno degli elementi cruciali per raggiungere un’economia circolare nell’UE entro il 2050.
Dagli anni Settanta la produzione di plastica è cresciuta più rapidamente di quella di qualsiasi altro materiale, e, in assenza di politiche adeguate, si prevede che la produzione globale di plastica raggiungerà i 1.100 milioni di tonnellate entro il 2050.

Stiamo letteralmente soffocando nella plastica abbandonata, ed è giunto un tempo, non più rinviabile, di cambiare il modo in cui la produciamo, la consumiamo e la smaltiamo; di uscire il prima possibile dalla dipendenza dai prodotti in plastica monouso, che ha avuto ed ha gravissime conseguenze ambientali, sociali, economiche e sulla salute. Si pensi solo che ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono dalle nazioni costiere negli oceani.

In tutto il mondo, ogni minuto viene acquistato un milione di bottiglie di plastica, ogni anno vengono utilizzati fino a cinque trilioni di sacchetti di plastica, e la metà di tutta la plastica prodotta è progettata per scopi monouso.

La plastica ha senza dubbio rivoluzionato in positivo molti ambiti della vita umana, ma le comodità che ha offerto hanno portato a una cultura dellʼ’usa e getta’ che rivela il lato oscuro di questo materiale: oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno. E molti di questi prodotti, come le buste di plastica e gli involucri per cibo, hanno una vita di pochi minuti o poche ore, e rimangono nellʼambiente per centinaia di anni.

E lʼItalia come è messa?

Dal Technical Report 2022 emerge che lʼItalia è il secondo Paese consumatore di plastica in Europa: nel 2020 sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di polimeri fossili, corrispondenti a quasi 100 kg a persona. Lo stesso rapporto evidenzia che in Europa il 99% della plastica vergine viene prodotta utilizzando come materie prime petrolio e gas naturale e i combustibili fossili vengono impiegati anche per la generazione del calore necessario durante il processo produttivo. Ciò comporta lʼimmissione in atmosfera di circa 1,7 kg di CO2 per ogni kg di plastica, considerando lʼestrazione e la raffinazione dei combustibili in questione
Il 42% della plastica consumata nel Paese viene utilizzata nel settore degli imballaggi e dellʼusa e getta, il 12% nellʼedilizia e il 7% nel settore automotive. In Italia poco più del 30% dei rifiuti plastici viene destinato al riciclaggio e le bioplastiche rappresentano solo il 6% del mercato (in termini di produzione).
Il grande ricorso agli imballaggi e la mancanza di proposte legislative nella filiera dellʼusa e getta rischiano di orientare lʼindustria italiana verso attività economiche incompatibili con gli obiettivi climatici di lungo periodo. Era stata introdotta la plastic tax, ma ad oggi è ritardata la sua applicazione, perché osteggiata da molte industrie, non solo quelle produttrici, ma anche quelle che, nelle proprie produzioni, consumano plastiche a basso costo.

Occorre farsi portavoce di questa urgenza.
È interesse di tutti riuscire a incrementare tutti quei sistemi, peraltro già esistenti, che sono indispensabile strumento per rafforzare la lotta al consumo di plastica, quale la previsione di un deposito cauzionale ed un maggiore utilizzo delle bioplastiche.
Salvare fiumi e mare è obiettivo raggiungibile migliorando i sistemi di gestione dei rifiuti e di riciclaggio, ponendo sempre una maggiore attenzione a una progettazione che tenga conto della breve vita del packaging ‘usa e getta’, e mirando ad una sempre minore produzione di quella plastica monouso della quale si potrebbe fare a meno.

Resta fermo che il miglior rifiuto resta quello che non si produce.



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