IL PIANO PER IL SUD E L’IMPORTANZA DELLE ZES NELL’ATTUALE CONTESTO SOCIO-ECONOMICO

IL PIANO PER IL SUD E L’IMPORTANZA DELLE ZES NELL’ATTUALE CONTESTO SOCIO-ECONOMICO

Aree di crisi e potenzialità

ZES, fiscalità agevolata, Piano per il Sud e Recovery Fund costituiscono le parole chiave del processo di ripartenza socio-economica del Mezzogiorno e dell’intero Paese.

Se. da un lato, il quadrilatero delle Zone Economiche Speciali già attivate, e dei porti ad esse correlate, può essere reso funzionale dal corretto impiego in interventi infrastrutturali delle risorse destinate all’Italia dal Recovery Fund (Programma Next Generation EU) varato dall’Unione europea, dall’altro il Piano per il Sud 2030 fa emergere la necessità di procedere all’istituzione di nuove, individuando le ZES come una delle chiavi di volta per sostenere la vocazione mediterranea e internazionale del Meridione e, a tal fine, incentivandone il rafforzamento, il sostegno al sistema portuale e la realizzazione di un Piano Export per un Sud frontiera e ponte del Mediterraneo.

La valorizzazione del ruolo delle Zone Economiche Speciali vicine alle aree portuali del Mezzogiorno, assieme alla messa a sistema di collegamenti rapidi tra le ZES del Meridione continentale e insulare, andando a completare le grandi direttrici d’Europa, permetterebbe infatti ai porti meridionali di svolgere un ruolo più rilevante nei traffici intra-mediterranei, resistendo maggiormente alla concorrenza dei porti del Nord Africa mediante l’attrazione di investimenti produttivi.
Al riguardo, significativa sarebbe l’attivazione di nuove Zone Economiche Speciali nelle regioni che hanno già avviato le procedure per l’istituzione, ossia Sardegna, Sicilia ed Abruzzo.

Emblematico è il caso della ZES Sardegna, esempio lampante di come leggi statali e regionali possono restare inapplicate per decenni. Mentre nel resto della Penisola è in crescita il numero dei porti che adottano la Zona Franca Doganale per avviarsi verso un rilancio, accaparrandosi produzioni internazionali e il mercato, in Sardegna tutto fermo: né zona franca, né ZES.
Secondo il progetto ZES, la Sardegna è un unico sistema portuale distribuito sul complessivo perimetro costiero, ove l’intero territorio regionale, incluse le aree più interne, diverrebbero il riferimento produttivo da connettere alla portualità mediante semplificazioni, agevolazioni e servizi.
Tale scelta è stata dettata soprattutto dal carattere di insularità della Regione e dalle ridotte dimensioni della demografia d’impresa e del tessuto produttivo e insediativo della stessa. La proposta di una ZES configurata “a rete” in ambito costiero è legata, inoltre, a una terza singolarità: l’esistenza di una rete parallela, anch’essa non ancora non realizzata, di zone franche doganali intercluse, previste dalla norma nazionale (d.lg. n. 75 del 1998, art. 1). Questa rete di zone franche, in parte zonizzata, dovrebbe ricomprenderebbe i porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax, a cui si potrebbero aggiungere “altri porti e aree industriali a essi funzionalmente collegate o collegabili“.
Nel 2018, attraverso una delibera, la Regione Sardegna ha delineato le aree costitutive della misura, come previsto dal decreto Sud (n. 91 del 2017), nel novero complessivamente di 2770 ettari ripartiti tra i territori di Cagliari, Nord Est Sardegna-Gallura, Oristanese, Sassari, Carbonia-Iglesias e Ogliastra.
Obiettivo del Piano strategico, che pur nella sua peculiarità, è stato concepito conformemente alle disposizioni normative nazionali, è quello di configurare la ZES della Sardegna quale componente essenziale di un nuovo sistema territoriale di convenienze, produttive e commerciali che, attraverso le ulteriori zone franche (doganali, rurali, urbane), ricomprenderà una parte più specificamente orientata alle esportazioni, e che dovrà essere in grado di spingere la portualità isolana verso una articolazione logistica ancora più specializzata territorialmente per tipologie di merci e di trasporto rispetto al passato.
A fronte delle difficoltà tecniche, burocratiche e dei ritardi che impediscono la realizzazione del progetto, emerge dunque la necessità di rilanciare la proposta attraverso interventi e incentivi strutturali più importanti e che non si limitino al credito di imposta. Al porre in essere interventi urgenti per lo sblocco dei vincoli e l’attivazione congiunta della ZES e della Zona Franca, indispensabili per dare il giusto rilancio al Terminal Container riportandolo a livelli competitivi al pari degli altri porti del Mediterraneo, deve correlativamente susseguire la realizzazione di infrastrutture efficienti ed all’avanguardia. La sburocratizzazione delle pratiche mediante uno sportello unico, assieme agli sgravi sul costo del lavoro e sul costo logistico, nonché l’istituzione di un’area di crisi complessa, porrebbero sicuramente le basi per tutta una serie di iniziative volte ad attrarre nuovi investitori ed a stimolare l’imprenditoria sarda.

La Sicilia dispone di ben due aree ZES, allocate rispettivamente nella Sicilia Orientale e nella Sicilia Occidentale.
Cuore produttivo e polo strategico del sistema della Sicilia Orientale è il grande porto di Augusta, mentre gli altri porti hanno funzioni utili a fare sistema.
L’immobilismo in cui versano l’attivazione e l’operatività delle Zone Economiche Speciali in Italia rischia di non determinare alcun beneficio in termini di investimenti per questi comprensori. Manca una reale prospettiva di sviluppo che dia a tali aree un indirizzo preciso, evitando il rischio che diventino dei meri contenitori vuoti.
Considerata la specificità dei territori interessati, l’intervento da porre in atto è la realizzazione di una ZES nella quale, al rilancio della portualità, possano essere coniugati processi di sviluppo sostenibili.
Aver istituito la Zona Economica Speciale sulle aree industriali di Augusta, Priolo e Milazzo impone, infatti, non solo di accelerare i processi di bonifica, ma anche di operare una strategia portuale di ampio respiro, che sappia inserire le stesse nel quadro geopolitico del Mediterraneo, oltre a favorire la realizzazione di quel processo di transizione energetica verso un’energia pulita da fonti rinnovabili. Da qui, la necessità di innescare processi di investimento e di produzione alternativi che sappiano conciliare salute, lavoro ed ambiente.
Atteso che esiste uno strettissimo rapporto tra le prospettive di sviluppo socio-economico previste con l’istituzione della ZES e le prospettive di sviluppo del porto, obiettivo della nuova governance dell’AdSP dello Stretto dovrebbe essere altresì quello di impostare organicamente una pianificazione strategica di potenziamento delle infrastrutture portuali dell’intera area dello Stretto di Messina, correlata ad una strategia turistica che sappia guardare al diportismo.
Parallelamente a ciò, si potrebbe procedere all’istituzione delle Zone Franche Montane per le realtà urbane dell’entroterra, affinché possano beneficiare dello sgravio totale delle imposte previsto per le attività produttive nei paesi montani. Questo favorirebbe non solo potenziamento del comparto commerciale leggero, ma anche lo sviluppo del tessuto economico e commerciale.

La ZES Abruzzo presenta una struttura incentrata sugli spazi portuali, retroportuali e su quelli configurati con la zonizzazione. É allocata in un’area geografica strategica che ben si presta a saldare la Zona Economica Speciale al riordino delle grandi reti di trasporto europee con la previsione di un corridoio tra Tirreno ed Adriatico.
All’atto della registrazione del decreto istitutivo presso la Corte dei Conti, non è tuttavia stata evidenziata la necessaria revisione della perimetrazione nell’ottica delle aree colpite dagli eventi sismici del 2009 e del 2016, allo scopo di creare migliori condizioni per famiglie e imprese e permettere loro di scegliere di rimanere nel territorio.

Nell’alveo dell’attuale contesto storico e socio-economico, la specificità e la vocazione prospettate dal luogo in cui le ZES verranno attivate fanno emergere la possibilità di rendere le Zone Economiche Speciali anche laboratori di “esperimenti fiscali”, di applicazione temporanea e provvisoria di norme fiscali da poter “testare” sul territorio al fine di vederne gli effetti in termini di bilancio pubblico, di ripartenza dei consumi e di risanamento economico.
Trattandosi di aree allocate in regioni economicamente svantaggiate, un esempio potrebbe essere, nelle ZES, la creazione di strutture ricettive e la previsione di agevolazioni edilizie per chi compra casa o la affitta, nonchè la riduzione o, meglio ancora, l’azzeramento per almeno 5 anni del costo del lavoro, soprattutto se arrivano investitori esteri.
Esemplificativo, al riguardo, è quanto accaduto poco tempo fa a Rende, in Calabria, ove una società americana di primaria importanza ha aperto un HUB europeo (l’unico) nel quale ha investito 40 milioni di euro per far lavorare i suoi collaboratori in un ambiente sereno ed ecologico, creando la sua seconda sede più importante nel mondo.



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