IL RUOLO DELLA DONNA NELLA CULTURA
Una battaglia di democrazia ancora necessaria
«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» (art. 9 cost.).
L’Italia detiene il primato mondiale per aver inserito nella sua Carta costituzionale il rispetto e la tutela del paesaggio.
Nella tradizione giuridica italiana, paesaggio e opera artistica sono sempre stati considerati insieme, parimenti meritevoli di tutela e parimenti in grado di smuovere emozioni. L’art. 9 cost. più di tutti gli altri definisce l’identità nazionale, trovando nella Cultura il punto di equilibrio tra la tutela della bellezza grandiosa che abbiamo ereditato e l’aspirazione a rimanerne all’altezza.
In tutto questo, che ruolo rivestono le Donne?
La parola ‘patrimonio’ ha in sé la radice ‘pater’, che letteralmente significa ‘dovere del padre’, tenuto alla ‘cura delle cose’. Si completa con il termine ‘matrimonio’, il ‘dovere della madre’, tenuta invece alla ‘cura delle persone’. Ne risulta un equilibrio perfetto tra i due ruoli nella realizzazione di un panorama immenso di bellezza italiana.
Se si pensa al patrimonio culturale e di arte, nel senso di fare e produrre, sono soprattutto mani maschili quelle che hanno scritto, dipinto, suonato, costruito, ma anche ridisegnato il paesaggio, bonificato, piantato, accudito terre e coltivazioni, conservando un Paese unico sotto ogni punto di vista.
Le artiste e le scienziate erano soprattutto suore dei conventi e figlie della nobiltà. Il ritardo con il quale le donne hanno avuto accesso all’istruzione ha condizionato le loro potenzialità espressive per secoli, e la cultura delle donne è stata soprattutto chiusa dentro al matrimonio, con poche eccezioni.
Fino all’emancipazione femminile dell’era moderna, si ritrovano per lo più forme d’arte ‘domestica’ importanti (ricami e tessuti preziosi), o modalità ‘casalinghe’ di esprimere la cultura scientifica (si pensi ad esempio al loro ruolo nell’erboristeria medioevale).
La cultura delle donne nella storia, quindi, è stata soprattutto centrata sulle persone più che sulle cose. Una cultura femminile che ha forgiato il ‘modo italiano’ di agire quotidiano, dalla crescita dei figli alla cura per gli anziani, alle attenzioni nelle relazioni e alle emozioni. Una cultura che definisce la nostra identità, che si esprime soprattutto attraverso il comportamento.
Occorre prendere atto, però, che, sebbene la strada da fare sia ancora lunga, i dati restituiscono un forte recupero nel ritardo storico.
Secondo i dati del Miur le donne sono la maggioranza dei laureati italiani (57,2%), soprattutto nell’area umanistica (79,4%). Sono il 51,8% dei dottori di ricerca; 4 docenti su 5 in Italia sono donne, e tra le professioni del restauro il rapporto tra donne e uomini è di 9:1.
Ancora troppo poche le donne scrittrici (40%), musiciste (8,7% le cantanti interpreti), scienziate (39,3% laureate nell’area scientifica), soprattutto nei punti apicali delle gerarchie (solo il 23% dei professori ordinari, ad esempio, sono donne).
V’è poi che pure il settore culturale e creativo risente degli stessi stereotipi di genere che affliggono altri ambiti professionali.
Nel 2014 l’Unesco ha affrontato questo problema pubblicando un report di denuncia dell’emarginazione delle donne dalla vita culturale, relegate a certe attività specifiche con scarso accesso alle sfere decisionali.
Negli ultimi anni si siano moltiplicate le azioni a difesa dei diritti delle donne, grazie anche a un numero crescente di associazioni di categoria; eppure l’ultimo report europeo fotografa una situazione non troppo mutata.
Per le professioniste della cultura il gender gap si innesca proprio all’ingresso nel mondo del lavoro, visto che nella fase formativa le donne sono protagoniste, ma la percentuale scende nella fase di ingaggio occupazionale fino a scomparire del tutto nelle posizioni dirigenziali.
Nell’ambito delle arti visive, il National Museum of Women in the Arts (USA) ha rilevato che le opere di artiste donne rappresentano solo il 3/5% delle principali collezioni permanenti in Europa e negli Stati Uniti; solo il 13,7% quelle rappresentate nelle gallerie; così come nel mercato dell’arte contemporanea su 1,5 milione di aste d’arte, realizzate negli ultimi 40 anni, le opere create dalle donne sono state vendute a quasi il 50% in meno rispetto ai dipinti della parte maschile.
Riguardo al patrimonio culturale, che comprende numerosi sotto-settori (archivi, biblioteche, artigianato e tradizioni orali), forte è la presenza nei musei (78% circa contro il 22%), ma nelle posizioni di senior manager gli uomini ricoprono il doppio dei ruoli rispetto alle colleghe.
Un incremento della componente femminile, soprattutto nelle fasce di età più giovani, si ritrova nei settori di architettura e design, con le trentenni che rappresentano il 53% dei professionisti contro il 32% delle cinquantenni.
Il settore musicale registra, invece, il divario maggiore dominato per il 70% da uomini: solo il 20% dei compositori e cantautori è donna e guadagnano in media il 30% in meno; inoltre, solo il 2,3% delle opere classiche sono dirette da donne e solo il 15% delle etichette musicali sono di proprietà o amministrate da donne.
Per la prima volta il tema del gender gap nel settore culturale e creativo è stato posto al centro delle politiche pubbliche dei prossimi anni, inserito tra le priorità da raggiungere, con il programma Europa Creativa 2021-2027.
In questo senso, è necessario:
– raccogliere dati, in tutti i sotto settori culturali, per comprendere le dimensioni e le caratteristiche del problema reale;
– creare un osservatorio per identificare le criticità, promuovere adeguate politiche creando competenze nelle istituzioni culturali;
– rilevare anche le disparità economiche per poter individuare gli opportuni correttivi;
– condizionare i finanziamenti pubblici al rispetto di alcuni parametri, ma soprattutto ad un percorso di trasparenza nella gender-policy (forza lavoro, posizioni di vertice, retribuzioni) nelle organizzazioni.
È una battaglia di democrazia necessaria, perché il ruolo del settore culturale e creativo è fondamentale per influenzare l’immaginario collettivo e correggere messaggi arrivati a noi in parte distorti perché mancanti del punto di vista femminile. Non è solo valorizzazione delle capacità professionale ed artistiche, ma è un modo per liberare nuove energie, in grado di portare pensieri alternativi, complementari, processi di innovazione, nuovi linguaggi e nuove idee.
FONTI
https://ec.europa.eu The gender pay gap situation in EU (Report 2017)
Indagine Naba (Nuova Accademia di Belle Arti) “Donne artiste in Italia” (anno 2018)
www.Koones.com “Gender in the eye of the beholder” (dati ricerca 2020)