IMMIGRAZIONE: DA PROBLEMA A OPPORTUNITA’

IMMIGRAZIONE: DA PROBLEMA A OPPORTUNITA’

La storia di Basir

Il tema dell’immigrazione è uno di quelli più in discussione, oggi svilito alla sterile polemica su ‘porti chiusi o porti aperti’ e artatamente asservito a ragioni di raccolta di consenso democratico. Dimentichi che ogni Persona porta con sé storia e dignità.

Uno studio ragionato sulla questione ‘migranti’ deve partire dall’osservazione delle difficoltà incontrate da chi è riuscito a integrarsi.

Con interesse, il Dipartimento Servizi sociali di Meritocrazia Italia ha ascoltato la testimonianza di Basir.
Nato a Kabul, in Afghanistan, nel 1986, risiede ormai stabilmente in Italia da circa otto anni. Costretto fin da giovanissima età a fuggire con la famiglia in Pakistan a causa della prima invasione talebana, rimase in territorio pakistano per quindici anni prima di rientrare in patria. In Pakistan non mancarono paure e tentativi di aggressione, ma in quegli anni riuscì a diplomarsi. Rientrato in Afghanistan, dopo la caduta del regime talebano, si iscrisse all’Università e si laureò in Economia.
Oggi ci racconta che il suo desiderio è sempre stato quello di studiare, perché vedeva nello studio uno strumento di riscatto da una vita difficile e una ricompensa per i sacrifici dei genitori.
Fu scelto per dare lezioni di Economia all’Università di Kandahar, all’epoca pericolosissima roccaforte talebana. Questo lavoro gli consentiva di aiutare economicamente i genitori e di supportarli nel mantenimento dei fratelli più piccoli.
Dopo circa un anno, partecipò a un programma di scambio studentesco con la Germania, superò l’esame di ammissione e si ritrovò catapultato in quello che a lui piace chiamare il ‘Nuovo Mondo’ dell’Europa.
In Germania sembrava tutto così bello, pulito, moderno, ma la cosa che lo sconvolse di più fu osservare il grado di libertà e autodeterminazione che avevano le persone, le donne soprattutto.
Tornato in patria, all’Università iniziò a raccontare agli studenti che l’Occidente, l’Europa, non era il male assoluto, come avevano sempre fatto credere loro. E che c’erano molte cose positive, non ultimo lo standard di istruzione, decisamente superiore a quello afgano, e che era necessario seguire l’esempio dell’Occidente per migliorare il generale livello culturale.
Da qui, i problemi.
Basir fu minacciato di morte dai talebani presenti all’Università, accusato di corrompere i giovani afghani. Divenne insomma un ‘traditore’, una spia degli Occidentali.
Con estrema difficoltà riuscì a ripartire per la Germania dove, benché in costante terrore, riuscì a completare un master, con specializzazione in marketing, alla fine del quale prese la decisione di trasferirsi in Italia e di cercare lì una nuova chance di vita.
Arrivato in Italia, a Napoli, si recò per prima cosa in questura a denunciare la situazione. Ottenne un documento provvisorio e dopo qualche mese fu chiamato dalla Commissione territoriale di Caserta per il riconoscimento della protezione internazionale. Lì, dopo sei ore di audizione, la Commissione si espresse a suo favore e gli fu riconosciuto uno status di protezione internazionale, esattamente la Protezione Sussidiaria di durata quinquennale, rinnovata poi una seconda volta per un successivo quinquennio.
I primi otto anni in Italia furono estremamente complicati.
Lavorò sia presso le istituzioni pubbliche che private come mediatore linguistico culturale, interprete, traduttore, consulente tecnico linguistico e come Operatore Umanitario con Medici Senza Frontiere. Riuscì a conseguire un dottorato di ricerca con tesi sullo sviluppo economico presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Vanvitelli.
A giudizio di Basir, «le ONG sono uno strumento fondamentale che i cittadini hanno per portare l’attenzione della comunità internazionale sulle questioni relative ai diritti umani in generale ed ai diritti dei migranti particolare. Fondamentale è l’azione di monitoraggio dell’attività di governo». I migranti per sfuggire a guerre e povertà cercano di arrivare in Europa. Il lavoro delle ONG consiste nel collaborare con i medici, gli psicologi e lo staff advocacy in un contesto davvero difficile. L’esperienza ‘sul campo’ può essere emotivamente molto destabilizzante.
L’ostacolo maggiore che incontra un operatore umanitario in terra straniera è la diffidenza. Basir racconta di aver avvertito spesso un vero e proprio sentimento d’astio, soprattutto da parte delle autorità del Paese ospitante, da parte di polizia e istituzioni.
La questione delle politiche migratorie è molto complicata e sicuramente non facilmente riassumibile.
Basir dice di avvertire, in Italia, il difetto di risorse adeguate per dare all’immigrato la possibilità di non sentirsi più tale e quindi di integrarsi.

In altri Paesi europei, che a volte mancano del calore umano che l’Italia riesce a dare nell’ospitalità, migliori sembrano essere le politiche di supporto, anche economico, e di inserimento. Maggiori le opportunità, anche lavorative.
L’Italia ha tanto da dare e tanto potrebbe ricavare in termini di arricchimento culturale da adeguate politiche di integrazione.
Il vero problema, infatti, non è quello dell’immigrazione in sé, fenomeno antico che forgia da sempre la cultura dei Popoli. L’immigrazione è l’espressione di un’insopprimibile esigenza degli uomini a evolversi, a migliorare le proprie prospettive di vita e a ricercare la propria realizzazione umana.

La riflessione deve concentrarsi piuttosto sulle strategie di integrazione. Perché non è civiltà quella che costruisce ghetti e baraccopoli.
Occorrono piani di inclusione, progetti concreti che aprano a prospettive di lavoro e crescita. Non c’è dubbio che accoglienza e integrazione costituirebbero un’innegabile opportunità per l’Italia, sotto il profilo della crescita umana e culturale, della forza lavoro, e dello sviluppo economico.

Per fare fronte alle emergenze connesse al flusso straordinario di migranti nel Paese e consapevole della forte esigenza di un ragionevole bilanciamento tra quel dovere dell’accoglienza che è nella tradizione identitaria nazionale da sempre e il legittimo diritto/dovere all’ordine pubblico e alla sicurezza interna, è necessaria un’opera sinergica e di leale cooperazione internazionale.
Certamente occorre promuovere i Corridoi umanitari come un modello di inclusione sociale basato sulla partecipazione di reti solidali sparse su tutti i territori nazionali.
Nel rispetto dei diritti fondamentali che spettano all’Uomo in quanto tale, e non in quanto cittadino, le braccia dell’accoglienza siano le braccia dell’Europa intera, che si attivi finalmente come Comunità dei Popoli.

Utile sarebbe:
– ottimizzare il sistema di accoglienza e integrazione, tenendo conto della popolazione residente e con una mappatura di tutte le strutture di accoglienza (se tutti i Comuni aderissero allo SPRAR – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, sarebbe possibile una migliore distribuzione dei migranti nel sistema garantendo loro un accompagnamento di qualità per l’integrazione e l’inclusione sociale ed economica, e prevenendo molte situazioni di conflitto con la popolazione locale);
– creare un’Agenzia europea per l’immigrazione e accogliere le domande di protezione e asilo dei profughi nei consolati e ambasciate europee sull’altra riva del Mediterraneo e nei paesi di transito;
– creare un Centro di accoglienza europeo in Sicilia che semplifichi il ricongiungimento familiare e la ricollocazione per quote nei Paesi UE, superando le ristrettezze della Convenzione di Dublino e introducendo il principio della reciprocità per permettere mobilità direzionale tra alcuni Paesi europei;
– chiudere i Centri straordinari di accoglienza istituiti dal c.d. decreto sicurezza n. 1181/2018, che rappresentano di fatto modelli di ghettizzazione, e avviare la redistribuzione nei territori, evitando il sovraffollamento;
– investire in programmi statali proiettati non al mero assistenzialismo, ma all’elaborazione di piani di formazione, monitorati, che consentano di raggiungere una piena integrazione degli immigrati regolari e sviluppare un livello uniforme di diritti e doveri quale base per una vera cittadinanza;
– procedere a una semplificazione amministrativa in ambito di richiesta e rinnovo dei documenti, anche prevedendo procedure automatiche in presenza di determinate condizioni;
– definire regole certe e di effettiva applicazione, anche riguardo al sistema sanzionatorio e al rafforzamento delle misure volte al contrasto dell’immigrazione irregolare e di tutte le inaccettabili derive connesse alla tratta di esseri umani ed al contrabbando;
– attuare politiche di integrazione e sostegno dei cittadini italiani emigrati all’estero per lavoro o altri motivi, favorendo i legami con il Paese di origine anche attraverso gli investimenti nelle scuole o in istituti di lingue e cultura italiana all’estero;
– promuovere attività sociali ricreative, culturali, sportive che favoriscano l’integrazione tra diverse etnie in chiave di condivisione, con un importante interrelazione con i piani evolutivi del settore dell’impiego e scolastico;
– predisporre programmi mirati all’accoglienza e all’integrazione scolastica degli alunni stranieri, con la definizione di funzionali metodologie e strategie di accoglienza (i.e., progetti basati su pedagogia interculturale, laboratori mirati alla costruzione del dialogo e della condivisione delle esperienze, laboratori linguistici, formazione dei docenti sui problemi connessi ai diversi flussi migratori, affiancamento di mediatori linguistici nella prima fase dell’accoglienza, etc.) e il potenziamento della figura del mediatore culturale.

Il successo dell’integrazione è fondamentale per il benessere, la prosperità e la coesione futuri delle società europee.



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