INSEGNARE A ESSERE LIBERI

INSEGNARE A ESSERE LIBERI

La Scuola in carcere

quando certe aule scolastiche non saranno più carceri e le carceri saranno diventate scuole, allora il grado di civiltà avrà raggiunto il punto più alto”

[Mario Tagliano, Il maestro dentro. Trent’anni tra i banchi di un carcere minorile, 2014]

 

L’istruzione rappresenta lo strumento di maggior efficacia per la crescita e l’emancipazione culturale e sociale di ogni individuo; e lo è ancor più in riferimento al recupero e alla reintegrazione sociale dei detenuti.

L’istruzione, diritto fondamentale garantito dall’art. 34 cost., può e deve essere parte integrante della rieducazione. Uno straordinario antidoto contro la recidiva e una opportunità di cambiamento e  reinserimento. Vero e proprio investimento per la collettività.

Proprio per questo, tanti sono stati i provvedimenti e i protocolli sui percorsi di formazione/istruzione all’interno delle strutture di detenzione, proiettati “all’umanizzazione della pena detentiva” come pilastro fondamentali del trattamento dei detenuti. La previsione e l’organizzazione di percorsi di formazione e istruzione, modulari e flessibili, di promozione culturale e sportiva, di contatti con il mondo esterno e familiare, favoriscono l’acquisizione e/o il recupero di abilità e competenze individuali.

A tal proposito, l’Assemblea generale dell’ONU, nel dicembre 2015, ha adottato le “Mandela rules”, a stabilire gli standard minimi delle condizioni di detenzione.
I principi fondamentali sono il “rifiuto della discriminazione sulla base dell’origine etnica, del colore, del sesso, del linguaggio, della religione, della politica o di altre opinioni, della nazionalità o contesto sociale, della proprietà, della nascita o di altri status, e il rispetto del credo religioso e dei precetti morali della comunità a cui la persona detenuta appartiene”.
Le “Mandela rules”, insieme alle Regole penitenziarie europee, aggiornate al luglio 2020, e agli Standard del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt), delineano un quadro valoriale ben definito.
Indicativo il precetto secondo il quale, “le amministrazioni carcerarie e le altre autorità competenti dovrebbero offrire istruzione, formazione professionale e lavoro, così come altre forme di assistenza che siano appropriate e disponibili, comprese quelle di un correttivo, morale, spirituale, sociale e basato su forma fisica e lo sport […]” (regola n. 4, punto 2).

Secondo la nuova cultura della pena, insomma, il carcere può offrire reali opportunità attraverso progettualità che aiutino i 53.509 detenuti (dato del mese di marzo 2021 per l’Italia), grazie  all’acquisizione di competenze di cittadinanza e comunicative, per il reinserimento anche lavorativo.

Come ben esplicitato anche dalle Linee guida del Miur del 2015, nell’allegato “Percorsi di istruzione negli istituti di prevenzione e pena”, l’offerta formativa deve essere “finalizzata a rieducare il detenuto alla convivenza civile attraverso azioni positive che lo aiutino nella ridefinizione del proprio progetto di vita e nell’assunzione di responsabilità verso se stesso e la società, tenuto conto che l’istruzione costituisce il presupposto per la promozione della crescita culturale e civile del detenuto e la base necessaria alla sua formazione professionale, tecnica e culturale” .

Traguardare l’obiettivo, tuttavia, non è semplice. Alla programmazione di attività di formazione si frappone spesso l’ostacolo, tra gli altri, della carenza infrastrutturale. Servono spazi adeguati, materiali didattici e mezzi. Il più delle volte le aule sono celle adattate per tale funzione, anguste e scarsamente illuminate. Il docente deve strutturare il suo insegnamento con la consapevolezza di avere di fronte persone di diversa estrazione culturale e linguistica, molto diverse tra loro anche per età. E così finiscono per avere funzione più complessa di quella di meri formatori, dovendo fungere anche da terapeuti, psicologi e assistenti sociali. Emerge, poi, un rapporto quantitativamente sfavorevole tra numero di educatori e detenuti (1 a 70).

Anche la rieducazione deve passare attraverso degli step ben definiti, con la previsione di programmi e didattiche specifiche. A tal riguardo emerge la necessità di pianificare migliori linee guida per lo svolgimento di lezioni in carcere e per la appropriata formazione degli insegnanti.

E’ necessario provvedere:
– all’istituzione di corsi di formazione specifici per insegnanti/educatori che svolgono il servizio nelle strutture carcerarie;
– all’organizzazione nelle carceri di spazi dedicati esclusivamente all’istruzione, per stimolare la motivazione, le life skill e l’interesse dei detenuti tenendo conto del processo del lifelong learning (apprendimento permanente);
– all’adeguamento della dotazione e dell’uso della tecnologia per consentire anche la formazione a distanza e garantire una più ampia offerta formativa che includa anche percorsi Universitari;
– alla strutturazione permanente di percorsi di studio professionali abilitanti sotto la responsabilità del Ministero della Pubblica Istruzione;
– alla predisposizione di un Tavolo di confronto permanente tra Ministero della Giustizia e Ministero della Pubblica istruzione per attuare in modo collaborativo politiche programmatiche ed efficaci di rieducazione e riabilitazione.



<p style="color:#fff; font-weight:normal; line-height:12px; margin-bottom:10px;">Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso consulta la nostra Privacy Policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.</p> Leggi la nostra cookie policy

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi